Una trappola escogitata dalla destra Camusso per emarginare la Fiom e legittimare il suo accordo con la Confindustria
Proponiamo di disertare il referendum farsa sulla rappresentanza
Lo Spi non parteciperà alla consultazione per evitare che la maggioranza dei pensionati dia i suoi voti alla leader della CGIL
Continua lo scontro sull'accordo sulla rappresentanza tra la Camusso e la Fiom. La segretaria generale della Cgil cerca in ogni modo di far accettare ai lavoratori il famigerato accordo firmato definitivamente il 10 gennaio scorso da Cgil-Cisl-Uil e Confindustria. Uno scontro che incombe anche sul 17° congresso della Cgil in corso di svolgimento.
Il testo di quell'accordo è stato cambiato nella sua versione definitiva suscitando le ire di Landini ma già quando ci fu l'intesa nel giugno 2013, firmata anche dal segretario della Fiom, erano chiari quali erano gli obiettivi che si proponeva. Noi sulle pagine de “Il Bolscevico” lo bollammo subito come un accordo che imbavagliava la lotta sindacale e riduceva il diritto di sciopero prevedendo sanzioni a chi non aveva firmato accordi ed eventualmente li avesse contestati. A Pomigliano la Fiom si trovò proprio in una situazione del genere e se era vigente un accordo di questo tipo Marchionne non sarebbe stato costretto a farla rientrare in fabbrica bensì sarebbe stato autorizzato a sbattere fuori i metalmeccanici della Cgil.
Noi imputiamo a Landini questa sorta di “peccato originario”, e cioè l'aver presentato allora l'intesa sulla rappresentanza come una conquista per i lavoratori, ma lui se ne è accorto solo con il testo finale che non era così, anche se alla fine è stato sicuramente peggiorato. Meglio tardi che mai anche se la sua critica, almeno all'inizio, si è concentrata su una parte sola dell'accordo, quella sulle sanzioni mentre noi marxisti-leninisti, così come la sinistra Cgil e i sindacati non confederali, ne rigettiamo in toto sia le regole che lo spirito generale che è appunto quello di mettere la museruola al conflitto sociale, sancire il predominio di Cgil, Cisl e Uil, allo scopo di favorire i padroni nella riorganizzazione produttiva che prevede migliaia di licenziamenti e peggioramenti normativi e salariali.
Alla fine siamo arrivati allo scoglio del referendum prima voluto da Landini contro il parere negativo della Camusso, poi si sono invertite le parti: adesso lo chiede la Camusso mentre la Fiom è contraria, o quantomeno esige delle regole ben precise per effettuarlo. La critica dei metalmeccanici si è fatta più articolata, seppur tardiva; la Fiom considera in ogni caso inaccettabile il metodo usato dalla segreteria perché è stato firmato l'accordo senza nessuna discussione né tra i lavoratori né tra il gruppo dirigente, così come giudica inaccettabile l'accordo perché: 1) introduce sanzioni alle organizzazioni e ai delegati; 2) introduce l’arbitrato interconfederale; 3) non prevede il voto dei lavoratori sugli accordi aziendali; 4) riduce l’autonomia delle categorie, perché le Rsu possono fare accordi da sole, derogando ai contratti; 5) non c’è pieno rispetto della sentenza della Consulta sul caso Fiat; 6) cancella il pluralismo sindacale, con il principio che la firma del 50% +1 dei sindacati vincola anche il 49,9% in dissenso, prevedendo per giunta delle sanzioni.
Come detto in un primo momento era la Camusso a non volere la consultazione ma a un certo punto ha cambiato tattica: ha pensato bene di concederlo convinta di poter sfruttare i rapporti di forza a lei favorevoli dentro il sindacato. In questo caso il referendum non viene usato per dare la parola ai lavoratori ma per avvallare le scelte della segreteria. Tra l'altro i lavoratori non si possono esprimere sul merito dell'accordo ma potranno dare un voto, un sì o un no, solo sulla decisione presa dal segretario generale. Anche le modalità sono inaccettabili: assemblee con Cisl e Uil e solo voto degli iscritti Cgil, un solo relatore e potere vincolante per tutte le categorie. Lo SPI si è tirato indietro per non “annacquare” la consultazione con il voto dei pensionati. In questo modo la sua segretaria, Carla Cantone, si è attirata le ire della Camusso.
La Fiom invece ha proposto il voto per le sole categorie interessate, ad esempio escluso il Pubblico impiego che ha delle proprie regole. Nel comitato centrale del 3 marzo è stato poi deciso che la Fiom propone il voto di tutti i lavoratori metalmeccanici e se vincerà il no all'accordo la categoria non sarà tenuta a rispettare l'accordo.
Dopo questa lunga serie di indecisioni e marce indietro sembra che la già citata riunione del 3 marzo abbia sancito la definitiva rottura tra Landini e la Camusso. Quest'ultima si è presentata e intervenendo ha detto che i metalmeccanici non rappresentano più il perno della Cgil e “in democrazia decide la maggioranza” e tutte le categorie si devono adeguare. Landini ha risposto che non prende lezioni di democrazia da chi vuole imporre il pensiero unico anche nel sindacato e ha rilanciato una “contro-consultazione” organizzata dalla categoria.
A questo punto noi pensiamo che Landini debba ancora fare il passo decisivo; togliere la sua firma dal documento congressuale della maggioranza e fare fronte comune con la rete 28 Aprile e il documento alternativo. Riguardo al referendum i marxisti-leninisti credono che la posizione più giusta e pertanto la propongono alla sinistra sindacale, sia quella di disertare questa consultazione farsa sulla rappresentanza e farla fallire. Consultazione che finisce per risultare una trappola congegnata per legittimare l'accordo tra i sindacati confederali e Confindustria ma anche per emarginare la Fiom. In Cgil si respira lo stesso clima antidemocratico che pervade l'intero Paese: si vuole chiudere ogni spazio di dissenso e democrazia fino a spaccare l'organizzazione, spingere la Fiom alla scissione, costringere i delegati e i lavoratori più combattivi a emigrare in altri sindacati.
5 marzo 2014