Il PMLI chiede alla magistratura di riconoscere l'incostituzionalità della soppressione dei tabelloni elettorali per la propaganda indiretta
Chiede anche la condanna del Comune di Firenze che ha negato l'affissione dei manifesti del Partito

 
Il PMLI, avverso il diniego del Comune di Firenze all’affissione di propri manifesti, per le elezioni europee e comunali sui tabelloni elettorali gratuiti, venerdì 9 maggio, ha presentato ricorso al Tribunale di Firenze, presidente della prima sezione Ferdinando Prodomo, ruolo n. 7645/14, con l’assistenza dell’avv. Elisabetta Bavasso. E’ stato chiesto che il giudice valuti non manifestamente infondata l’illegittimità costituzionale della legge che ha abolito tali tabelloni, riservati a chiunque non partecipi direttamente alle elezioni tramite propri candidati, rimettendo la questione alla Corte costituzionale. L’azione legale del Partito si svolge a Firenze, dove ha la sua sede centrale, ma riveste valenza a livello nazionale.
Si chiede che siano abolite quelle parti della legge denominata “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato”, che col pretesto di ridurre le spese cancellano importanti diritti delle elettrici e degli elettori. Lo stesso alibi con cui si giustifica la soppressione delle province e il “bicameralismo perfetto”, segnatamente il Senato, e la riduzione del numero dei parlamentari secondo il progetto delle P2. Meno spazi e diritti politici per le masse, più potere alla classe dominante borghese e ai suoi governi e partiti.
Il 3 marzo scorso il PMLI ha chiesto al sindaco di Firenze, al momento formalmente ancora Matteo Renzi, l’assegnazione degli spazi per l’affissione di manifesti elettorali per la propaganda indiretta. Ma, per quanto obbligato, da Renzi non è mai pervenuta alcuna risposta. Il 12 aprile la richiesta, per le due tornate elettorali, europee e comunali, è stata nuovamente avanzata al sindaco pro tempore, carica assunta dal vicesindaco Dario Nardella del PD nominato reggente in suo vece dallo stesso Renzi, tramite l’Ufficio disciplina propaganda elettorale del comune.
In questo caso vi è stata risposta con la quale è stato comunicato che “le richieste formulate non possono essere accolte”. La motivazione è che dal 1 gennaio 2014 è entrata in vigore la legge 27.12.2013 n.147 , cosiddetta legge di stabilità, con la quale “ai fini del raggiungimento degli obiettivi di risparmio previsti in materia elettorale, ai sensi dell'art 1, comma 400 lettera h numero 1), è stato abrogato il secondo comma dell’art. 1 della legge 4 aprile 1956, n.212”. Si tratta della legge precedentemente in vigore ora modificata che detta le “Norme per la disciplina della propaganda elettorale”. Tale comma abrogato, argomenta l’ufficio, prevedeva la possibilità ora negata per “chiunque non partecipi alla competizione elettorale di affiggere manifesti, stampati o altro negli appositi spazi a ciò destinati in ogni comune previa domanda al sindaco”.
Il PMLI aveva per altro fatto anche un tentativo di esporre i propri manifesti elettorali tramite il servizio delle pubbliche affissioni, sebbene a differenza dei tabelloni elettorali che sono gratuiti tale servizio sia pesantemente e ingiustamente oneroso, in particolare in questo caso, basta considerare che a Firenze per 100 manifesti occorre pagare, nonostante lo sconto per la propaganda non commerciale, ben 120 euro. Ma anche la risposta dell’Ufficio affissioni è stata negativa “trattandosi chiaramente di propaganda indiretta, i vostri manifesti non possono essere affissi dal 30° giorno precedente la data fissata per le elezioni. Infatti ora che non ci sono più gli spazi appositi previsti per la suddetta tipologia di campagna informativa, dal 30° giorno vige comunque il divieto generale previsto dall’articolo 6 della legge 212/56”. Ovvero il divieto di ogni forma di propaganda elettorale luminosa o figurativa a carattere fisso in luogo pubblico.
Nel ricorso alla magistratura viene fatto rilevare che il PMLI ha percorso tutte le strade possibili per esprimere la posizione politica del Partito in merito alle due campagne elettorali in corso ma senza alcun esito positivo. E’ stato evidenziato come così stando il quadro normativo “un partito o soggetto politico, o qualunque soggetto e persona, intenda esprimere una posizione politica rispetto alle elezioni ma non sostenga o non candidi direttamente un soggetto alla corsa elettorale, non ha la possibilità di esprimere il proprio pensiero in relazione alle elezioni mediante affissione di manifesti o altri mezzi visivi in spazi pubblici”.
Risulta evidente che le norme ora vigenti sono in netto contrasto con il dettato della Costituzione. In primo luogo con l’art. 21 “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con parola, lo scritto o altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”. Con l’art. 3 “Tutti i cittadini … sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di … opinioni politiche” e con l’art. 48 “il voto è … libero”.
Con le norme che in precedenza disciplinavano le affissioni elettorali, appositamente predisposte ai fini della gratuità per i fruitori e all’equa distribuzione degli spazi, si rispondeva all’obbligo di garantire a tutti in regime di par condicio “l’espressione di pensiero in relazione alla campagna elettorale, non solo ai candidati e gruppi politici di sostegno, ma a qualunque soggetto, e a qualsivoglia pensiero (con i soli limiti della liceità in relazione alle norme penali, peraltro senza poter esercitare, comunque, la censura)”.
Il sistema era logicamente e coerentemente concepito con la sospensione della possibilità di affissione a pagamento a mezzo delle pubbliche affissioni per chi volesse esprimere un’opinione sulla competizione elettorale “per evitare che a maggiore disponibilità di mezzi economici potesse corrispondere maggior spazio di espressione del pensiero”. Invece con le modifiche apportate alla legge n. 212/1956 si ottiene “l’aberrante risultato di impedire la libera manifestazione del pensiero in merito alla campagna elettorale”.
Va ricordato che “l’espressione del voto è un diritto” e “non un dovere, meno che mai un obbligo”, mentre obbligate sono “le istituzioni a garantire la corretta, completa e capillare informazione nella campagna elettorale, in regime di par condicio e di uguaglianza”. Attualmente non è così perché è stato creato in capo ad alcuni soggetti (quelli che presentano candidati), con l’esclusione di altri (quelli che non presentano candidati), “un regime privilegiato e un canale esclusivo gratuito per la manifestazione del pensiero in relazione all’esercizio del diritto di voto, con la conseguente violazione delle norme costituzionali che tutelano l’uguaglianza dei cittadini … e in relazione alla libertà di espressione del voto”.
In merito alla posizione elettorale astensionista del PMLI, il ricorso alla magistratura, mette in evidenza che la non obbligatorietà giuridica del voto, rende pienamente legittimo il suo mancato esercizio (astensione), sia la propaganda affinché il maggior numero di persone possibile non ne faccia esercizio (propaganda astensionista), per cui la posizione astensionista è legittima, un diverso modo di esercitare il diritto di voto e quello di espressione del pensiero e dell’opinione politica. Le norme costituzionali “vengono violate se si esclude la voce degli astensionisti e di coloro che vogliono comunicare pubblicamente la propria opinione non candidando soggetti alla competizione o non sostenendo candidati”.
Nella campagna elettorale del 2014 viene di fatto impedito che la scelta elettorale dell’astensione venga dal PMLI “comunicata e illustrata come una possibilità per gli elettori, proprio in quegli spazi predisposti e gestiti in regime di monopolio, dall’istituzione” ovvero il Comune di Firenze. Viene inoltre fatto notare che riguardo le elezioni comunali, l’ente istituzionale che gestisce in regime di monopolio tutti gli spazi di affissione elettorali e pubblici “è lo stesso ente di cui le elezioni devono scegliere i consiglieri ed il sindaco, e spesso i candidati coincidono con i consiglieri in carica, si pone un problema di conflitto di interessi”.
Al Tribunale di Firenze è stata avanzata la richiesta di riconoscere che il PMLI ha diritto ad affiggere i propri manifesti, che invitano all’astensione, negli spazi appositamente destinati all’affissione gratuita durante le campagne elettorali, di condannare il comune di Firenze al risarcimento del danno subito dal Partito in seguito al diniego dell’affissione richiesta e alla refusione delle spese legali. Al giudice è stato chiesto inoltre di valutare non manifestamente infondata la illegittimità costituzionale delle norme che hanno abolito i tabelloni elettorali per la propaganda indiretta per violazione degli artt. 21-3-48 della Costituzione e quindi di emettere “ordinanza per l’invio della questione innanzi alla Corte Costituzionale, previa sospensione del procedimento”.
Il comunicato dell'Ufficio stampa del PMLI è stato totalmente ignorato dai media della destra e della “sinistra” del regime neofascista.

14 maggio 2014