Giannini vuole “riformare” la selezione universitaria inasprendola
Il cosiddetto “modello francese” non intacca ma perpetua e aggrava il numero chiuso e la selezione all'ingresso delle facoltà di medicina
“Intendo rivisitare il sistema di selezione prendendo a modello il sistema francese”: queste le parole con cui il ministro dell'Istruzione Stefania Giannini (Scelta civica) lo scorso 20 maggio ha annunciato tramite Facebook una riforma delle regole per l'accesso alle facoltà di medicina, attualmente a numero chiuso, che dovrebbero prevedere come “piatto forte” l'abolizione dei classici test estivi. La riforma, secondo quanto ribadito dalla stessa Giannini il 26 maggio, dovrà andare in porto entro luglio. Prima però dovrà ricompattarsi la compagine di governo, dato che la ministra della Salute Lorenzin (PD) ha già detto di avere “qualche perplessità”.
La realtà è che la madre del problema, ossia il numero chiuso delle facoltà mediche e più in generale la selezione di classe all'ingresso dell'università, specie delle facoltà più prestigiose, non viene minimamente intaccato. Da brava politicante borghese abituata a vendere fumo alle masse, specie in vista dell'importante appuntamento elettorale del 25 maggio, Giannini è stata scaltra nel vano tentativo di accattivarsi le simpatie dei giovani studenti, scagliandosi contro l'odiato test che ogni anno taglia le gambe a tanti aspiranti medici, da sostituire con il volutamente confuso e fumoso “modello francese”. Tant'è vero che Skuola.net, attraverso un sondaggio, ha rilevato che sette giovani su dieci si sono detti favorevoli al piano di Giannini, ma poi ben il 19% ha ammesso di avere capito che la selezione sarebbe stata eliminata del tutto.
Selezione di classe alla francese
Il modello di selezione presente in Francia non prevede un test d'ingresso per gli indirizzi di medicina, odontoiatria, farmacia e ostetricia. Il primo anno si suddivide in due semestri: il primo a carattere generale, il secondo orientato alla specializzazione prescelta. Fra i due semestri vi è una prima prova; chi la fallisce, può essere reindirizzato verso altre facoltà. Il vero test micidiale si ha alla fine del primo anno: chi non lo supera ha una seconda chance, ma in caso di secondo fallimento, non potrà più iscriversi a facoltà mediche. Chi lo supera deve invece sperare di rientrare nei posti disponibili.
Per gli aspiranti studenti di medicina sarebbe come cadere dalla padella nella brace. Prima di tutto, come si è visto, il test non è assolutamente abolito ma soltanto rimandato. La feroce selezione di classe resta saldamente al suo posto: se in Italia essa avviene fra chi ha potuto permettersi i licei migliori ed eventuali corsi di preparazione e chi no, in Francia essa si sposta su chi ha potuto affrontare il primo anno nelle condizioni migliori, rispetto a chi magari ha dovuto lavorare per mantenersi agli studi, o è essere stato costretto a fare il pendolare perché economicamente impossibilitato a pagarsi un affitto, e così via.
In secondo luogo, l'impossibilità di ritentare una facoltà medica in caso di doppia bocciatura farebbe seriamente rischiare agli studenti di perdere ben due anni preziosi. Per non parlare del fatto che anche i promossi dovrebbero comunque sperare che ci siano abbastanza posti disponibili.
Un altro problema oggettivamente esistente oggi è che, a causa del taglio dei fondi, le università potrebbero prendere l'incapacità di accogliere così tante matricole come giustificazione per un nuovo aumento delle rette, sostituendo lo sbarramento all'ingresso con una stangata economica che potrebbero pagare solo i più ricchi. Ciò ovviamente non vuole essere una giustificazione del numero chiuso, ma richiamare l'attenzione sul fatto che è necessario un ribaltamento radicale dell'attuale sistema universitario aziendalista di stampo neofascista.
Abolire il numero chiuso
Né il modello aziendalista, iniquo, meritocratico, clientelare e corrotto ora vigente, né il modello francese che si prospetta sono accettabili. Il problema fondamentale è che la selezione e il numero chiuso sono pensati per sbarrare l'ingresso delle facoltà mediche ai figli del popolo e renderle sempre più appannaggio delle élite borghesi. L'inasprimento della suddetta selezione si inserisce nel processo di aziendalizzazione e fascistizzazione dell'università pubblica ed è funzionale soltanto alle esigenze del mercato, cioè del sistema capitalista, e non al reale fabbisogno di medici in Italia. Quest'ultimo fra l'altro richiederebbe un aumento dei posti disponibili, dato che le strutture sanitarie pubbliche da molto tempo soffrono di carenza del personale.
Il rischio concreto è che il passaggio al modello francese non solo perpetui ma addirittura aggravi la selezione di classe.
Per rendere l'università un servizio realmente a misura delle larghe masse popolari e da esse goduto, occorre abolire il numero chiuso, battendosi al contempo per il rifinanziamento statale dell'università pubblica e, più in generale, per l'università pubblica, gratuita e governata dalle studentesse e dagli studenti. Solo così si potrà rompere la gabbia del capitalismo che la opprime.
4 giugno 2014