Stravolta la Costituzione per dare campo libero all'imperialismo giapponese
Il governo Abe autorizza le forze armate a partecipare ad operazioni militari di “sicurezza collettiva”
Il governo Abe ha autorizzato lo scorso 1 luglio le forze armate giapponesi a partecipare a operazioni militari, definite di “sicurezza collettiva” reinterpretando il principio di “autodifesa” previsto dalla Costituzione per dare campo libero e allineare l'imperialismo giapponese alle altre potenze concorrenti. Una misura bellicista per consentire a Tokyo di svolgere quel ruolo di contenimento della concorrente potenza imperialista cinese assunto di concerto con l'alleato americano.
Non a caso Shinzo Abe affermava che con la decisione del governo “ad esempio le navi da guerra giapponesi sarebbero in grado di proteggere la flotta statunitense che combatte per difendere il Giappone”. “Non importa quali siano le circostanze, proteggerò le vite e la pace del popolo giapponese”, commentava il premier dipingendo la decisione come una operazione di pace che invece stravolge lo spirito pacifista della Costituzione.
Nella carta costituzionale imposta al Giappone alla fine della Seconda guerra mondiale si afferma all’articolo 9 che “il popolo giapponese, aspirando sinceramente alla pace tra le nazioni fondata sulla giustizia e sull’ordine, rinuncia per sempre alla guerra quale diritto sovrano dello Stato”. Una dichiarazione precisa che legava le mani ai propositi bellicisti dei governi di Tokyo che nel recente passato hanno iniziato a aggirarla; nel 2003, l'esecutivo guidato da Junichiro Koizumi, sotto la cui protezione è cresciuto Abe, forzava le procedure parlamentari per sostenere lo sforzo bellico dell’alleato imperialista americano e faceva approvare l’invio delle Forze di autodifesa giapponesi in Iraq. Due anni dopo, nel 2005, il partito di Koizumi e Abe, il Partito liberaldemocratico (Pld), stilava la bozza di una riforma costituzionale per poter garantire al Giappone una maggiore presenza nelle missioni militari internazionali.
La riforma della Costituzione richiedeva la maggioranza qualificata dei due terzi del Parlamento e l’indizione di un referendum popolare; nel 2007 il governo Abe quale primo passo tentava di semplificare il percorso ma non ci riusciva. Alla fine 2013 creava un Consiglio di sicurezza nazionale sotto il diretto controllo del primo ministro e approvava un aumento delle spese militari di circa 4 miliardi di euro fino al 2018. Nell'aprile 2014 aboliva infine il divieto sull’esportazione di armi in vigore dalla metà degli anni Sessanta.
La “reinterpretazione” dell’articolo 9 per autorizzare le forze armate giapponesi a partecipare a operazioni militari è quindi l'ultimo passaggio del progetto governativo per aggirare la Costituzione, cosciente dell'opposizione non tanto del parlamento quanto delle masse popolari. Che infatti, secondo quanto riferito dall’agenzia di stampa Kyodo, hanno manifestato anche l'1 luglio fuori dall’ufficio del primo ministro al grido di “non distruggete l’articolo 9 della costituzione”; altre manifestazioni contro la decisione del governo si svolgevano a Hiroshima e in altre città.
16 luglio 2014