Vertice della Celac
Gli Stati latinoamericani e dei Caraibi si alleano contro l'egemonismo americano

 
Il secondo vertice dei 33 paesi della Comu​nità degli stati lati​noa​me​ri​cani e dei Caraibi (Celac), l'organizzazione che comprende tutti i paesi delle Americhe ad eccezione degli Stati Uniti e del Canada, che si è tenuto nella capitale cubana l'Avana il 28 e 29 gennaio si è chiuso con l'approvazione di un documento, la Dichia​ra​zione dell’Avana, che ha sancito in particolare la volontà degli Stati latinoamericani e caraibici di rafforzare la loro alleanza contro l'egemonismo dell'imperialismo americano. E luogo migliore di Cuba, sottoposta ancora all'ingiusto embargo Usa condannato con regolarità dalle sessioni annuali dell'Assemblea generale dell'Onu, non poteva esserci.
Dopo il primo vertice che si era tenuto a Santiago del Cile nel gennaio del 2013, i 33 paesi membri della Celac sottoscrivono negli 83 capitoli della ponderosa Dichiarazione dell'Avana l'impegno alla costruzione di una alleanza politica che tra l'altro lancia la loro organizzazione a svolgere anche un ruolo da protagonista sulla scena mondiale, una alleanza definita tra paesi con pari diritti dove spicca il ruolo politico di paesi come Cuba e il Venezuela ma soprattutto la forza politica e economica degli emergenti Brasile e Messico.
La Dichiarazione dell'Avana definisce la necessità di una nuova poli​tica di integrazione del Centro e del Sud del con​ti​nente ame​ri​cano, da costruire gradualmente, con “flessibilità, rispetto del pluralismo, delle diversità e dei diritti sovrani dei nostri popoli per raggiungere una forma di organizzazione politica e economica”. Nel rispetto dei principi della sovranità nazionale, l’uguaglianza dei diritti e la libera determinazione dei popoli. Proclama “l'impegno per far sì che l’America e i Caraibi si consolidino come una Zona di Pace, nella quale le differenze tra le nazioni si risolvano in forma pacifica, per la via del dialogo, il negoziato o altre forme di soluzione ed in piena consonanza con il diritto internazionale.
L'impe​gno a fare di que​sta regione una “Zona di pace”, libera da armi nucleari e che usi il dia​logo e il diritto inter​na​zio​nale e non i con​flitti armati, per risol​vere i con​ten​ziosi è affermato anche in una dichiarazione ad hoc nella quale i 33 Stati dell’America Latina e dei Caraibi ribadiscono di volere una “soluzione pacifica delle controversie al fine di bandire per sempre l’uso e la minaccia dell’uso della forza nella nostra regione”; si impegnano a “non intervenire, direttamente o indirettamente, negli affari interni di un altro Stato e osservare i principi di sovranità nazionale, la parità di diritti e di autodeterminazione dei popoli; di “rispettare pienamente il diritto inalienabile di ogni Stato di scegliere i propri sistemi politici, economici, sociali e culturali, come condizione essenziale per garantire la convivenza pacifica tra le nazioni”.
Un modello di inte​gra​zione basato su impegni formalmente assunti che lo rendono molto diverso da quello pra​ti​cato da decenni dall’Organizzazione degli stati d’America (Osa), costruito e diretto dall'imperialismo americano che nel proprio “cortile di casa” ha dettato legge in campo politico e economico quando non è intervenuto direttamente con aggressioni militari, ha impo​sto dittature o governi reazionari “amici” per garantirsi l'egemonia nel continente.
La Celac punta a sottrarsi al controllo Usa. Lo ha sottolineato tra gli altri il presidente dell’Ecuador, Rafael Cor​rea, che in un’intervista affermava: “lo dico chiara​mente, è giunta l’ora che la Celac sosti​tui​sca l’Osa”. Lo evidenzia la Dichiarazione dell'Avana quando dichiara il continente zona di pace con l'intenzione di contestare anche la presenza di oltre un centinaio di basi militari Usa e la presenza della IV flotta, ripristinata da Bush e confermata da Obama. Quando appoggia Cuba denunciando il blocco economico, finanziario e commerciale statunitense che Obama continua a mantenere; quando riafferma “il carattere latinoamericano e caraibico di Portorico” che si è associato agli Usa per diventare il 51esimo Stato.
I 33 paesi della Celac rappresentano una comunità di 600 milioni di abi​tanti ma soprattutto costi​tui​scono insieme la terza potenza economica mon​diale, con un prodotto interno lordo (pil) che nel che nel 2012 è cre​sciuto del 3,1%, più della media mon​diale; che pos​siedono tra l’altro un quinto delle riserve mon​diali di petrolio e il 40% delle dispo​ni​bi​lità idri​che rin​no​va​bili mon​diali. Assieme vogliono svincolarsi dalla pressione dell'imperialismo americano e definire, come specificato in un capitolo apposito della Dichiarazione, accordi paritetici con altre potenze economiche a partire da Cina e Russia attraverso rispettivamente il Foro economico Celac-Cina e il Meccanismo di dialogo con la Federazione russa. La Cina ha avviato da tempo il processo di penetrazione economica nel continente sostituendosi come partner agli Usa, l'Unione europea è in ritardo e per recuperarlo ha fatto arrivare al vertice dell'Avana la propria disponibilità a trattare accordi commerciali e di cooperazione.
La Celac è un agglomerato economico con grandi potenzialità ma con altrettanti grandi problemi sulle spalle delle masse popolari dei 33 paesi. Nel 2012 il tasso di povertà, seppur ridotto rispetto gli anni precedenti, è ancora sopra al 28%; quasi un terzo della popo​la​zione dell’America latina e dei Caraibi è povero. Non a caso il pre​si​dente cubano Raúl Castro, che ha tenuto il discorso pro​gram​ma​tico di aper​tura del ver​tice in qualità di rappresentante della presidenza di turno dell'organizzazione, ha sottolineato che i temi specifici cen​trali del ver​tice dell’Avana erano “la lotta con​tro la povertà, la fame e la dise​gua​glianza sociale”, in modo che l’America latina cessi di essere la regione con “la più grande disu​gua​glianza”, dove il 10% più ricco della popo​la​zione lati​noa​me​ri​cana controlla il 32% delle ric​chezze totali men​tre il 40% più povero non rag​giunge il 15%.
 

5 febbraio 2014