A 18 mesi dalla strage di Marikana
I minatori sudafricani bloccano l'estrazione del platino
80-100mila lavoratori partecipano allo sciopero a oltranza chiedendo forti aumenti salariali

 
Tra gli 80 e i 100 mila minatori partecipano allo sciopero a oltranza iniziato lo scorso 23 gennaio nel bacino minerario di Rustenburg, a ridosso di Johannesburg nella Provincia sudafricana del nord-ovest, che ha bloccato l'estrazione del platino nelle principali miniere che appartengono ai tre maggiori produttori di platino al mondo: Anglo American Platinum (Amplats), Impala Platinum (Implats) e Lonmin. Lo sciopero è stato indetto a sostegno della richieste di forti aumenti salariali dal principale sindacato dei minatori, l’Association of Mineworkers and Construction Union (Amcu).
L’Amcu che si è conquistato la fiducia della maggioranza dei lavoratori nel corso delle lotte del 2012, soppiantando il filogovernativo National Union of Mineworkers (Num), spalla del governo dell’African National Congress (Anc), ha dato,il via alla vertenza chiedendo un “salario di sussistenza” di 12,500 rand (circa 820 euro) pari a più del doppio dell’attuale retribuzione mensile di 5 mila rand (circa 320 euro).
Lo sciopero a oltranza dei lavoratori del bacino minerario di Rustenburg è il più importante e partecipato dal 2012 quello che si concluse dopo la strage del 16 agosto nella miniera di Marikana quando sotto il fuoco della polizia del presidente Jacob Zuma caddero 34 minatori, decine i feriti. A 18 mesi di distanza dalla criminale strage, la più grande e vergognosa nel Sudafrica del post-apartheid, i minatori sono tornati a bloccare la produzione. E proprio da una località vicino al posto del massacro di Marikana il presidente dell'Amcu, Joseph Mathunjwa, lanciava lo sciopero a oltranza sottolineando che “da qui vogliamo ricordare che il loro sangue non è stato versato per nulla (:::) Vogliamo anche ricchezza, vogliamo sostenere e crescere i nostri figli”.
A differenza del 2012 il governo sudafricano ha scelto, almeno per ora, di non intervenire nella vertenza con la polizia ma in veste di mediatore tra i dirigenti sindacali e quelli delle società estrattrici. Gli incontri di fine gennaio il tavolo aperto sotto la direzione dei ministri del Lavoro e delle Risorse minerarie, e sotto l'egida della Commissione di conciliazione, mediazione e arbitrato del governo si chiudevano con un nulla di fatto.
Nel teatrino costruito per smontare la protesta dei lavoratori i dirigenti delle miniere arrivavano a proporre solo un piano triennale di aumenti salariali, con incrementi che non arrivavano nemmeno al 10% per il primo anno. Secondo i responsabili delle miniere non erano ammissibili richieste di aumenti salariali molto superiori al tasso di inflazione. Un ragionamento inaccettabile perché il meccanismo è messo in atto solo per gli aumenti salariali dei lavoratori, per il compenso di quella merce particolare che è la forza lavoro, e mai per i profitti dei padroni che non hanno “tetti” imposti.
La richiesta sindacale si basa anche sulla necessità di dare una vita più dignitosa ai lavoratori costretti a vivere stipati con le loro famiglie in baracche spesso fatiscenti nelle quali vanno a finire gran parte dei loro salari. I rappresentanti sindacali accusavano inoltre i colossi del settore minerario di intascare i profitti e di non destinare un rand a favore delle comunità locali e dei lavoratori vessati anche da una classe politica corrotta che non pone nessuna condizione allo sfruttamento delle miniere e dei lavoratori e accentua il divario tra ricchi e poveri.
Il 30 gennaio l'Amcu definiva "inaccettabile" la misera offerta salariale e confermava lo sciopero a oltranza e il blocco dell'estrazione del platino.
Uno sciopero che colpisce duro il Sudafrica di Jacob Zuma che possiede le maggiori riserve di platino al mondo, circa l'80%, e basa sui ricavati dalle esportazioni del prezioso metallo più della metà dei suoi guadagni in valuta estera.
 

5 febbraio 2014