Kiev schiera i carriarmati contro i separatisti russofoni
Strage a Odessa
La Germania auspica una Ginevra 2 per trovare una via d'uscita politica
Mancano tre settimane alle elezioni presidenziali ucraine previste per il 25 maggio ma il nuovo assetto istituzionale del paese dettato dal governo filoccidentale del presidente ad interim Oleksandr Turchynov che ha preso il posto di quello filorusso di Viktor Yanukovich più che dalle urne sembra al momento che sarà dettato dalla prova di forza nelle province dell'est sotto il controllo dei separatisti russofoni contro i quali Kiev ha spedito i carriarmati. L'offensiva dell'esercito di Kiev nelle regioni orientali di Donetsk e di Luhansk dove i morti sono più di una trentina e la strage del 2 maggio a Odessa, dove alcune decine di attivisti filorussi sono morti in un incendio dell'edificio nel quale si erano rifugiati dopo scontri con ultranazionalisti ucraini, mette l'Ucraina sulla strada di una guerra civile. Uno scontro che vede contrapposti i gruppi etnici e politici nazionali ma che ha come registi le correnti filo-Ue e filorusse della borghesia nazionale e, neanche troppo dietro le quinte, quelle dei paesi imperialisti occidentali che reggono il bordone a Kiev e l'imperialismo russo che tiene botta nella contesa per il controllo del paese. Sono le due parti di una morsa che stritola e schiaccia in primo luogo i lavoratori e le masse popolari dell'Ucraina, le vittime effettive di un braccio di ferro che accende una crisi sempre più pericolosa nel cuore dell'Europa.
Il presidente ucraino Turchynov in un incontro coi governatori regionali affermava il 30 aprile che il governo di Kiev aveva preso il controllo delle regioni dell'Est e che doveva riprenderselo con la forza, nonostante il precario accordo di Ginevra di neanche due settimane prima prevedesse anzitutto che “tutte le parti in causa devono evitare ogni violenza”. Dopo la firma dell'accordo i russofoni dell'autoproclamata '”Repubblica di Donetsk”, nella regione orientale del Donbass, dichiaravano di non sentirsi vincolati dall'intesa continuando l'occupazione degli edifici istituzionali e procedendo verso il referendum separatista autoconvocato dell'11 maggio; il governo di Kiev non ritirava le forze militari dislocate nel sud est del paese nell'operazione militare già avviata contro i russofoni, la sospendeva solo per alcuni giorni pronto a rimetterla in moto. Cosa che avveniva il 2 maggio quando ripartiva l'operazione "antiterrorismo" contro i separatisti dell'est.
Le colonne dei carriarmati governativi marciavano sulla città di Sloviansk mentre i padrini imperialisti di Kiev discettavano di “una soluzione diplomatica”. Ne parlavano a Washington Obama e la cancelliera Merkel dopo aver sottolineato che Stati Uniti e Germania "sono uniti contro le azioni illegali della Russia in Ucraina e determinati a coordinare le proprie azioni, comprese le sanzioni contro Mosca". E con la cancelliera che ribadiva: "Se le elezioni non avverranno in modo regolare e non ci sarà una stabilizzazione della situazione le nuove sanzioni saranno inevitabili dopo il 25 maggio".
Lasciato Obama, la cancelliera tornava a toni meno bellicosi e il 4 maggio, la Germania avanzava l'ipotesi di tenere una seconda conferenza di Ginevra, dopo l'evidente fallimento della prima, una Ginevra 2 che dovrebbe formalizzare impegni precisi e definire le modalità per trovare una tregua e una soluzione politica al conflitto, attraverso un dialogo diretto tra il governo di Kiev e i separatisti “per facilitare il dialogo nazionale prima delle elezioni presidenziali" del 25 maggio.
Una proposta che tentava quantomeno di attenuare il pericoloso sviluppo preso dalla crisi ucraina dopo la strage di Odessa del 2 maggio, che ha un bilancio provvisorio di 46 i morti accertati e altrettanti che mancano all'appello. Nella città portuale ucraina sul Mar Nero manifestanti filorussi avrebbero attaccato con bastoni e lancio di pietre un presidio di attivisti governativi. Che reagivano fino a circondare i filorussi rifugiatisi nella Casa dei sindacati che incendiavano a colpi di molotov. La maggior parte delle vittime moriva soffocata, altri per essersi gettati dalle finestre per fuggire le fiamme.
All'acuirsi della crisi ucraina rispondeva anche il governo italiano con il ministro PD della Difesa Roberta Pinotti che in una intervista rivelava le fregole interventiste dell'imperialismo italiano. L'Italia è pronta a intervenire, affermava il ministro, se dovesse servire è disponibile anche ad inviare un contingente di pace. In ogni caso, secondo il ministro, “non possiamo stare a guardare. Certo, senza agire da soli, ma attraverso l'Onu, la Nato e l'Unione europea". "Nessuno ha avanzato questa richiesta – metteva le mani avanti la Pinotti - ma se dovesse servire dobbiamo essere disponibili anche a questo. Non dimentichiamoci che nel 2006 l'Italia è stata protagonista, in occasione della guerra tra Israele e Libano, inviando un forte contingente di interposizione”. A fare da cane da guardia ai sionisti israeliani.
7 maggio 2014