Consiglio supremo di difesa
Napolitano accentra i poteri della spesa militare al governo
Emarginato ed esautorato il parlamento esattamente come aveva fatto col CSM
Circondato dal consueto muro di impenetrabilità, segretezza e mistero, il Consiglio supremo di difesa è stato riunito il 18 marzo scorso al Quirinale dal nuovo Vittorio Emanuele III, il rinnegato Napolitano. Al termine della riunione è stato reso pubblico un comunicato ufficiale che sia pure in modo stringato elenca i temi trattati e le decisioni prese da questo comitato ristrettissimo, presieduto da Napolitano, che riunisce il Gotha governativo e militare italiano.
Un comunicato che tradisce la volontà neofascista di strappare al parlamento e avocare al governo il processo decisionale circa la politica militare italiana e, nel contempo, di procedere speditamente nella riorganizzazione imperialista delle Forze armate. “Il Consiglio - si legge nel comunicato - ha espresso pieno sostegno alle Linee Guida per l'elaborazione del Libro Bianco per la Difesa e della strategia evolutiva delle Forze Armate sull'orizzonte dei prossimi 15 anni, presentate dal Ministro Pinotti nel corso della riunione. Esse prevedono la “realizzazione di uno strumento militare che costituisca componente attiva e qualificante della politica multidisciplinare e interministeriale del Governo per la sicurezza e la difesa
, in grado di concorrere efficacemente alla salvaguardia delle direttrici di sviluppo economico e sociale del Paese nel contesto internazionale.”(il corsivo è nostro, ndr)
Insomma il governo se ne frega del parlamento e procede a tappe forzate alla riorganizzazione imperialista delle Forze armate limitandosi semplicemente a informarlo e non certo, in quanto Esecutivo, a recepirne le decisioni e le linee guida. L'aula sorda e grigia
di mussoliniana memoria ritorna di moda nell'Italia del rinnegato Napolitano e del Berlusconi democristiano Renzi: non può decidere niente sulla politica militare italiana dei prossimi 15 anni, tutt'al più le è concesso il diritto di esprimere eventualmente
valutazioni e suggerimenti. Con un potere di intervento persino inferiore a quello attribuito ai magnati degli armamenti e agli esperti economici e finanziari: “Il Ministro della Difesa invierà le Linee Guida ai Presidenti delle Commissioni Esteri e Difesa dei due rami del Parlamento, affinché ne possano eventualmente venire valutazioni e suggerimenti utili alla definizione del Libro Bianco, di cui il governo si è assunto l'iniziativa e la responsabilità
(il corsivo è nostro, ndr). Proseguirà inoltre il dialogo informale con accademici, esponenti dell'industria, esperti di economia e finanza, mentre sarà avviato un più ampio confronto con l'opinione pubblica.” La quale finirà così per essere turlupinata e imbonita dal bombardamento mediatico nazionalistico sulla bontà dell'esercito e degli armamenti offensivi e non difensivi, tutti proiettati a supportare gli appetiti imperialisti della borghesia italiana.
Con un colpo solo il rinnegato Napolitano e il Berlusconi democristiano Renzi si sono sbarazzati dei sia pur timidi e demagogici pronunciamenti della commissione difesa di Montecitorio che all'inizio di maggio aveva caldeggiato il ridimensionamento degli astronomici stanziamenti previsti per gli F35 e per i nuovi armamenti e tecnologie relative al cosiddetto “soldato del futuro”, sotto la pressione delle proteste popolari contro i tagli draconiani che Renzi ha inferto a tutti i servizi pubblici e ai diritti dei lavoratori ma non alla Difesa.
L'intero comunicato ruota intorno all'assunto che l'Italia imperialista di Renzi e Napolitano deve attrezzarsi militarmente per competere internazionalmente: “Sarà necessario portare al più presto a compimento il profondo processo di rinnovamento, riorganizzazione su basi interforze e integrazione multinazionale intrapreso per rendere lo strumento militare più pronto ed efficace nei confronti delle effettive minacce da fronteggiare, considerate realisticamente le limitate risorse finanziarie a disposizione.” Ecco il succo della questione. Per uscire dalla grave crisi economica si può tagliare su tutto ma non sull'esercito imperialista e i suoi armamenti di distruzione e morte. I salari e i redditi popolari possono essere compressi fino alla fame, lo “stato sociale” e i residui servizi che ancora eroga possono essere cancellati ma attenzione: “Per una riforma delle Forze Armate utile al Paese, resta centrale il problema delle risorse che, pur nella ricerca di ogni possibile efficienza ed economicità, non dovranno comunque scendere al di sotto di livelli minimi invalicabili.” Quando auspica risparmi ed economicità, l'Italia imperialista di Renzi e Napolitano si riferisce unicamente a rendere più efficiente l'ingente spesa militare adeguando l'esercito e il tipo di armamenti alle nuove esigenze interventiste che richiedono mezzi e tecnologie più sofisticati e costosi a fronte di un numero ridotto di uomini impiegati; si riferisce alla necessità che: “La struttura delle Forze Armate dovrà essere strettamente integrata in termini interforze e in termini di organizzazione di comando, e dovrà disporre di capacità bilanciate e specializzate rispetto alle specifiche esigenze da assolvere.”
La recente riunione del Consiglio supremo di difesa non è stato un normale incontro di routine ma una riunione, indetta con piglio presidenzialista da Napolitano, che finisce per sancire e riaffermare istituzionalmente tre assiomi piduisti:
La repubblica presidenziale neofascista è ormai un dato incontrovertibile, dopo essere stata imposta in modo surrettizio attraverso sistematici e ripetuti atti, decisioni e comportamenti che hanno ridisegnato il ruolo del presidente della repubblica esattamente come preconizzava la P2 di Gelli, quantunque ancora formalmente quella carica non risulti eletta attraverso il suffragio diretto. Il parlamento è irrimediabilmente esautorato ed espropriato dei suoi poteri decisionali di orientamento e di controllo, che finiscono per essere accentrati nelle mani del governo e del presidente della Repubblica.
Il ruolo che si è ritagliato il rinnegato Napolitano al Quirinale è per molti versi assai più rilevante e decisivo di quello ricoperto da Vittorio Emanuele III nel ventennio mussoliniano, se è vero com'è vero che costui negli anni non si è limitato a fungere da garante degli equilibri istituzionali ma è entrato prepotentemente e puntualmente nella vita politica, partitica e governativa facendo e disfacendo governi, imponendo e bocciando ministri, dettando e riscrivendo programmi e leggi, convocando e orientando i presidenti del Consiglio in ogni passaggio cruciale del loro operato. Persino le sua facoltà di presiedere il CSM e il Consiglio supremo di difesa le ha trasformate in un'ingerenza diretta sulla magistratura e nel campo della politica militare. Si pensi alla sua lettera riservata e privata inviata il 13 giugno al vicepresidente Vietti, tutta improntata all'enfatizzazione del ruolo decisionale del capo della Procura, per imporre al CSM il salvataggio del posto di Bruti Liberati e l'archiviazione dell'esposto del vice procuratore Robledo, con l'obiettivo di coprire le spalle al PD a Milano. Dopo essersi assicurato la decisione del CSM pro-Bruti e anti-Robledo, il Quirinale era costretto a rendere pubblica tale lettera segreta per mettere a tacere le polemiche e la ridda delle interpretazioni e delle pubblicazioni del suo contenuto. Tale lettera è di una mostruosa gravità per il contenuto e per il metodo: anzitutto perché entra direttamente nel merito della controversia in discussione (anzi ha zittito quella discussione, com'ha notato il procuratore aggiunto Pomarici) e poi perché si propone come l'unica e autentica interpretazione della norma di legge sottraendola alle istituzioni preposte e attribuendosela surrettiziamente. Napolitano richiama la legge Castelli-Mastella del 2006 che conferisce pieni poteri al capo della Procura rispetto ai pm e sposa una sentenza della Cassazione che parla "dell'accentuazione del ruolo di 'capo' del procuratore sul versante organizzativo e della gestione dei procedimenti", anche a costo della “parziale compressione dell'autonomia dei singoli magistrati dell'ufficio” (un modo per dire che il procuratore capo decide tutto senza rispettare le regole) . Si è attribuito un potere illimitato sulle altre istituzioni e soprattutto ha esautorato l'organo di autogoverno della magistratura, la Corte costituzionale e la corte di Cassazione. Che cos'è questo se non un golpe dell'inquilino del Quirinale? Si è spinto a dettare le stesse competenze del CSM: “le funzioni di controllo e garanzia istituzionale affidate al CSM devono essere indirizzate solo ad assicurare l'indispensabile flessibilità nell'applicazione dei progetti organizzativi, innanzitutto rispondere alle esigenze di funzionalità ed efficacia dell'azione giudiziaria”. Che cos'è questa se non un'ingerenza di stampo piduista del presidente della Repubblica sulla magistratura?
L'imperialismo italiano è oramai sempre più deciso a giocare un ruolo di primo piano dal punto di vista militare sullo scacchiere internazionale per far valere i suoi interessi economici ed egemonici in concorso con la UE e la Nato ma anche in proprio. In questo quadro vanno considerati il massiccio e intoccabile piano di riarmo bellico, con l'acquisto peraltro dei famigerati caccia F35, nonché il piano di riorganizzazione delle Forze Armate in funzione ancor più interventista e imperialista in tutte le aree calde del globo. E tutto ciò deve avvenire alla chetichella, senza alcun dibattito pubblico, deciso da ristrettissimi comitati d'affari di tipo piduista e presidenzialista, com'è diventato nei fatti il Consiglio supremo di difesa, trasformato radicalmente dal rinnegato Napolitano nel corso del suo doppio settennato rispetto all'organo a cui la Costituzione del '48 attribuiva un carattere prevalentemente consultivo e istruttorio per il governo analogo a quello di altri comitati interministeriali. Il Paese non deve sapere ciò che lo aspetta e soprattutto non deve interferire e intralciare il programma di riarmo e di riorganizzazione militare bellicisti per dare stabilmente all'Italia di Napolitano e Renzi “un posto al sole” tra le grandi potenze imperialiste mondiali.
Tutte le potenze imperialiste imbellettano la loro politica aggressiva ed egemonica con una politica estera fatta di negoziati e vertici internazionali volti a dirimere i loro conflitti ma ben sanno che a contare sono solo i rapporti di forza economici e militari, è la forza bruta dell'economia e degli eserciti, dei capitali e delle armi a decidere chi prevale e chi soccombe. Oramai l'interventismo imperialista italiano viene sfacciatamente teorizzato e rivendicato come una scelta obbligata e preventiva per garantire la sicurezza nazionale: “La crisi ucraina, la crescente instabilità della Libia, i progressi dell'estremismo islamico nell'Africa sub-sahariana, la recente offensiva jihadista sunnita in Iraq e il perdurare del conflitto in Siria -si legge nel comunicato del Consiglio supremo di difesa- potrebbero determinare mutamenti radicali per la sicurezza dell'Europa e del nostro Paese. E' ormai evidente che ogni Stato fallito diviene inevitabilmente un polo di accumulazione e di diffusione globale dell'estremismo e dell'illegalità ed è quindi fondamentale sostenere, preventivamente e in fase ricostruttiva, le strutture istituzionali dei Paesi aggrediti o a rischio, per metterle in grado di garantire l'ordine e il rispetto della legge.”
Se non vogliono diventare ancora una volta carne da macello di nuove guerre di rapina e di nuovi interventi militari egemonici sulla scia di quelli compiuti in Iraq e Afghanistan, in Kosovo e Bosnia, in Libano e Somalia, il proletariato, gli antimperialiti e i pacifisti conseguenti devono combattere senza tregua nelle piazze la politica militare interventista e guerrafondaia fissata dal Consiglio supremo di difesa e impedire il varo del famigerato Libro Bianco in via di approvazione.
E far tesoro di quel che scriveva Lenin nel 1917: “La guerra in corso è la continuazione di una politica fondata sulla conquista, sullo sterminio di intere popolazioni e sulle inaudite atrocità commesse in Africa dai tedeschi e dagli inglesi e in Persia dagli inglesi e dai russi (non saprei dire chi sia stato più feroce) e per cui i capitalisti tedeschi consideravano gli altri come nemici. Ebbene, voi siete forti, perché siete più ricchi? Ma noi siamo più forti di voi e, quindi, abbiamo il "sacrosanto" diritto di predare. Ecco a che cosa si riduce la vera storia del capitale finanziario inglese e tedesco nei decenni che hanno preceduto la guerra. Ecco a che cosa si riduce la storia dei rapporti russo-tedeschi, russo-inglesi e anglo-tedeschi. Ecco la chiave per capire i moventi della guerra attuale. Ecco perché è solo ciarlataneria e menzogna la storia che si suol raccontare sulle cause della guerra. Se si dimentica la storia del capitale finanziario, la storia del modo come è maturata la guerra per una nuova spartizione, si finisce per far credere che due popoli vivevano in pace, che d'un tratto l'uno ha attaccato e l'altro si è difeso. Si dimentica così ogni scienza, si dimenticano le banche, si chiamano alle armi i popoli, si chiamano alle armi i contadini che ignorano che cosa sia la politica. Bisogna difendersi: ecco tutto! Se si ragiona così, sarebbe logico sopprimere tutti i giornali, bruciare tutti i libri e vietare che la stampa si occupi delle annessioni: solo così si potrebbe infatti giustificare questo punto di vista sulle annessioni. Essi non possono dire la verità sulle annessioni, perché tutta la storia della Russia, dell'Inghilterra e della Germania consiste in una guerra ininterrotta, implacabile e sanguinosa per le annessioni. In Persia e in Africa hanno condotto guerre spietate i liberali, i quali hanno fatto frustare in India i detenuti politici che avevano osato presentare le stesse rivendicazioni per cui si lottava da noi in Russia. Gli eserciti coloniali francesi opprimevano i popoli. Ecco la storia che ha preceduto la guerra, ecco la vera storia degli incredibili saccheggi! Ecco quale politica viene continuata dalla guerra in corso. Ecco perché, nella questione delle annessioni, questa gente non può dare la risposta che noi diamo dicendo: ogni popolo che venga unito a un altro popolo, non in base alla volontà liberamente espressa dalla propria maggioranza, ma per decisione dello zar o del governo, è un popolo asservito, è un popolo annesso. Rinunciare alle annessioni significa dare a ciascun popolo il diritto di costituirsi in Stato indipendente o di unirsi a chi vuole. Questa risposta è assolutamente chiara per ogni operaio in qualche modo consapevole.
(…) Nessuno, tranne la rivoluzione operaia in alcuni paesi, uscirà vincitore da questa guerra. La guerra non è un gioco, la guerra è una cosa mostruosa, che costa milioni di vite umane e a cui non è facile mettere fine.
I soldati al fronte non possono staccarsi dallo Stato e decidere per proprio conto. I soldati al fronte sono una parte del paese. Fino a che lo Stato è in guerra, il fronte non farà che soffrire. Non c'è niente da fare. La guerra è stata provocata dalle classi dominanti, solo la rivoluzione della classe operaia potrà metterle fine. E la rapidità con cui avrete la pace dipenderà soltanto dallo sviluppo della rivoluzione. Non basta dire frasi sentimentali, non basta dichiarare: forza, smettiamo subito questa guerra! Per farlo è necessario lo sviluppo della rivoluzione. Quando il potere sarà passato nelle mani dei soviet dei deputati degli operai, dei soldati e dei contadini, i capitalisti si pronunceranno contro di noi: il Giappone sarà contro, così la Francia, così l'Inghilterra, così i governi di tutti i paesi. Contro di noi si schiereranno i capitalisti, saranno con noi gli operai. Allora si metterà fine alla guerra scatenata dai capitalisti. Ecco la risposta da dare a chi domanda come metter fine alla guerra.
” (Lenin, La guerra e la rivoluzione, 15 maggio 1917, Opere complete, Editori Riuniti, vol. 24, pag. 417-18 e pag. 431)
2 luglio 2014