XVII Congresso della Cgil
La Camusso vuol cacciare Landini dalla Cgil. Cosa aspetta allora il leader della Fiom a rompere col documento uno?
Intanto Landini continua a trescare con Renzi
Con un'iniziativa senza precedenti e di gravità inaudita il segretario della Cgil, Susanna Camusso, ha avviato una procedura contro il segretario della Fiom, Maurizio Landini, che potrebbe costargli pesanti sanzioni, e finanche la cacciata dalla stessa Cgil.
A rivelarlo è stato Il Fatto Quotidiano
del 5 febbraio, pubblicando la lettera inviata il 22 gennaio dalla Camusso, in qualità di “iscritta alla Cgil”, al Collegio statutario della Confederazione per chiedere di appurare “se è coerente o consentito che il segretario generale di una Categoria, nel caso Fiom-Cgil, affermi che le decisioni del Comitato direttivo non sono per lui e per la sua categoria un vincolo, e che non essendo vincolato discuterà con la Fiom-Cgil e i delegati quello che c'è da fare”. E di stabilire inoltre, “se si è in violazione della norma, come si possa determinare il rimedio o la sanzionabilità del comportamento stesso”.
La lettera si riferisce alle dichiarazioni fatte da Landini nella riunione del Direttivo Cgil del 17 gennaio che ha approvato a maggioranza l'accordo Confindustria-Cgil, Cisl e Uil del 10 gennaio sul “Testo unico sulla rappresentanza”, accordo contestato dal segretario della Fiom perché introduce delle “novità” mai discusse all'interno degli organi sindacali e non previste dai precedenti accordi del 28 giugno 2011 e del 31 maggio 2013 sulle nuove regole della contrattazione e della rappresentanza sindacale, accordi di cui il Testo unico rappresenta il regolamento applicativo.
In particolare Landini contestava l'applicazione di sanzioni, anche pecuniarie, a carico delle organizzazioni sindacali non firmatarie dei contratti che violano il divieto di lotte e scioperi, e l'istituzione di una commissione “paritetica” imprenditori-Cgil, Cisl e Uil per sorvegliare l'applicazione dei contratti. E chiedeva che l'accordo del 10 gennaio fosse sottoposto a referendum tra i lavoratori, o almeno, vista la totale acquiescenza di Cisl e Uil, tra gli iscritti della Cgil.
Da qui l'improvviso accendersi di uno scontro tra Landini e Camusso che ha aperto una grossa contraddizione nell'alleanza congressuale tra i due leader, firmatari entrambi insieme a Nicolosi della mozione uno alle prossime assise di Rimini. Scontro di cui abbiamo dato un ampio resoconto sul n. 4/2014 de Il Bolscevico
. Nel Direttivo Cgil del 17 gennaio, conclusosi con 95 si e 13 no all'accordo del 10 gennaio, Landini aveva accusato la segreteria di Camusso di aver creato un “problema di democrazia nella Cgil”, chiedendo di sospendere la firma al Testo unico in attesa di convocare una consultazione tra gli iscritti, e aggiungendo che in mancanza di ciò la Fiom non si sentiva vincolata al rispetto dell'accordo stesso.
Affermazioni che la Camusso ha deciso di non lasciar passare sotto silenzio, rivolgendosi al Collegio statutario per lanciare a Landini e a tutta la Fiom un minaccioso altolà. Anche se poi, dopo che la vicenda è diventata di dominio pubblico, e dopo la dura risposta del leader della Fiom, che respingeva l'iniziativa senza precedenti di repressione del dissenso denunciando “una grave regressione democratica” nella Cgil, Susanna Camusso ha cercato di gettare acqua sul fuoco precisando ipocritamente che non si trattava di una “procedura di commissariamento della Fiom-Cgil, né di alcun procedimento disciplinare nei confronti di qualsivoglia suo dirigente”, ma che invece si limitava a chiedere ad un organo al di sopra delle parti “l'interpretazione autentica delle norme statutarie”.
Un chiaro segnale intimidatorio al dissenso sindacale
In realtà, come traspare nella stessa risposta alla sua lettera da parte del Collegio statutario, l'eventualità di sanzioni anche gravi a Landini non è esclusa a priori: Il Collegio infatti riconosce il diritto nella Cgil al dissenso e “la salvaguardia della pari dignità delle opinioni a confronto prima della decisione”, ma dopo la decisione, in nome del principio di “unicità dell'organizzazione”, ribadisce che lo Statuto prevede “che comportamenti difformi o assunti in violazione di detti valori rappresentano, una volta accertati, inadempienza statutaria”. Punibile appunto, a norma del Titolo V art. 26, con sanzioni disciplinari di quattro gradi di gravità, che vanno dal “biasimo scritto” fino “all'espulsione”, passando per “la sospensione dalla carica da 3 a 12 mesi e per la “sospensione delle facoltà di iscritto”.
La procedura per arrivare a tali sanzioni è lunga e complessa, per cui la cacciata di Landini dalla Cgil non è certo l'obiettivo immediato dell'iniziativa della Camusso, tuttavia è chiaro che rappresenta un inequivocabile segnale intimidatorio e di guerra della segreteria indirizzato non tanto e non solo al leader della Fiom, ma a tutta la categoria dei metalmeccanici della Cgil e a chiunque osi mettersi di traverso all'accordo neocorporativo e collaborazionista firmato con la Confindustria e i sindacati filopadronali di Bonanni e Angeletti.
Landini continua a ripetere, come ha fatto a La Repubblica
del 6 febbraio, che questo accordo è “un accordo contro la contrattazione, che introduce per la prima volta le sanzioni a carico dei delegati e delle organizzazioni sindacali; che limita i diritti e introduce forme di arbitrato interconfederale che si sostituisce al ruolo delle categorie”. Ma allora che cosa aspetta a ritirare la sua firma dalla mozione congressuale uno, che compare accanto a quella della Camusso? A quanto pare non ne ha nessuna intenzione, visto che si è limitato ad aggiungere solo un altro emendamento a quel documento che chiama gli iscritti ad “esprimere un giudizio negativo sull'accordo del 10 gennaio”.
Tra l'altro, in una più recente intervista a La Repubblica
dell'8 febbraio, parrebbe di capire che Susanna Camusso abbia deciso di sfidare il leader della Fiom sul suo stesso terreno, annunciando che proporrà al Direttivo “di tornare al voto degli iscritti”. “Sarà un voto sul testo unico ma anche sul nostro modello sindacale. E una volta espresso non ci saranno più alibi, tutti dovranno trarne le conseguenze”, ha aggiunto ostentando sicurezza su un risultato a lei favorevole.
Dissenso opportunista e strumentale di Landini
Da un lato dunque il referendum di Landini si annuncia già come una risposta perdente, perché può essere sfruttato dalla segreteria, grazie ai rapporti di forza favorevoli alla destra, proprio per legittimare a posteriori l'accordo del 10 gennaio, che invece è illegittimo e che andrebbe respinto in blocco dalle categorie dichiarando apertamente il rifiuto di applicarlo. Dall'altra si capisce che non ci crede nemmeno lui, e che il suo dissenso è più opportunista e strumentale che reale, tant'è che non ritira la firma dalla mozione uno, e come denuncia in un'intervista a Il Manifesto
Giorgio Cremaschi, primo firmatario della mozione due alla quale anche i marxisti-leninisti aderiscono, “ci troviamo in una situazione paradossale. Il conflitto tra i dirigenti non si riflette sugli iscritti. I dirigenti della Fiom continuano a raccogliere le firme per il documento Camusso. Questa crisi si riflette sulla bassa partecipazione ai congressi. Non c'è il consenso che la maggioranza vuole far credere”.
Invece di dare battaglia fino in fondo alla linea di destra della Camusso, Landini preferisce evidentemente continuare a trescare col Berlusconi democristiano Renzi, nella speranza che il “rottamatore” del PD finisca per rottamare anche l'attuale segreteria della Cgil, e di sfruttare l'asse privilegiato che ha stabilito con lui per succedere alla Camusso stessa. Non a caso lo ha incontrato di nuovo scendendo a Firenze per partecipare insieme alla Camusso all'assemblea congressuale degli iscritti del Nuovo Pignone, che ha approvato a grande maggioranza il suo emendamento critico sul “Testo unico sulla rappresentanza”. In questo incontro si sarebbe parlato, stando ai resoconti stampa, della legge sulla rappresentanza cara a Landini e che Renzi sarebbe pronto ad inserire nel suo Jobs Act
, e dell'utilizzo dei fondi pensione dei lavoratori “per sostenere l'economia reale”: temi che a ben guardare rientrano in pieno nella stessa logica neocorporativa e collaborazionista dell'accordo del 10 gennaio che Landini dice di respingere.
12 febbraio 2014