Sotto la pressione dell'occupazione militare dell'imperialismo russo
Passa il referendum sulla secessione della Crimea e la sua incorporazione nella Federazione russa
Usa e Ue: “Voto illegale e illegittimo”. Nuove sanzioni dell'imperialismo europeo. 50 mila in piazza a Mosca contro “l'occupazione della Crimea”
Il nuovo zar Putin prepara l'annessione
Nel referendum del 16 marzo la stragrande maggioranza degli elettori che si sono recati alle urne ha votato a favore della secessione della Crimea dall'Ucraina e la sua incorporazione nella Federazione russa. Un risultato scontato determinato da una partecipazione al voto superiore all'80%, di oltre 1,5 milioni di elettori sugli 1,8 aventi diritto, e dal plebiscito ricevuto dal voto favorevole col 96,8% dei voti validi contro il 2,51% che ha preferito il ritorno alla Costituzione del 1992 e lo status della Crimea come parte dell'Ucraina; lo 0,7% le schede annullate.
C'erano pochi dubbi sul risultato del referendum che però si è tenuto sotto la pressione dell'occupazione militare dell'imperialismo russo; sotto il controllo di una settantina di osservatori provenienti da 23 paesi ma soprattutto sotto il controllo dei 22 mila soldati inviati dal Cremlino nella finora regione autonoma di Crimea a maggioranza russofona.
Il Parlamento della Crimea ha subito formalizzato la richiesta di adesione alla Federazione russa, ha annunciato la nazionalizzazione dei beni di Stato ucraini, lo smantellamento delle forze militari ucraine, il pagamento di stipendi e pensioni in rubli e ha cambiato il nome dall'ucraino Rada al russo Duma.
Di pari passo il 17 marzo a Mosca il nuovo zar Vladimir Putin preparava l'annessione firmando il decreto per il riconoscimento dell'indipendenza della Crimea. Nel testo del decreto reso noto dal Cremlino si affermava che la Russia ''tenuto conto della volontà del popolo della Crimea espresso con un referendum del 16 marzo 2014 decide di riconoscere la Repubblica di Crimea come Stato sovrano e indipendente, dove la città di Sebastopoli ha statuto speciale”. Il vicepresidente della Duma russa annunciava che la camera avrebbe approvato una legge per permettere l'adesione della Crimea “in tempi molto brevi” mentre il viceministro delle finanze russo spiegava che per la penisola potrebbe essere istituito un regime fiscale speciale.
Il referendum è “legale” e “la Russia rispetterà il risultato", ribadiva Putin in una conversazione telefonica con la cancelliera tedesca Angela Merkel, alla quale esprimeva inoltre la sua "preoccupazione per le tensioni create nelle regioni meridionali e sud-orientali ucraine da gruppi radicali, con il consenso delle autorità di Kiev". Che si potrebbe leggere anche come una pesante minaccia per un possibile intervento dell'imperialismo russo nelle regioni a maggioranza russofona dell'Ucraina. Putin mostra i muscoli ma deve tenere conto non solo della reazione dei paesi imperialisti occidentali, che una volta riagguantata l'Ucraina non la molleranno facilmente, ma anche di una opposizione interna che seppur ancora debole è stata capace di portare almeno 50 mila manifestanti in piazza a Mosca il 15 marzo per protestare contro l'intervento della Russia”l'occupazione della Crimea”.
Intanto Putin aveva parato il colpo in sede Onu ponendo il veto e quindi annullando una risoluzione del Consiglio di sicurezza contro il referendum in Crimea sponsorizzata dagli Usa. Il documento era stato votato da 13 paesi sui 15 membri, astenuta la Cina.
Un voto che secondo il presidente americano Barack Obama segnerebbe l'isolamento della Russia nella comunità internazionale. "Gli Stati Uniti e la comunità internazionale non riconosceranno mai il referendum sulla Crimea e sono pronti con gli alleati europei a imporre ulteriori sanzioni alla Russia per le sue azioni", ribadiva Obama aggiungendo che "nessuna risoluzione diplomatica può essere raggiunta mentre le forze militari russe continueranno le loro incursioni nel territorio ucraino".
L'Unione europea (Ue) teneva i toni leggermente più bassi, come si vedrà anche nella decisione delle sanzioni, pur restando in asse con la Casa Bianca nel definire, col presidente Herman Van Rompuy e quello della Commissione José Barroso, la consultazione elettorale “illegale e illegittima” e anticipando a urne ancora aperte che “il suo risultato non verrà riconosciuto".
A queste contestazioni il governo della Crimea, ma prima ancora quello russo, avevano risposto che se l'Onu aveva riconosciuto legale e legittimo il referendum sul distacco del Kosovo dalla Serbia, appoggiato dai paesi imperialisti occidentali e “ingoiato” da Mosca, altrettanto si doveva considerare quello della Crimea. Una discussione in punta di fioretto sui cavilli legislativi e costituzionali che confermano in ogni caso come nelle dispute fra paesi imperialisti la questione della “legalità” è pura ipocrisia, vale solo se funzionale ai rispettivi interessi.
Come preannunciato in seguito all'esito previsto del voto del 16 marzo il vertice dei ministri degli Esteri della Ue riunito a Bruxelles il 17 marzo annunciava l'adozione di sanzioni individuali contro otto politici della Crimea e 10 russi, inclusi membri della Duma e del consiglio federale e tre comandanti militari russi che avrebbero avuto un ruolo per la secessione della Crimea dall'Ucraina e la sua annessione alla Russia. Nei loro riguardi erano previste limitazioni ai visti d'ingresso e il congelamento dei beni. Le sanzioni europee sono a tempo, valgono per sei mesi, e colpiscono politici russi di secondo piano tipo il vicepresidente della Duma. Secondo la Ue le sanzioni erano necessarie ma occorreva “evitare che la Russia cada nelle proprie tentazioni di isolamento internazionale”, quella cui vorrebbe confinarla la Casa Bianca ma le relazioni economiche e politiche di alcuni paesi europei con la Russia sono troppo importanti per essere subito messe in discussione.
La stessa precauzione non apparteneva a Obama che firmava sanzioni per 7 ministri o parlamentari russi e per 4 ucraini filorussi individuate come direttamente “responsabili di azioni che minacciano l'integrità e la sovranità dell'Ucraina”. Beni congelati e visti bloccati per queste 11 persone mentre il Tesoro americano proponeva che anche le banche straniere e altre istituzioni finanziarie internazionali interrompessero i loro rapporti con aziende russe collegate agli 11 sanzionati.
E mentre la Duma russa confermava l'avvio della discussione di una legge che avrebbe consentito l'immediata annessione della Crimea messo in calendario per il 21 marzo, il premier ucraino Arseni Iatseniuk annunciava che nella stessa data avrebbe firmato a latere del vertice Ue la parte politica dell'accordo di associazione e libero scambio tra Ucraina e Unione europea.
19 marzo 2014