Record della disoccupazione: 13%. Persi mille posti al giorno. Gli under 25: 42,3%
3,3 milioni di disoccupati
Renzi blinda il decreto della precarietà
Di pari passo con l'inarrestabile crisi economica capitalstica, galoppa anche la disoccupazione che al ritmo di mille posti di lavoro persi ogni giorno continua a gettare sul lastrico milioni di lavoratori e di giovani in cerca di lavoro.
A certificarlo sono i dati Istat che a febbraio hanno raggiunto il tasso record di disoccupazione del 13% (+1,1 punti percentuali sul 2013) che rappresenta il livello più alto mai raggiunto sia dall'inizio delle serie mensili, nel gennaio 2004, sia delle serie trimestrali del 1977.
Ancora più drammatico risulta l’indice di disoccupazione giovanile (15–24 anni) che balza al 42,3% in forte aumento di ben il 3,6% rispetto al febbraio 2013.
Le persone in cerca di lavoro, nel nostro Paese – sottolinea l'Istat nel rapporto - sono 3 milioni e 307 mila, in aumento dello 0,2% rispetto a gennaio (+8 mila) e di ben il 9% rispetto a un anno fa (+272 mila).
Tra i giovani, invece, sono in cerca di occupazione 678mila ragazzi, con un tasso di disoccupazione pari al 42,3%, sostanzialmente immutato rispetto a gennaio (-0,1%), ma in aumento del 4,2% sul 2013.
I lavoratori sono fermi al 55,2% della popolazione attiva, il tasso minimo dal primo trimestre del 2000. Gli occupati sono 22,2 milioni, 365 mila in meno rispetto al 2013 (-1,6%): come a dire che lavora un italiano su due tra i 15 e i 64 anni e solo il 15,4% tra i giovani. A questo si aggiune un tasso di inattività pari al 36,4%.
Per quanto riguarda le differenze di genere l'Istat rileva che l’occupazione diminuisce su base mensile soprattutto per effetto del calo della componente femminile (-0,2%) non compensato dall’aumento di quella maschile (+0,1%). Su base annua invece il calo dell’occupazione si registra sia tra gli uomini (-1,7%) sia tra le donne (-1,1%). Rispetto al dicembre 2013, la disoccupazione registra un aumento sia per la componente maschile (+2,1%) sia per quella femminile (+1,6%). Anche in termini tendenziali il numero di disoccupati cresce sia per gli uomini (+10,6%) sia per le donne (+6,2%).
L'Italia inoltre risulta essere il Paese più in difficoltà dell'Ue dopo la Spagna, dove gli under 25 senza lavoro sono passati dal 54,2 al 53,6%. Peggio di noi stanno solo Cipro e la Grecia dove su base annua l'incremento della disoccupazione è passato rispettivamente dal 14,7% al 16,7% e dal 26,3% al 27,5%.
Nei 18 Paesi dell’Eurozona, l’indice di disoccupazione dei 15–24 enni è passato dal 23,6% al 23,5% ma il nostro Paese resta comunque nella Ue quello messo peggio dopo la Spagna, dove gli under 25 senza lavoro sono passati dal 54,2% al 53,6%. Nell’insieme dei 28 Paesi della Ue, la disoccupazione giovanile a febbraio si è attestata al 22,9% contro il 23% di gennaio.
Mentre in Italia il numero di disoccupati è cresciuto da 1 milione 340 mila del 1977 a 2 milioni 744 mila del 2012. L'incremento ha interessato sia la componente maschile (+863 mila) sia quella femminile (+541 mila). Il tasso di disoccupazione tra il 1977 e il 1987 è aumentato di 3,9 punti percentuali (dal 6,4% al 10,3%), mentre nei successivi quattro anni è stato registrato un calo fino all'8,6%. Dal 1991 al 1998 il tasso è tornato a crescere raggiungendo l'11,3% per poi calare nei successivi dieci anni toccando il valore minimo del 6,1% nel 2007. Dal 2008 il tasso è salito fino a portarsi al 10,7% del 2012.
Dati pesanti che lo stesso Berlusconi democristiano Matteo Renzi ha definito “sconvolgenti” ma contro cui la sua ricetta neoliberista che promette di riportare il dato sotto il 10% entro la fine della legislatura appare un'autentica presa in giro. Anche perché ciò richiederebbe un calo di almeno 780 mila disoccupati. Attualmente il tasso del 13%, pari a 3,3 milioni di disoccupati, è rapportato a una popolazione attiva di 25,5 milioni di persone. Per scendere al 9,9%, significherebbe realizzare un calo quindi del 24% e comunque i disoccupati ammonterebbero ancora a circa 2 milioni 520 mila. Un'autentica chimera specie se si pensa che a fine marzo il ministro del Lavoro Giuliano Poletti ha annunciato che il 2014 sarà “ancora un anno di sofferenza”, perché “di transizione”.
Lo conferma il fatto che nel pacchetto di misure (Def e Jobs Act) che Renzi si appresta a presentare al Consiglio dei ministri e al Parlamento non c'è nessuna misura e nessun piano straordinario per il lavoro; ma solo ridotti ammortizzatori sociali, l'introduzione della cosiddetta Naspi (il sussidio di disoccupazione destinato anche a precari e lavoratori atipici), la controriforma dei contratti di lavoro con aumento della flessibilità in entrata, riduzione dei costi per le aziende e rilanciando l'istituto dell'apprendistato mentre per i contratti a termine non saranno più necessarie le causali per licenziare e potranno essere prorogati per tre anni.
9 aprile 2014