La "rivoluzione" del Berlusconi democristiano Renzi comincia con una grave ingiustizia
Niente bonus a pensionati "incapienti", partite iva, disoccupati
I tagli ai comuni, regioni e ministeri, ai beni e servizi e la soppressione delle municipalizzate li pagheranno i lavoratori e le masse. Il taglio alla Rai è un regalo a Mediaset
Cancellato un solo F35
Come promesso ecco a voi “i mitici 80 euro di aumento in busta paga... il primo passo di una rivoluzione che inizia oggi”: con questo roboante spot elettorale, degno del suo maestro Berlusconi, il 18 aprile il premier Renzi, affiancato dai ministri Pier Carlo Padoan e Graziano Delrio, ha annunciato via streaming all’Italia il varo da parte del Consiglio dei ministri del famigerato decreto legge sul bonus Irpef promesso fin dal suo insediamento a Palazzo Chigi.
“Sono felice — ha esordito Renzi in conferenza stampa — Ho mantenuto la promessa, alla faccia dei gufi e rosiconi: avevo parlato di 10 miliardi per 10 milioni di persone, ed ecco a voi le misure. Tutte con coperture serie”.
In realta il presunto “regalo di Pasqua” confezionato ad arte dal Berlusconi democristiano Renzi non è altro che uno spot elettorale dal chiaro stampo demagogico in vista delle elezioni europee e amministrative del 25 maggio. Infatti dal bonus restano esclusi circa 5 milioni di persone fra “incapienti” (cioé chi guadagna meno di 8 mila euro all'anno), “false” partite Iva (cioè artigiani che di fatto lavorano come dipendenti in ditte più grosse), disoccupati e pensionati che non avranno nemmeno un euro d'aumento.
“C’erano altre ipotesi, per includere 15 milioni di italiani anziché 10 — si è giustificato Renzi — Ma volevamo rimanere sugli 80 euro, perché quelli avevamo promesso”. E mentre per gli “incapienti” c'è una vaga promessa di rivalutare la loro situazione “nelle prossime settimane”, ai titolari di partita Iva, disoccupati e pensionati, Renzi ha invece tolto perfino la possibilità di sperare in qualche agevolazione fiscale confermando che il bonus andrà solo ai lavoratori inclusi tra “8000 e 26mila euro di reddito annuale, con un piccolo décalage per chi è compreso tra 24 mila e 26 mila”.
Quest’anno, visto che la “rivoluzione” scatta dal giorno 27 maggio, serviranno almeno 6,9 miliardi di euro per coprire il bonus; mentre già dall'anno prossimo le stime più ottimistiche parlano di 14 miliardi.
Una montagna di soldi che Renzi ha promesso di stanziare a partire dalla prossima legge di stabilità sottolineando fra l'altro che “gli 80 euro sono strutturali” ma arriveranno sotto forma di “bonus, quindi per il momento senza una riforma o contributi fiscale”. Un modo a dir poco truffaldino per dire, anzi per non dire, che l'aumento se lo mangerà tutto la nuova tassa in arrivo: la pesantissima Tasi, che comporterà una maggiore spesa media di 3-400 euro annuali, e che le coperture di spesa per il bonus “verranno in gran parte dalla revisione della spesa”, ossia da nuovi e pesanti tagli alla spesa pubblica già previsti dalla Spending review commissionata dal precedente governo Letta a Cottarelli, e ora presa direttamente in mano da Renzi e Delrio e che graveranno ancora una volta sui lavoratori e le masse popolari.
In cantiere ci sono già “entro fine aprile la riforma della pubblica amministrazione della ministra Madia” che colpirà senza pietà ancora una volta i dipendenti pubblici e lo “sforbicia-Italia” che calerà come una mannaia su comuni, regioni e ministeri, taglierà beni e servizi di prima necessità a cominciare dalla sanità, avvierà la soppressione delle municipalizzate e la privatizzazione della Rai a cominciare dalla vendita di Raiway che è un autentico regalo a Mediaset.
Ad esempio i 6,9 miliardi necessari da maggio a dicembre per consentire a Renzi di pagare gli 80 euro di aumento, tolti 1 miliardo proveniente dalle banche e 1,2 miliardi dall’aumento Iva sul pagamento dei debiti della pubblica amministrazione verso i fornitori, i restanti 4,5 miliardi dovranno essere trovati tagliando la spesa pubblica per la sanità, i trasporti, la scuola, i servizi sociali e assistenziali. E questo solo per l’anno in corso, poiché i miliardi da tagliare saliranno a 17 già l’anno prossimo, e schizzeranno addirittura a 32 nel 2016. Cosicché la mancia che il Berlusconi democristiano elargisce con una mano se la riprende con l’altra e con gli interessi.
Secondo i conti del governo, da Bankitalia verranno (dopo la rivalutazione delle quote, in forma di tasse) 1,8 miliardi di euro per il 2014; dalle agevolazioni alle imprese 1 miliardo nel 2014 e 1 nel 2015; dal maggiore gettito Iva 600 milioni nel 2014 e 1 miliardo nel 2015; dall’innovazione della pubblica amministrazione 100 milioni nel 2014 e 1 miliardo nel 2015; dal taglio di beni e servizi 2,1 miliardi nel 2014 e 5 miliardi nel 2015; dallo “sfoltimento” delle municipalizzate (l’obbiettivo è scendere da 8 mila a 1000) arriveranno 100 milioni quest’anno e 1 miliardo l’anno prossimo; dalla lotta all’evasione 300 milioni nel 2014 e 3 miliardi nel 2015; dalla “sobrietà” (ovvero il tetto degli stipendi dei manager pubblici, portato da 311 mila a 240 mila euro annui) 900 milioni quest’anno e 2 miliardi nel 2015.
Altro che “non ci sono tagli alla sanità” e “se trovate la parola sanità nel file che vi consegno vi pago da bere” come ha inopportunamente scherzato Renzi durante la conferenza stampa. Infatti, a parte le battute più o meno provocatorie, una cosa risulta chiara e inoppugnabile e cioè: che nei 2,1 miliardi di euro previsti dai tagli a “beni e servizi” ci rientra un po' tutto e in primo luogo i tagli alla salute. Infatti, come ha spiegato lo stesso Renzi, si tratta di 700 milioni ciascuno per enti locali, regioni e Stato. Potranno decidere autonomamente dove tagliare, ma se non lo avranno fatto entro 60 giorni, il governo provvederà a fare da solo, “con tagli lineari” che colpiranno ancora una volta i più deboli e bisognosi di cure dal momento che la spesa delle regioni è essenzialmente spesa sanitaria ma anche scuola, formazione professionale e Università. I tagli per i 66 Atenei italiani dunque ci sono, si chiamano “accantonamenti tecnici” e ammontano a circa 75 milioni di euro che Renzi taglierà dal Fondo ordinario di finanziamento tra il 2014 (30 milioni) e il 2015 (45 milioni).
Di fronte a tutto ciò, l'annuncio demagogico di inserire un tetto di 238 mila euro annui agli stipendi dei dirigenti pubblici, pari a quello del presidente della Repubblica, e l’aumento dal 12,5% al 26% della tassazione alle banche sulle plusvalenze derivanti dalla rivalutazione delle loro quote detenute in Bankitalia, sono solo delle quisquilie, annunci ad effetto che Renzi ha imparato dal suo gran maestro Berlusconi utili a veicolare nell’opinione pubblica l’idea che “la quattordicesima in busta paga agli italiani”, come lui ha chiamato furbescamente il bonus fiscale, la pagheranno i manager pubblici strapagati e le banche.
Allo stesso modo vanno considerati l'annuncio di ridurre le auto blu, lo spazio in ufficio per i dipendenti pubblici e il tanto reclamizzato “taglio delle province” che prevede la sostituzione dei presidenti e i consiglieri eletti con altro personale politico cooptato magari dalle segreterie dei partiti con sicura e conseguente moltiplicazione dei costi e delle ruberie.
Non solo. Spulciando tra le pieghe del provvedimento spuntano altri tagli veri a cominciare dalla Rai che dovrà contribuire con 150 milioni di euro e che per raggiungere questo obiettivo “l’azienda potrà vendere Raiway o riorganizzare le sedi regionali” ha spiegato Renzi a tutto vantaggio della concorrenza privata (cioè di Berlusconi, spieghiamo noi). Si scopre inoltre che l’aumento della tassazione sulle rendite finanziarie dal 20 al 26% ritornerà nelle tasche degli stessi padroni e servirà a coprire il taglio del 10% dell’Irap per le imprese private.
Mentre dalla tanto sbadierata “revisione della spesa per gli armamenti” e del “programma di acquisto degli F35” verranno risparmiati soltanto 150 milioni di euro: cioè si taglia l'acquisto di un aereo e mezzo dei 90 costosissimi caccia d’attacco della Lockheed Martin del valore di 100 milioni cadauno. In sostanza un ridicolo taglio dell’1,1% dello stanziamento di 14 miliardi previsto per i prossimi anni.
Per quanto riguarda poi i lavoratori del pubblico impiego va detto che gli 80 euro non bastano certo a coprire il blocco contrattuale subito negli ultimi cinque anni e che si dice proseguirà fino al 2017 (e forse fino al 2020). Senza contare che nel disegno di legge sul lavoro di Poletti c’è una norma che prevede la cancellazione delle detrazioni per i coniugi a carico (a favore di un indefinito fondo per l’occupazione femminile) e questa, se verrà approvata, comporterà la vanificazione del 70–80% dei benefici delle riduzioni Irpef.
23 aprile 2014