Il papa: non sono comunista. Ma chi l'aveva mai pensato?
Con la sua elezione a papa, Bergoglio si è distinto per un radicale capovolgimento di stile e di linguaggio rispetto al suo predecessore, che, ricordiamolo, era stato costretto a clamorose e inedite dimissioni nel tentativo di risollevare le sorti della Chiesa compromesse da scandali finanziari e pedofilia, da corruzione e guerre intestine, da Vatileaks e dalla crisi delle vocazioni. All'altero e minaccioso Cerbero dell'ortodossia cattolica made in Germany subentrava un pontefice modello buon curato del mondo made in Argentina, comunicativo e schietto, umile dispensatore di una fede dell'ovvio, che si mostrasse ragionevole e tollerante davanti all'insanabile baratro apertosi tra la Chiesa e la società civile. Un cambiamento di facciata più che di sostanza, dettato e in qualche modo imposto dalla lotta per la sopravvivenza di questa istituzione millenaria.
La Chiesa rinunciava al suo oscurantismo, alla sua morale reazionaria e alla sua concezione del mondo? No, si mostrava semplicemente più umile e misericordiosa verso i “peccati” del mondo senza tuttavia spostare di una virgola la sua dottrina antistorica che ottenebra e corrompe le coscienze e condanna alla rinuncia e al pessimismo gli oppressi in nome della giustizia e del riscatto rimandati all'aldilà. La Chiesa recideva il suo cordone ombelicale col capitalismo? No, si limitava a predicare il mitigamento degli aspetti più insopportabili della schiavitù salariata in nome della coesione sociale tra ricchi e poveri fondata sulla carità compassionevole dei primi verso i secondi e sulla speculare rassegnazione dei secondi per il loro stato che li premierà col regno dei cieli.
Se ancora qualcuno non ha capito che il suo è stato un capovolgimento tattico di stile e di linguaggio e non uno sbandamento strategico, ci ha pensato lo stesso Bergoglio a chiarire definitivamente le cose il 4 aprile scorso davanti ad alcuni studenti belgi che lo intervistavano: “Ho sentito, due mesi fa, che una persona ha detto: ‘Ma, questo Papa è comunista’. E no! L’amore ai poveri è una bandiera del Vangelo, non del comunismo
”. Non sia mai che un pontefice sia macchiato dall'epiteto
di comunista. Noi non avevamo dubbi, ma chi l'ha mai pensato?
E quasi a ribadire quanto abbiamo sin qui ricordato, il degno successore dei due acerrimi anticomunisti Wojtyla e Ratzinger ha aggiunto di considerare “la povertà senza ideologia
”. È proprio così: qui sta la differenza sostanziale tra noi marxisti-leninisti e i vari Bergoglio che si commuovono parlando di poveri. Loro li commiserano in quanto singoli individui vittime di uno stato connaturato alla storia umana, noi li consideriamo nel quadro della suddivisione in classi sociali e li chiamiamo alla rivolta sotto la direzione della classe operaia, quella classe a cui spetta la missione storica di edificare la nuova società socialista. Loro li guardano come a un male inevitabile del mondo terreno e noi il prodotto inevitabile dello sfruttamento dell'uomo sull'uomo. Loro predicano che i poveri saranno i primi ma solo nel regno dei cieli, noi lottiamo per il capovolgimento di cielo e terra.
9 aprile 2014