Nola
Licenziati 5 operai Fiat
Vietato protestare contro Marchionne
"Siamo colpevoli di aver denunciato i suicidi in Fiat e i sei anni di cigs con soldi pubblici, siamo colpevoli di aver smascherato il reparto fantasma di Nola. Per questo siamo colpevoli e dobbiamo essere licenziati?" È quanto hanno scritto su alcuni cartelli i quattro operai di Nola (Napoli), licenziati dalla Fiat per motivi disciplinari il 24 giugno scorso, per dire a Marchionne che non sono disposti a farsi tappare la bocca, e lo hanno ribadito insieme a circa un centinaio di lavoratori, il 30 giugno al presidio indetto da Fiom e Cobas davanti allo stabilimento Maserati di Grugliasco, dove si è svolta l'assemblea annuale dell'Unione industriale di Torino.
Con una lettera l'azienda del plurimiliardario Marchionne contesta ai quattro operai, appartenenti al “Comitato di lotta cassaintegrati e licenziati” dello stabilimento Fiat di Pomigliano, la loro partecipazione alle manifestazioni organizzate il 5 e 10 giugno davanti al polo logistico di Nola per chiedere il ritorno a Pomigliano degli oltre 300 lavoratori distaccati dal 2008 e da allora in cassa integrazione con scadenza il 13 luglio prossimo e con nessuna certezza per il futuro. Per il Lingotto sono stati licenziati per aver violato "i più elementari doveri discendenti del rapporto di lavoro", e per aver provocato "gravissimo nocumento morale all'azienda e al suo vertice societario". Per il Comitato di lotta, invece, “è stata posta in essere un'azione del tutto simbolica e caricaturale con il finto suicidio di Marchionne, (impiccagione di un manichino con la foto di Marchionne sul viso, n.d.r.) all'indomani dal vero suicidio di Maria Baratto, nei pressi del polo logistico di Nola in cui da circa sei anni sono 'confinati' e in cassa integrazione circa 316 operai, di cui tre si sono tolti la vita a causa della cassa integrazione e della precarizzazione delle proprie gravissime condizioni economiche e sociali".
Azioni punitive come questa che le operaie e gli operai del reparto confino di Nola continuano a subire da anni, per aver denunciato il supersfruttamento che subiscono gli operai rimasti in fabbrica mentre aumentano le procedure di cig, di licenziamento e di “confino” per chi ha osato contestare Marchionne.
Un'altra occasione in cui il nuovo Valletta, Marchionne ha sfoderato il ghigno ducesco imponendo il suo modello di relazioni industriali mussoliniano, instaurato nelle sue fabbriche, e che vorrebbe esportare in tutte le relazioni industriali in Italia e in Europa, con l'aiuto del Berlusconi democristiano Renzi. Entrambi vorrebbero i lavoratori completamente subordinati ai padroni, supini alle esigenze e agli interessi speculativi del grande capitale e disposti ad accettare minacce, soprusi e ingiustizie d'ogni specie, senza l'aiuto di alcun sindacato, se non quello collaborazionista e padronale, per salvare l'Italia capitalista e neofascista.
2 luglio 2014