Si sviluppa la lotta di classe nelle fabbriche che producono per le molte multinazionali imperialiste
Un grande sciopero degli operai calzaturieri scuote la Cina
Rivendicano aumenti salariali, diritti e maggiori tutele
Più della metà dei quasi 60 mila addetti nei sette stabilimenti cinesi di Dongguan della Yue Yuen, la più grande produttrice di scarpe sportive al mondo di proprietà taiwanese, sono scesi in sciopero a partire dal 14 aprile per protestare contro il mancato versamento dei contributi sociali. Lo sciopero era iniziato con la partecipazione di un migliaio di lavoratori che avevano dato vita a un corteo per le strade della città prima di essere fermati dalla polizia. Nei giorni seguenti lo sciopero era proseguito con manifestazioni in piazza cui partecipavano un numero maggiore di lavoratori che rivendicavano aumenti salariali del 30%, l’assicurazione sanitaria, agevolazioni sulle abitazioni, risarcimenti in caso di incidenti sul lavoro.
Gli stabilimenti della fabbrica di calzature che si trovano nel distretto industriale compreso tra Hong Kong e Guangzhou, sono della Yue Yuen Industrial Holdings, una società taiwanese che ha la propria sede ufficiale ad Hong Kong e stabilimenti industriali in diversi Paesi asiatici, oltre che in Messico e Stati Uniti. Con un valore di mercato di 5,4 miliardi di dollari, è il gruppo manifatturiero più grande al mondo nel settore delle calzature sportive e casual. Nei siti di Dongguan si costruiscono scarpe per i principali marchi internazionali quali Nike, Adidas, Reebok, Asics, New Balance, Puma e Timberland. Anche nel settore delle calzature sportive e casual le multinazionali hanno delocalizzato in Cina per avere maggiori profitti, grazie alle porte aperte dal regime revisionista e capitalista di Pechino che garantisce loro la possibilità di un supersfruttamento dei lavoratori senza sufficienti garanzie sindacali. Fino a quando gli scioperi e le proteste sociali, che nella città si verificano a cadenza regolare oramai da circa tre anni, dimostrano che i lavoratori non sono più disposti ad accettare passivamente queste condizioni.
Un primo sciopero era già stato indetto lo scorso 5 aprile quando i vertici dello stabilimento di Dongguan avevano rifiutato di aprire una trattativa con gli operai promettendo comunque di regolarizzare il versamento dei contributi. Ma non succedeva nulla e una decina di giorni dopo, il 14 aprile, partiva la prima protesta. La direzione della Yue Yuen annunciava un nuovo piano di garanzie sociali a favore dei propri operai sostenendo che comunque lo sciopero non aveva influito più di tanto sulla produzione. I lavoratori respingevano l’offerta dell’azienda e intensificavano lo sciopero che bloccava quasi completamente la produzione per alcuni giorni. La loro richiesta principale restava il versamento completo, compresi gli arretrati, dei loro contributi pensionistici.
Molti degli operai che lavorano negli stabilimenti della Yue Yuen di Dongguan provengono dalle provincie limitrofe e a causa delle leggi cinesi non possono trasferire la loro assicurazione sociale se non viene pagata dall’azienda una sovrattassa. L’azienda si rifiuta di pagare questo supplemento e non è la sola nel paese. L’associazione China Labor Watch ha recentemente denunciato che da una pur limitata indagine è risultato che non sono poche le aziende che non pagano i contributi ai propri dipendenti, spesso con la complicità dei governi locali che si limitano a chiedere alle aziende di pagare la copertura assicurativa solamente per pochi operai.
23 aprile 2014