Lo svela il ministro dell'Economia Padoan
L'Italia capitalista di Renzi vuole partecipare a un nuovo raggruppamento egemone dell'Ue
“L'Europa e la zona euro non sono ancora fuori da una crisi che rischia di durare ancora a lungo” e gli strumenti per affrontare questa “sfida” devono servire non solo a superare la contingenza ma anche a definire “un nuovo contratto per l'Europa”, magari rafforzando l'unione bancaria così come vogliono i paesi del Nord in cambio dell'allentamento dei vincoli di bilancio come vorrebbero i paesi del Sud. Il tutto sotto la guida di un nuovo raggruppamento egemone dell'Unione europea (Ue), comprendente anche l'Italia capitalista di Renzi che si propone di guidare questo processo di cambiamento dal prossimo giugno quando assumerà la presidenza di turno della Ue. Questo il piano per far “cambiare verso” all'Europa che è contenuto nel libro-manifesto dal titolo "La diversità come ricchezza - Ovvero: a che serve l'Europa”, uscito recentemente per i caratteri di Einaudi e scritto dal ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan quando era ancora un economista dell'Ocse ma che indica quale sia la "piattaforma programmatica" europea del governo Renzi.
Ancora la Ue non è “un interlocutore politico-economico credibile, per gli altri paesi continuano a esistere la Germania, la Gran Bretagna, la Francia, l'Italia, la Spagna”, afferma Padoan indicando che “la maggior parte degli europeisti odierni vedono il compimento dell'unità politica dell'Europa come la meta fatale cui certamente dovranno condurci oltre due millenni di destino comune”. Ma tale destino non si realizza da solo, va costruito.
“La crisi dell'euro - sostiene Padoan - non ha soltanto messo in luce le carenze tecnico-istituzionali della concezione iniziale della moneta unica ma anche posto in discussione la possibilità stessa di collaborare tra paesi così diversi”, che per il ministro non sono conseguenza del diverso grado di sviluppo del capitalismo nei singoli paesi e delle contraddizioni interimperialiste ma sviluppate a causa “di un triangolo infernale” che sarebbe formato da un “mercato senza guida, governi nazionali incapaci di gestire la crisi e di collaborare secondo una volontà collettiva, cittadini che hanno perso progressivamente la fiducia nelle promesse dell'Europa di più lavoro e più benessere”. Tanto gli serve per sostenere che se i governi europei “decidono di vivere alla giornata, quello che attende l'Europa è uno scenario di semi-stagnazione, deflazione strisciante e di scarsa creazione di posti di lavoro” mentre invece “occorre puntare su uno scenario ambizioso, ma indispensabile, orientato a rafforzare significativamente l'architettura dell'unione monetaria, a rimettere in moto crescita e benessere”.
Come realizzare tale “ambizioso” scenario lo indica in una specie di “agenda di politica economica” che parte dalla necessità di costituire “un'unione bancaria forte, che possa contare su un'adeguata messa in comune (da parte dei paese di Nord, ndr) delle risorse per la soluzione della crisi”, alla piena liberalizzazione dei servizi, all'accordo commerciale transatlantico, quello con gli Usa che miracolosamente dovrebbe “moltiplicare le spinte alla crescita”. Niente di nuovo ma ciò che interessa al ministro è di precisare che in cambio i paesi del Sud darebbero il loro contributo “accettando di stipulare contratti di programma con la Commissione Europea, che contengano riforme strutturali in cambio di una rimodulazione e di un allentamento degli obiettivi di bilancio pubblico”, ovvero con misure più elastiche delle attuali concentrate sul rigido rispetto dei vincoli di bilancio.
“Chi potrebbe promuovere un contratto simile?”, si chiede Padoan che ha ovviamente la risposta: “la storia delle relazioni internazionali insegna che gli accordi tra paesi divengono più facili in presenza di una potenza egemone, più solida e più lungimirante dei suoi alleati(…). La Germania è il Paese più forte dell'Europa ma non ne è la vera potenza egemone. Malgrado la sua supremazia economica sia cresciuta, anche durante la crisi, la Germania non può imporre unilateralmente le sue soluzioni(…). Una funzione egemonica è stata svolta per decenni dall'asse Francia-Germania, ma la debolezza della Francia ha minato alla radice questo vecchio ‘motore dell'integrazione'. Ne consegue che un nuovo contratto potrebbe essere promosso soltanto da un gruppo di paesi tra i quali non può mancare l'Italia”. Eccoci al dunque, nel nuovo raggruppamento egemone dell'Ue non deve mancare l'Italia che “è terza per peso economico e politico tra i paesi della zona euro”. E l'imperialismo italiano può dare il suo contributo per “realizzare il sogno europeo” a partire dal prossimo semestre di presidenza italiana dell'Ue.
30 aprile 2014