Una messinscena di Renzi
Via i segreti sulle stragi? Siamo proprio sicuri?
Aprire gli archivi del Quirinale e di tutti gli apparati civili e miliare dello stato
“Abbiamo deciso di desecretare gli atti delle principale vicende che hanno colpito il nostro Paese e trasferirli all'Archivio di Stato. Per essere chiari: tutti i documenti delle stragi di Piazza Fontana, dell'Italicus o della bomba di Bologna. Lo faremo nelle prossime settimane. Vogliamo cambiare verso in senso profondo e radicale”. Con questo annuncio pirotecnico di sicuro effetto mediatico ed elettorale, fatto scoppiare all'interno della lunga e compiacente intervista a La Repubblica
del 20 aprile, Matteo Renzi ha anticipato la firma, il giorno successivo, della direttiva che dispone la declassificazione degli atti coperti da segreto, a cominciare da quelli riguardanti l'omicidio di Ilaria Alpi, in attuazione della decisione presa il 18 aprile dal Comitato nazionale per la sicurezza della Repubblica (Cisr).
La firma è avvenuta alla presenza del sottosegretario con delega ai Servizi segreti, Marco Minniti, e del direttore del Dis, ambasciatore Giampiero Massolo, il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza già diretto fino al maggio 2012 dal discusso Gianni De Gennaro, colui che ordinò e coprì la mattanza alla scuola Diaz durante il G8 di Genova. “Uno dei punti qualificanti della nostra azione di governo – ha dichiarato Renzi dopo la firma dell'atto - è proprio quello della trasparenza e dell'apertura. In questa direzione va la decisione che considero un dovere nei confronti dei cittadini e dei familiari delle vittime di episodi che restano una macchia oscura nella nostra memoria comune”. “E' una decisione epocale, la più importante opera di declassificazione nella storia della nostra Repubblica”, ha aggiunto il più volte sottosegretario ai Servizi segreti (governi D'Alema 1 e 2, Letta e Renzi), Marco Minniti.
Un falso messaggio di “svolta” sulle stragi
Il messaggio inculcato perciò nella testa dell'opinione pubblica è che per la prima volta un governo della Repubblica – il governo Renzi – toglie il segreto di Stato sulle stragi che hanno insanguinato il Paese per quasi un trentennio, dalla strage di piazza Fontana del 12 dicembre 1969 all'assassinio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin avvenuto a Mogadiscio nel 1994, passando per le stragi di Gioia Tauro (1970), Peteano (1972), Brescia (1974), Italicus (1974), Ustica (1980), Bologna (1980), rapido 904 (1984). Il governo Renzi, insomma, è il primo che solleverà il velo e permetterà di stabilire la verità sui tanti misteri che ancora avvolgono la storia del nostro Paese degli scorsi decenni.
Ma siamo sicuri che sia proprio così? Intanto c'è subito da dire che la direttiva di Renzi non abolisce affatto il segreto di Stato, come invece l'intervista a La Repubblica
suggeriva furbescamente (“Via subito il segreto sulle stragi”), anche perché per legge il segreto di Stato non può essere opposto per i reati di strage, di terrorismo e di mafia. Tant'è vero che, per esempio, la direttiva non riguarda minimamente il segreto di Stato sul rapimento in Italia di Abu Omar per mano della Cia e del Sismi (l'ex servizio segreto militare); segreto opposto alla magistratura da ben quattro governi (Berlusconi, Prodi, Monti e Letta), e che resta tutt'ora in vigore dal momento che neanche il governo Renzi si sogna di chiederne la revoca.
La direttiva riguarda soltanto i documenti classificati come “riservati”, “riservatissimi”, “segreti” o “segretissimi”, inaccessibili al pubblico per almeno 15 anni e fino a un massimo di 30, ma ufficialmente protocollati e già accessibili - previa autorizzazione delle fonti che li hanno in custodia - alla magistratura e alle commissioni parlamentari inquirenti, nonché agli altri soggetti “autorizzati” come storici e studiosi. Già una legge del 2007 fissava più precisamente i criteri di “trasparenza” a cui questi archivi avrebbero dovuto adeguarsi, ma i decreti attuativi non sono mai stati emanati, e manca anche un inventario preciso di tutti questi documenti che il governo Monti aveva annunciato ma mai attuato in realtà. Perciò la direttiva di Renzi, al massimo, non farà altro che attuare quanto già stabilito dal parlamento sette anni fa.
Dove sono i veri documenti segreti?
Il vero problema non sono i documenti di cui si conosce l'esistenza, già abbondantemente scandagliati dai magistrati e dagli studiosi, e il cui deposito nell'Archivio di Stato non aggiungerà assolutamente nulla a quanto non si sapesse già, ma quelli non protocollati in mano al ministero degli Interni, ai servizi segreti, carabinieri, guardia di finanza e corpi speciali dell'esercito. Quelli custoditi nell'archivio del Quirinale, che non ha mai risposto alle richieste di visionarli da parte della magistratura, neanche per esempio per chiarire la vicenda del golpe Borghese del 1970. Quelli nascosti in depositi segreti di cui nessuno, tranne pochissimi alti funzionari occulti, conoscono l'esistenza e l'ubicazione, come il deposito abbandonato dell'Ufficio affari riservati del Viminale che fu scoperto sulla circonvallazione Appia dal ricercatore Aldo Giannuli nel 1997, quando al Viminale sedeva Giorgio Napolitano.
E soprattutto quelli assolutamente inaccessibili giacenti negli archivi della Nato, la cui desecretazione richiederebbe il consenso contemporaneo di tutti gli Stati membri, cosa quantomeno fantascientifica. “Lì nessuno può entrare”, conferma infatti in un'intervista a il manifesto
l'ex generale Paolo Inzerilli, già capo di Gladio poi passato allo stato maggiore del Sismi, che racconta: “Quando la magistratura chiese di accedere all'archivio di Gladio bloccammo l'accesso alla documentazione con classifica Nato, documenti che non sono mai usciti dai caveaux”.
Del resto la verità storica e politica sulla “strategia della tensione” e sulle stragi degli anni '70-'80 è già stata ampiamente acclarata anche nei processi: sono stati i fascisti ad eseguirle, col supporto diretto della P2 e di Gladio, e i governi di allora, gli apparati dello Stato, la Cia e la Nato ad ordinarle e coprirle. Non sono mai stati scovati e condannati i mandanti e quasi mai neanche gli esecutori, ma che cosa ci si potrebbe mai aspettare a questo riguardo dalle carte desecretate di Renzi e Minniti?
Scetticismo di magistrati e familiari delle vittime
Nessuno dei magistrati e personaggi che da decenni si battono affinché venga fatta piena luce sulle stragi ha dato molto credito alle eclatanti promesse del premier. Come ha osservato amaramente la presidente dell'Associazione dei familiari delle vittime di via dei Georgofili, Giovanna Maggiani Chelli, “sulle stragi di mafia del '93-'94 non c'è segreto di Stato, ma documenti nascosti e persone che non vogliono parlare”. Lo stesso presidente dell'Associazione dei familiari delle vittime della strage di Bologna, Paolo Bolognesi, pur essendo deputato dello stesso partito di Renzi e pur apprezzandone gli intenti, ha dichiarato che l'iniziativa non è sufficiente e che “per avere normali livelli di trasparenza bisogna disporre degli archivi militari, del ministero degli Esteri e di quello dei carabinieri”. Anche per Daria Bonfietti, presidente dell'Associazione dei familiari delle vittime di Ustica, occorrerebbe “aprire tutti gli archivi, di tutti gli apparati dello Stato, senza esclusione, per confrontare quello che ci è stato riferito in aula con quello che fu realmente redatto, solo così avremo finalmente la verità”.
Manlio Milani, presidente dell'Associazione vittime della strage di Brescia, citando il caso della velina dell'ex generale del Sid, Gianadelio Maletti, inviata alla magistratura ma mai arrivata a destinazione, e ritrovata poi nel deposito abbandonato della via Appia, facendo riaprire una nuova inchiesta sulla strage di piazza della Loggia, si chiede: “quanti documenti riservati non sono mai arrivati all'autorità giudiziaria”? E avverte il governo che “nel momento in cui gli archivi saranno aperti, la gestione deve essere separata da chi li ha prodotti”.
C'è da temere infatti (come è già successo in passato con gli archivi di Gladio affidati alla custodia del Sismi, che è stato come mettere la faina a guardia del pollaio), che la gestione degli elenchi e la selezione dei documenti sia delegata proprio a quegli stessi servizi segreti già responsabili delle trame stragiste e dei depistaggi che le hanno coperte. Paradossalmente, come ha avvertito un magistrato che indagò sulla strage di Bologna, “se fatta senza controlli e garanzie di terzietà, questa operazione può diventare una distribuzione di polpette avvelenate, o addirittura un colossale depistaggio. Non più dei processi, ormai andati come sono andati, ma della storia”. Potrebbe cioè servire ad avvalorare tesi artefatte e mistificatorie come quella ostinatamente sostenuta e propalata dal NCD Giovanardi, che l'aereo di Ustica non fu abbattuto da un missile della Nato ma da una bomba collocata nella toilette da terroristi arabi.
Un annuncio ad effetto ben studiato
In conclusione l'uscita di Renzi sull'abolizione dei segreti sulle stragi è solo l'ennesimo annuncio ad effetto basato sul nulla, come tutti quelli sparati in aria un giorno sì e l'altro pure da quando è salito a Palazzo Chigi. Una tecnica che ha imparato alla perfezione dal suo maestro Berlusconi, e forse addirittura superandolo in rapidità ed efficacia, visto che si dimostra insuperabile nell'arte di inventarsi un nuovo annuncio sensazionale prima ancora che la gente abbia il tempo di accorgersi che dietro quello precedente non c'era nulla di vero.
In questo caso l'annuncio del Berluconi democristiano è particolarmente ben studiato, sia perché fatto alla vigilia del 25 Aprile (e ad un mese dalle elezioni europee), per darsi una verniciatina democratica e antifascista; sia perché così può rafforzare l'idea di essere di una generazione “nuova” e del tutto diversa da quelle precedenti degli ex revisionisti ed ex democristiani che ha battuto e rimpiazzato (come D'Alema, Napolitano, Prodi ecc.), che pur avendone avuta la possibilità quando erano al governo, non hanno mai fatto nulla per aprire gli archivi e scoprire la verità sulle stragi.
25 giugno 2014