Allarme del Censis: amianto e muri che cadono
Il 60% delle scuole non sono sicure
Gli studenti corrono seri pericoli. Per il Sud niente nuove scuole, concentrate tutte al Nord, ma solo interventi di “decoro”
Inadeguato e parolaio il piano di Renzi
Il rapporto Censis quest'anno ha presentato un quadro desolante della condizione infrastrutturale delle scuole italiane che peggiora anno dopo anno a causa dei tagli agli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria.
Sono 3.600 gli istituti che necessitano di interventi sulle strutture portanti e dove vivono e studiano giornalmente 580 mila studentesse e studenti. Il dato potrebbe anche essere sottostimato, poiché va anche considerato che sono molti di più, ben il 42%, gli istituti che non hanno il certificato di agibilità statica. Dei 41 mila istituti sono 9 mila quelli con gli intonaci che cadono a pezzi e 7.200 quelli che avrebbero bisogno di interventi per rifare tetti e coperture inefficienti o a rischio crollo. La vetustà degli edifici, oltre il 15% è stato costruito prima del 1945, altrettanti datano tra il '45 e il '60, il 44% risale all’epoca 1961-1980, e solo un quarto è stato costruito dopo il 1980, unita alla mancanza di manutenzione rende particolarmente alto il rischio sismico. Quest'ultimo riguarda in Italia il 60% degli edifici scolastici, sprovvisti di scale di sicurezza e porte antipanico. A ciò va aggiunto che il 48% degli istituti non rispetta la normativa antincendio.
Il rapporto Censis lancia anche un preoccupante allarme amianto che riguarda ben duemila edifici e 342 mila studenti a contatto ogni giorno con materiali pericolosi.
In 24 mila dei 41 mila, gli impianti elettrici, idraulici o termici non funzionano, non sono a norma oppure sono insufficienti alle necessità.
In 24 mila istituti statali su 41 mila, gli impianti elettrici, idraulici o termici non funzionano, non sono a norma oppure sono insufficienti alle necessità.
Di fronte ad una simile condizione disastrosa, e di fronte all'aumento del numero di alunni di ben 64 mila unità in due anni, i recenti governi di “centro-destra” e “cento-sinistra”, approvando la soppressione di 2mila scuole e di 200mila posti tra docenti e amministrativi, tecnici ed ausiliari, e l’innalzamento del tetto di alunni per classe nella scuola d’infanzia da 28 a 29 alunni, alla primaria da 25 a 28 ed alle superiori fino alla presenza di 33 alunni, hanno aumentato i rischi per studenti e lavoratori della scuola.
Assolutamente inadeguate le misure del governo del Berlusconi democristiano destinate alla scuola con il cosiddetto decreto "sblocca Italia". Il progetto “scuole sicure”, che prevede la messa in sicurezza degli edifici, interventi di bonifica dall’amianto e la rimozione delle barriere architettoniche può contare su appena 400 milioni di euro di investimenti distribuiti su 2.921 strutture. Per capire che si tratta di una goccia nel mare e di un'operazione propagandistica di facciata, basti considerare che nella sola Campania le scuole a rischio sismico sono 4.600, a queste vanno aggiunte le migliaia di scuole a rischio sismico in tutto il territorio, quelle con infissi in amianto, quelle senza scale di sicurezza.
Senza contate che ancora una volta i fondi non sono aggiuntivi, ma sono stati recuperati “riprogrammando” le risorse del Fondo coesione 2007-2013, le quali sono state tolte a Sicilia, Calabria, Campania e Puglia. Insieme a questo furto è accettabile poi il fatto che il Sud, la zona d'Italia in cui gli edifici scolastici sono maggiormente a rischio, non avrà nuove costruzioni? Queste ultime, essendo legate al meccanismo antipopolare e antimeridionale del patto di stabilità interesseranno il Nord, dove sono presenti i comuni più “virtuosi”. Ma anche il Nord non avrà un granché. Le poche nuove scuole saranno costruite infatti solo nelle province di Torino, Varese, Como, Bergamo, Treviso e Udine, nel numero di una quindicina a provincia.
Al Sud rimangono unicamente i fondi del progetto “scuole belle” che verranno impiegati in interventi di decoro a l’Aquila: uno schiaffo in faccia ai 6mila studenti della provincia aquilana che ancora, a cinque anni dal terremoto, vanno a “scuola” nei 31 Musp (Moduli ad Uso Scolastico Provvisorio) esistenti, strutture che mostrano ormai tutti i i problemi di degrado legati alla loro provvisorietà. Gli interventi di decoro riguarderanno peraltro soltanto alcune scuole di alcuni grandi comuni del Sud: Teramo in Abruzzo, Isernia in Molise, Bari, Foggia, Taranto, Brindisi e Lecce in Puglia, Napoli, Caserta e Avellino in Campania, Potenza in Basilicata, Cosenza, Catanzaro e Reggio in Calabria, Enna, Agrigento e Caltanissetta in Sicilia, e infine Cagliari in Sardegna. Per gli altri niente.
25 giugno 2014