Squinzi: “Non ci deludere”
Confindustria sta con Renzi
La ministra Guidi: “Basta alla criminalizzazione del profitto”
Il "mandato popolare dato al principale partito di governo e al suo leader Matteo Renzi, testimonia la voglia di cambiamento che c'è nel paese. Questa voglia attende fatti che diano sostanza alle riforme e alla crescita". Con queste parole il presidente degli industriali, Giorgio Squinzi, ha dato il suo pieno appoggio al Berlusconi democristiano Renzi dal palco dell'assemblea annuale di Confindustria tenutasi alla fine di maggio. Sembra di essere tornati ai tempi del grande feeling tra Berlusconi e i rappresentanti dei padroni come Abete e D'Amato, dove l'identità di vedute e d'interessi veniva espressa in maniera palese e senza freni.
Qualche osservatore e mass-media ha invece sottolineato l'assenza di Renzi all'assise di Confindustria, così come fu dal congresso Cgil, come un segnale di equidistanza del capo del governo da sindacati e industriali, questo invece è il segno del decisionismo e del piglio ducesco di Renzi. Poi l'ex sindaco di Firenze, pur incassando il pieno appoggio di Squinzi, è molto furbo e da buona lenza democristiana sta attento a non andare tra i padroni a raccogliere ovazioni e applausi che potrebbero appiccicarli addosso il ruolo di servo dei padroni, come in effetti è. Lui vuole interpretare il ruolo di chi fa gli interessi del Paese e di tutti gli italiani, cosa peraltro impossibile nel capitalismo.
Chiunque non abbia una benda sugli occhi può vedere come la Confindustria stia con Renzi e lo abbia scelto come cavallo su cui puntare per rappresentare i propri interessi. Squinzi porta sul carro del vincitore l'organizzazione padronale, applaude Renzi ma non rinuncia a dettare le sue condizioni e la strada che secondo i padroni deve seguire il governo: “agire con determinazione, con il vento della legittimazione popolare alle spalle. Il voto dà forza politica alle riforme che si sono annunciate in questi primi mesi. La legge elettorale e la revisione della Costituzione e del titolo V devono diventare realtà, con un robusto ridimensionamento e ammodernamento della macchina pubblica”.
Per Squinzi, occorre “agire sul progressivo ridimensionamento della spesa corrente, tagliando gli incentivi improduttivi, riducendo il perimetro pubblico e avviando una radicale messa in efficienza della pubblica amministrazione, riportando la pressione fiscale a livelli accettabili”. Insomma, Confindustria detta l'agenda di governo, nonostante lo neghi con tutte le sue forze, parlando solo di “consigli”. Di fronte a una crisi che ha portato la disoccupazione a sfondare quota 13% e dove solo nel manufatturiero in poco più di 10 anni si sono persi oltre un milione e 200 mila posti di lavoro si propone il presidenzialismo a livello politico mentre sul fronte economico si chiede minor intervento del pubblico, sgravi alle imprese e ulteriore flessibilità al mercato del lavoro, e perfino che la magistratura (vedi Ilva) non interferisca, altrimenti si nega la libertà (leggi impunità) dell'impresa. “Libertà d'impresa, di Fabbrica e di Profitto”
e di licenziamento aggiungiamo noi, è lo slogan coniato da Confindustria.
Infine l'ennesimo richiamo ai sindacati ad abbandonare le vecchie liturgie e contrapposizioni. La solita solfa ribadita più volte anche da Renzi e dal riinnegato Napolitano che tradotto in parole povere vuol dire pretendere che ci sia la totale subordinazione dei lavoratori ai padroni, con i sindacati a svolgere solo il ruolo d'imbonitori, ruolo oltretutto già svolto dalla maggior parte di loro. Verso il capo del governo solo elogi, l'unico richiamo a Renzi è quello a fare presto, insomma i padroni sono tutti con lui ma, dice Squinzi, “non ci deludere”.
Dalla parte del governo trova piena sintonia. L'intervento del ministro dello Sviluppo Economico, Fiorenza Guidi, è uno sperticato elogio verso i capitalisti italiani. Del resto essa stessa è un'imprenditrice ed è stata presidente dei Giovani Industriali e vicepresidente di Confindustria ma per lei non vale il conflitto d'interessi. “Dobbiamo dire basta alla dilagante cultura anti-imprenditoriale. Basta alla criminalizzazione del profitto. Solo un imprenditore che fa profitti può investire, crescere e dare occupazione”, questi sono solo alcuni ma eloquenti passi del suo discorso. Per la Guidi la colpa della crisi è di quelli che criticano i “poveri” imprenditori nostrani (per lei invece i veri salvatori della patria), è colpa dei lavoratori che vogliono difendere i loro diritti e dei sindacati anziché della crisi globale del sistema capiltalistico.
Noi marxisti-leninisti non avevamo bisogno di questa prova per inquadrare il governo del Berlusconi democristiano Renzi come nemico dei lavoratori. Purtroppo Cgil, Cisl e Uil hanno invece un atteggiamento più che connivente. Confidiamo che la maggioranza dei lavoratori e delle masse popolari si renda conto che questo governo deve essere spazzato via al più presto.
11 giugno 2014