Discorso bellicista del presidente dell'Ucraina
I governanti delle province di Donetsk e Lugansk hanno il diritto a partecipare alle trattative di pace. Il governo avvia le procedure per bandire il PC revisionista
Mosca disponibile “a lavorare per un cessate il fuoco bilaterale immediato e incondizionato”

 
La cronaca della guerra in atto nelle regioni russofone orientali dell'Ucraina registra il 14 luglio la morte di 30 miliziani filorussi in seguito ad un attacco di artiglieria dell'esercito nel villaggio di Aleksandrovka, nella regione di Lugansk. Gli indipendentisti sostenevano di aver abbattuto due aerei di Kiev, un caccia Su-25 e un aereo cargo An-26 che trasportava una ventina di militari. Secondo il governo di Kiev il colpo che ha abbattuto il cargo proveniva dalla Russia; Mosca respingeva ogni responsabilità.
Nella stessa zona, l'11 luglio, un attacco degli indipendentisti russi con missili Grad nel villaggio di Zelenopilla aveva causato una trentina di morti tra i soldati ucraini impegnati nell'offensiva nella regione. L'episodio aveva scatenato l'ira del governo di Kiev e un inaccettabile discorso bellicista del presidente Petro Poroshenko che affermava: “per ciascuna morte di un militare ucraino, i militanti filorussi pagheranno con decine o centinaia dei loro”.
Eppure solo il giorno prima, dopo un colloquio telefonico con la cancelliera tedesca Angela Merkel, il presidente ucraino si era detto pronto a un “cessate il fuoco bilaterale” nell'Est del paese a condizione che fosse assicurato a Kiev il controllo della frontiera con la Russia “per fermare il trasferimento di armi e di combattenti dalla Russia”. Nel comunicato della presidenza ucraina, che ha riferito l'esito della telefonata tra Poroshenko e la Merkel, si sottolineava che il governo era disposto a discutere anche “della liberazione di tutti gli ostaggi e dell'avvio di negoziati incondizionati”. Alle disponibilità affermate sulla carta seguiva invece il discorso in perfetto stile nazista e il rilancio dell'offensiva dell'esercito nelle province di Donetsk e Lugansk.
Il presidente Poroshenko denunciava che “negli ultimi giorni le forze armate dell'Ucraina sono state attaccate dal fuoco di lanciamissili di produzione russa" e
affermava che esisterebbero indizi in base ai quali ufficiali russi sarebbero coinvolti negli scontri in appoggio ai separatisti filorussi nell'est dell'Ucraina. Il Cremlino ha sempre respinto le accuse ma fin dall'inizio dello scontro tra le due fazioni ucraine è più che certa la presenza di agenti dei servizi o più probabilmente di “anonimi” mercenari inviati sia dalla Russia che dalle potenze imperialiste occidentali, e financo dai sionisti israeliani in aiuto alle formazioni nazifasciste protagoniste fra gli altri della rivolta di piazza Maidan.
Al fianco del governo neoliberista di Kiev resta l'Unione europea imperialista, che teme per la sorte dei propri approvvigionamenti energetici dalla Russia, ma ha scelto di restare al seguito dell'imperialismo americano e mettere avanti la possibilità di conquistarsi definitivamente l'Ucraina, oramai allo status di paese associato. Così dato che la crisi resta sempre a livelli elevati, ha dato il proprio contributo ampliando di altri 22 nominativi la lista delle persone oggetto di sanzioni individuali, persone accusate di “azioni che minano l'integrità territoriale, la sovranità e l'indipendenza dell'Ucraina". Mentre la Merkel nel colloquio con Poroshenko lo ha “esortato a mantenere il senso delle proporzioni nelle sue legittime azioni contro i separatisti e a proteggere la popolazione civile". Gli ha solo chiesto quindi una “offensiva proporzionata (sic!)''.
Il portavoce della cancelliera spiegava in una nota che “entrambi hanno concordato che è urgente far ripartire i colloqui del Gruppo di contatto per avviare l'attuazione del piano di pace di Poroshenko e un cessate il fuoco reciproco". Il presidente ucraino offriva ai rappresentanti dei separatisti filorussi di partecipare in videoconferenza alla prossima tornata di negoziati di pace per l'est del paese. Evidente che nessun avvio di negoziato può prescindere dalla partecipazione dei governanti delle province di Donetsk e Lugansk.
Una posizione che trovava ascolto anche a Mosca da dove il ministro degli Esteri Sergei Lavrov il 14 luglio invitava l'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce) a mandare i suoi osservatori al confine russo-ucraino. Lo definiva "un gesto di buona volontà" che vuole "anticipare il cessate il fuoco". La posizione del Cremlino, la disponibilità a “lavorare per un cessate il fuoco bilaterale immediato e incondizionato in Ucraina” era già stata presentata dal presidente russo Vladimir Putin al ministro degli Esteri italiano Federica Mogherini nel corso della sua visita a Mosca del 9 luglio.
Sui fronti dell'Est dell'Ucraina continuano però gli scontri e continua a salire il bilancio dei morti; un fronte che resta ancora aperto seppur relegato dalle cronache in secondo piano dall'esplosione della crisi mediorientale con l'aggressione degli imperialisti sionisti a Gaza.
 

16 luglio 2014