Primo sciopero generale dei dipendenti comunali nella storia di Roma
I dipendenti pubblici in sciopero protestano sotto il Campidoglio
Contestato Marino
Dal corrispondente della Cellula “Rivoluzione d'Ottobre” di Roma
Venerdì 6 giugno è la data del primo sciopero generale dei dipendenti comunali nella storia di Roma, indetto da Cgil, Cisl e Uil. La partecipazione ha riguardato 80% dei 25 mila lavoratori di diversi settori: vigili urbani, maestre d'asilo e impiegati a tutti i livelli.
Lo sciopero ha perciò provocato alcuni disagi sul traffico, per l'assenza di vigili sulle strade e incroci principali della Capitale, disagi alle famiglie che non hanno potuto lasciare i figli negli asili pubblici rimasti chiusi e disagi per l'impossibilità di svolgere attività di natura burocratica e amministrativa, perché praticamente sono rimasti chiusi tutti gli uffici di circoscrizione dei vari municipi.
Circa 10 mila lavoratori si sono incontrati in Piazza Bocca della Verità per raggiungere il Campidoglio. Un corteo breve ma intenso, caratterizzato dall'apparizione quasi macchiettistica di Marino che in bicicletta accoglieva i suoi dipendenti in corteo che hanno risposto con slogan e insulti contro il sindaco, colpevole di aver tanto sperato di scongiurare lo sciopero con una lettera che cercava di alleggerire i toni e tranquillizzare tutti, attaccando persino l'utilità stessa della manifestazione.
Alla base della protesta c'è la difesa del salario accessorio dei dipendenti comunali. Il salario accessorio è quella parte di salario che concerne le attività straordinarie e di merito che però, con il blocco dei contratti pubblici, è diventato quel quid che ha garantito fino ad oggi un reddito quasi dignitoso ai lavoratori del comune di Roma.
Marino, secondo quanto previsto dal patto di stabilità, ha aperto un tavolo con ultimatum 31 luglio per risolvere la questione del salario accessorio per legarlo a voci strettamente produttive: mansioni supplementari, flessibilità degli orari di lavoro e reperibilità.
Il dramma del salario accessorio è che in una fase di tagli come questa in corso, dettata dal governo Renzi, si è rivelata un boomerang perché non dà nessun diritto ai lavoratori. Infatti c'è una parte di lavoratori, quasi dimenticati dalla stampa, che sono quelli della Multiservizi, 51% AMA, che potrebbero ritrovarsi dall'autunno prossimo con un contratto di 450 euro mensili, superprecario, di 15 ore settimanali per 10 mesi. Con il salario accessorio avrebbero garantito, con straordinari veri, uno stipendio di 800 euro mensili.
E' un errore grave proteggere il solo salario accessorio. I sindacati e soprattutto la CGIL avrebbero dovuto adoperare parole d'ordine per nuovi diritti dei lavoratori e non proteggere questo ricatto che non cambia nulla sul piano delle rivendicazioni sindacali; anzi, potrebbe solo portare a nuove forme di sfruttamento e a futuri tagli.
Il nostro auspicio è che la vertenza si tramuti in una richiesta di un contratto nuovo, più solido e che dia maggiori diritti ai lavoratori, partendo dai contratti precari e meno retribuiti. Pronti a scendere di nuovo in piazza se non si raggiungerà l'accordo.
11 giugno 2014