Al vertice della UE
Renzi vota il democristiano Juncker e l'austerità “flessibile”
Il Berlusconi democristiano sventola la flessibilità per imporre le “riforme” costituzionali, elettorali e sociale fasciste, piduiste e antisindacali. La Merkel “molto felice per il programma di riforme italiano”
Rafforzate le frontiere esterne dell'UE contro i migranti

 
Al vertice europeo del 26 e 27 giugno, che si è aperto nella città di Ypres in Belgio per commemorare la prima guerra mondiale e concluso a Bruxelles, i leader dei paesi membri dell'Unione europea hanno dato il via libera alla nomina alla presidenza della nuova Commissione Ue del democristiano lussemburghese Jean Claude Juncker, garante della continuità della politica liberista e di rigore sui bilanci.
Dopo settimane di intense trattative tra i governi, l'intesa è stata trovata sul nome e sul programma di lavoro della Commissione.
A favore di Juncker hanno votato 26 dei 28 leader europei, contrari il britannico David Cameron e l'ungherese Viktor Urban. La procedura europea prevede che la parola passi al Parlamento europeo convocato per il 16 luglio; la nomina formale a presidente della Commissione europea di Juncker arriverà solo dopo l'approvazione da parte dell'assemblea di Strasburgo, con almeno 376 voti favorevoli su 751. Per quanto riguarda la composizione della Commissione, i 28 ne parleranno nel vertice straordinario di Bruxelles del 17 luglio. I nuovi commissari prenderanno il posto dei vecchi nel prossimo novembre.
Fra le intese di Bruxelles registriamo anche l’accordo quadro sull’immigrazione, i cui dettagli saranno definiti a breve ma che già prevede un rafforzamento militare delle frontiere esterne della Ue contro i migranti attraverso l’allargamento dei compiti della missione militare Frontex, quella che per le cancellerie europee rimane a guardia del Mediterraneo inteso come frontiera di separazione con il Sud del mondo.
La bozza di documento programmatico alla base del lavoro della Commissione europea era stato preparato dal presidente uscente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy. Il documento dal titolo “Agenda strategica in tempi di cambiamento” conteneva fra le altre la richiesta dei socialisti europei di fare "pieno uso" della flessibilità prevista dal Patto di Stabilità, che per loro voleva implicitamente affermare anche che i paesi che fanno le riforme avrebbero avuto la possibilità di avere più tempo nel taglio di deficit e debito. Da questa era nato il via libera dei socialisti europei alla nomina di Juncker.
La “flessibilità” negli obiettivi di rientro da deficit è stato il cavallo di battaglia del presidente del consiglio italiano Matteo Renzi che aveva avuto modo di spiegare i suoi progetti in un incontro bilaterale con la cancelliera Merkel ricavandone meritati elogi; "Matteo Renzi è un premier di grande successo", aveva affermato dichiarandosi “molto felice per il programma di riforme italiano”.
Con la consueta spigliatezza in conferenza stampa, il Berlusconi democristiano a fine vertice spiegava che “ho votato Juncker perché il suo nome era legato a un documento, a un accordo politico ben preciso focalizzato sulla crescita e la flessibilità. Abbiamo deciso prima che cosa deve fare l'Europa nei prossimi cinque anni e poi chi la guiderà. Per la prima volta il focus è la crescita e chi fa le riforme strutturali avrà diritto alla flessibilità". Di rincalzo il responsabile delle politiche Ue, Sandro Gozi, ribadiva che “abbiamo ottenuto quanto volevamo: ampi spazi di manovra sul fronte della flessibilità con l'impegno a tenere conto delle riforme strutturali e la possibilità di sviluppare strumenti finanziari per progetti di investimenti nel lungo periodo". A dire il vero, secondo vari economisti la possibile flessibilità pari al massimo a uno 0,2% sul pil non consente affatto gli spazi di manovra sbandierati.
Nella lettera alla Commissione europea del 16 aprile scorso il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan annunciava che l'Italia avrebbe rallentato il passo del risanamento di bilancio spostando di un anno l'obiettivo del pareggio "strutturale" di bilancio, dal 2015 al 2016. Richiesta bocciata dallo stesso vertice di Bruxelles nella parte del documento finale dove si ribadiscono l’applicazione del Fiscal Compact e i tempi previsti di rientro dei deficit. Già in precedenza la Commissione interpellata da Padoan aveva riposto picche allo slittamento e anzi aveva raccomandato una maggiore correzione dei conti già nel 2014 pena l’apertura della procedura di infrazione. E rimandato ogni eventuale modifica alla discussione e al giudizio vincolante della nuova Commissione.
Il Renzi “vincitore” a Bruxelles non si cura delle bocciature: "Ora c'è un piccolo particolare, vanno fatte le riforme. Abbiamo mille giorni di tempo, che partiranno il primo settembre 2014, per cambiare faccia all'Italia. (…) Ci sarà un countdown su sito del governo con le iniziative su cui stiamo lavorando e per dimostrare in Europa che noi facciamo sul serio". Eccoci al dunque. Il Berlusconi democristiano sventola la presunta flessibilità per imporre le “riforme” costituzionali, elettorali e sociale fasciste, piduiste e antisindacali. Il progetto tarato per l’Italia ma che ispirerà anche il semestre di presidenza italiano della Ue che è iniziato l’1 luglio.

2 luglio 2014