Ecco perché occorre uscire da quest'alleanza imperialista, antioperaia e nemica dei popoli
La UE minaccia l'invio di truppe per reprimere la rivolta popolare in Bosnia
Tra il 5 e il 7 febbraio le proteste dei lavoratori di Tuzla, nella Federazione croato musulmana della Bosnia Erzegovina, contro la chiusura di alcune fabbriche a causa in particolare della fallimentare gestione dei padroni che le avevano rilevate con la privatizzazione, o meglio della svendita messa in atto dal complice e corrotto governo di Sarajevo avevano innescato una rivolta popolare che si era diffusa in tutto il paese con assalti e incendi di sedi istituzionali e governative e scontri con la polizia. Una rivolta che superava le divisioni etniche e si sviluppava anche nella parte serba perché le ragioni di fondo stanno nelle dilaganti disoccupazione e povertà delle masse popolari. Uno dei primi successi della rivolta erano le dimissioni, chieste nelle piazze dei manifestanti, dei responsabili delle amministrazioni di Sarajevo, Tuzla, Zenica e Bihać.
L'8 febbraio le proteste erano continuate con cortei e presidi ma senza scontri con la polizia. Tanto era bastato però a mettere in allarme i controllori dei paesi imperialisti europei che comandano nella Bosnia Erzegovina, vigilando sull'operato delle amministrazioni centrale e locali. Il responsabile principale è l'Alto rappresentante della comunità internazionale presso la Bosnia ed Erzegovina, Valetin Inzko, che il 9 febbraio in un’intervista al quotidiano austriaco Kurier
minacciava che “se dovesse verificarsi un’escalation delle violenze si potrebbe prendere in considerazione l’intervento delle forze dell’Ue”. L'intervento delle truppe dell'Unione europea (Ue) per reprimere la rivolta popolare in Bosnia è una grave minaccia per nulla attenuata dalla precisazione che “attualmente la questione non è in discussione”.
Anche l’Alto rappresentante per la politica estera dell’Ue, l'inglese Catherine Ashton, al suo arrivo al Consiglio dei ministri degli Esteri europei del 10 febbraio a Bruxelles tentava di minimizzare la minaccia affermando che Inzko parlava “di una situazione ipotetica” quando non ha escluso l’invio di forze Ue nel paese e invitava i leader bosniaci a “essere consapevoli” delle preoccupazioni della popolazione e risolvere “sia i problemi economici che quelli politici”.
L'Alto Rappresentante per la Bosnia Erzegovina è una figura che si dice super partes prevista dagli accordi di Dayton del 1995 sponsorizzati dall'imperialismo americano che hanno riorganizzato la repubblica balcanica su base etnica al termine della guerra scatenata in particolare dai nazionalisti serbi appoggiati allora da Belgrado e che hanno portato tra gli altri al massacro dei musulmani di Sebrenica sotto gli occhi del contingente Onu e Nato. La figura di Inzko svolge di fatto il ruolo di responsabile del protettorato della comunità internazionale e non ha esitato a definire il carattere etnico delle proteste, “a protestare sono soprattutto i bosgnacchi” (il nome dato ai musulmani bosniaci, ndr) ha dichiarato al quotidiano austriaco e sulla scia del precedente intervento imperialista ha minacciato un nuovo intervento militare.
Non lo ha nemmeno sfiorato il pensiero che nelle motivazioni della rivolta ci sia la condanna popolare delle corrotte istituzioni centrale e locali, una elefantiaca macchina burocratica creata dagli accordi di Dayton che premia la divisione etnica invece di appianarla, che sostiene il sistema politico finanziando decine di partiti coi soldi statali e pagando lauti stipendi ai responsabili dei diversi livelli di governo; a fronte delle dilaganti disoccupazione e povertà.
Tra l'altro è l’Unione europea che ha chiesto ai paesi balcanici che sono entrati nella Ue o hanno presentato domanda di adesione di seguire i dettami del Fondo monetario internazionale che ha imposto le privatizzazioni di servizi e aziende manifatturiere, arricchendo le borghesie nazionali. E quando le privatizzazioni falliscono e innescano la rivolta sociale la Ue risponde con la minaccia di invio delle truppe; ecco perché occorre uscire da quest'alleanza imperialista, antioperaia e nemica dei popoli.
E benissimo hanno fatto le masse popolari della Bosnia Erzegovina a respingere le minacce della Ue e a continuare anche tra il 10 e il 12 febbraio le proteste in molte città e a chiedere la liberazione dei manifestanti arrestati nei giorni precedenti. Ricevendo la solidarietà espressa tra le altre in una manifestazione nella capitale della Serbia, Belgrado, dove l'appello letto in piazza dai dimostranti si chiudeva con
“Abbasso l'Unione europea e i loro regimi di tycoon. Abbasso il capitalismo e la privatizzazione. Viva la lotta dei popoli dei Balcani”.
19 febbraio 2014