Inchiesta Mose
Arrestato Milanese, già braccio destro di Tremonti
Coinvolto in altre inchieste giudiziarie, è ora accusato di corruzione per una tangente da 500 mila euro
Confessa al GIP: “Tremonti usava i finanziamenti per ottenere l'appoggio della Lega e diventare premier”

Il 4 luglio a Roma la Guardia di Finanza su ordine della procura di Venezia ha arrestato l'ex deputato PDL e braccio destro dell'ex ministro Giulio Tremonti, Marco Milanese, accusato di corruzione nell'inchiesta Mose (le barriere per difendere Venezia dalle acque alte eccezionali).
A Milanese sono anche stati sequestrati beni per 500 mila euro, il corrispettivo della tangente ricevuta quattro anni fa, in qualità di consigliere politico di Tremonti, all'epoca titolare dell'Economia, dal presidente del Consorzio Venezia Nuova (Cvn), Giovanni Mazzacurati, al fine di far ottenere al Cvn finanziamenti inizialmente esclusi dalle delibere del Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica) dell'anno 2010.
La mazzetta - secondo gli inquirenti – è stata consegnata a Milanese tra l'aprile e il giugno del 2010 tramite Roberto Meneguzzo, amministratore delegato della vicentina Palladio finanziaria. La dazione è avvenuta a Milano e per questo gli atti relativi a Meneguzzo sono stati trasferiti dal Tribunale del Riesame di Venezia in Lombardia per competenza territoriale.

Arresto necessario per pericolo di reiterare il reato
Nei riguardi dell’ex parlamentare del PDL, i Pubblici ministeri (Pm) veneziani avevano già avanzato una richiesta di arresto, poi revocata e successivamente reiterata. Milanese, si legge fra l'altro nell'ordinanza di arresto: “al fine di influire sulla concessione di finanziamenti del Mose... in particolare per far inserire tra gli stanziamenti inclusi nella delibera Cipe numero 31/2010 e nei decreti collegati anche la somma relativa ai lavori gestiti dal Consorzio Venezia Nuova, inizialmente esclusa dal ministro Tremonti” ha ricevuto dal presidente del Consorzio Venezia Nuova la somma di 500 mila euro. Giovanni Mazzacurati ha più volte indicato Milanese come “consigliere politico di Giulio Tremonti - all’epoca ministro dell’Economia - e componente parlamentare della V commissione Bilancio, Tesoro e Programmazione e della VI commissione Finanze”.
Ma l'arresto di Milanese si è reso necessario soprattutto sulla base dei nuovi elementi di indagine acquisiti dalla procura. Secondo il Giudice per indagini preliminari (Gip), Alberto Scaramuzza, che ha firmato il provvedimento di arresto il 10 giugno scorso, Milanese (che è accusato di corruzione anche a Napoli e che già nel 2011 è stato salvato dalla Camera che per soli 6 voti ha respinto la richiesta di arresto) grazie alla sua rete di contatti interpersonali ad alto livello intessuta negli anni avrebbe potuto "reiterare il reato ai danni della pubblica amministrazione", ricevendo o chiedendo nuove dazioni in cambio di favori nella realizzazione di opere pubbliche.

Il coinvolgimento di Tremonti
La prova che inchioda Milanese e chiama direttamente in causa anche il suo boss politico Giulio Tremonti è racchiusa in serie di telefonate e messaggini Sms destinati a Meneguzzo, amministratore delegato di Palaldio Finanziaria, e Mazzacurati per tranquillizzarli sul fatto che il Mose avrebbe avuto i fondi necessari per proseguire i lavori. In particolare Milanese scrive di Mazzacurati a Meneguzzo "avverti il nostro amico e tranquillizzalo". La data del Sms è del 24 maggio 2010 e poco dopo il Cipe mette all'ordine del giorno - per opere infrastrutturali da 21 miliardi di euro - anche il Mose che ne era escluso e che diventa destinatario di una quota da 230 milioni di euro. La delibera sarà siglata il 18 novembre successivo. Per questa operazione orchestrata, secondo la procura, da Milanese, questi avrebbe ricevuto la famigerata tangente.
Tutto il mercimonio è confermato nell'ordinanza del Gip da una serie di intercettazioni peraltro cariche di dubbi e di incertezze sui tempi di attuazione da parte degli interlocutori. In una telefonata tra Meneguzzo e Mazzacurati il 28 maggio 2010 l'Ad di Palladio dice "no, no, no. Volevo solo sapere poi come...come stava procedendo questa cosa". E Mazzacurati gli risponde "Mah, diciamo che sembra tutto a posto, io sono anche stato da...dal dottore, dal dottore stamattina e tutto sembra che, io non sono...non ho ben capito sui tempi". E Meneguzzo parlando di Milanese sottolinea "anche a me il nostro amico mi dice che è tutto a posto ma, poiché lo vedo lunedì, ecco volevo solo essere certo che" tutto fosse a posto. E Mazzacurati a sua volta ammette di non capire come funzionerà il gioco del finanziamento del Cipe e implicitamente sostiene di aver parlato con Tremonti, "anche a me il nostro amico mi ha detto guarda che è tutto a posto". E proprio sul colloquio con Tremonti che Mazzacutrati ha conosciuto tramite Milanese "quel giorno del colloquio col...col ministro, io ho suggerito, ho detto esplicitamente che c'erano parecchi di questi lavori finanziati che non partivano, che erano in ritardo di tre anni" perché il flusso di fondi statali aveva avuto una battuta di arresto.
Non solo. I protagonisti - secondo le indagini della finanza - si vedono anche di persona per definire i dettagli del malaffare. Ad esempio, all'hotel Sheraton di Padova il 7 di giugno del 2010, Milanese spiega a Meneguzzo che i fondi arriveranno attraverso la Cassa depositi e prestiti. Quest'ultimo illustra a Mazzacurati in un successivo incontro gli ultimi sviluppi del finanziamento del Mose e poco tempo dopo l'ex presidente del Cvn si attiva per far preparare i 500mila euro per onorare il 'lavoro' di Milanese.
 
L'asse Tremonti-Lega
Ma come faceva Milanese a garantire al presidente del Cvn che il parere positivo del dicastero dell'Economia necessario per sbloccare i fondi del Cipe, sarebbe arrivato? Possibile che l'ex ministro Giulio Tremonti non ne sapesse nulla e tutto avveniva a “sua insaputa”?
Per rispondere bisogna considerare il rilevante il livello politico “nascosto” della vicenda della mazzetta e che sta progressivamente emergendo dalle dichiarazioni di Milanese. Nel 2010 si preparava lo scontro che sarebbe scoppiato apertamente nel “centro-destra” qualche mese dopo per fare le scarpe al neoduce Berlusconi. Tra i principali aspiranti a succedere a Berlusconi, come denunciò “Il Bolscevico” in un articolo del 17 novembre 2010, c'era anche Tremonti, “che avrebbe potuto soffiargli la poltrona con il tacito accordo della Lega”.
In chiave interpretativa politica e non solo giudiziaria è possibile mettere insieme una serie di indizi su come concretamente funzionasse l'asse Tremonti-Lega. Ad un certo punto, il Mose che non era tra i finanziamenti del Cipe entra prepotentemente nell'agenda del ministro dell'Economia.
Cos'era successo? Lo rivela lo stesso Milanese: “Fino al 2010 Tremonti non provvedeva al finanziamento del Mose perché il governatore era Galan e l'ostilità tra i due era notoria”. Tra i due boss del PDL non corre buon sangue. Le cose cambiano quando governatore del Veneto diventa Luca Zaia della Lega. Zaia è eletto il 13 aprile 2010. Un mese dopo, il 13 maggio 2010, il CIPE emana la citata delibera 31/2010 in cui “stabilisce che il residuo disponibile del fondo infrastrutture..., sia assegnato… ad una serie di opere prioritarie, tra le quali opere di difesa idraulica in ambiti urbani di rilevanza sovranazionale”.
Viene velocemente superata anche l'altra norma che prevede che l’85% dei fondi CIPE debba andare al Mezzogiorno e il restante 15% al Nord e ciò con una delibera che viene puntualmente approvata il 25 maggio 2010 dal Consiglio dei Ministri.
Come funzionassero i meccanismi di unzione degli ingranaggi Tremonti-Lega sarà compito della magistratura stabilirlo.
Del resto, che il destinatario della tangente fosse Tremonti lo ha confermato anche Claudia Minutillo, ex segretaria di Galan, che nell'interrogatorio del 14 luglio 2013 ha riferito: "Tra i destinatari delle somme raccolte da Mazzacurati vi erano... omissis... e Marco Milanese, uomo di fiducia di Tremonti. A quest'ultimo era destinata la somma di 500mila euro che l'ingegner Neri (stretto collaboratore di Mazzacurati, ndr) conservava nel suo ufficio... li aveva nel cassetto, da consegnare a Marco Milanese per Tremonti e, al momento dell'ispezione della Guardia di Finanza li buttò dietro l'armadio. La Finanza sigillò l'armadio ma la sera andarono a recuperarli e furono poi consegnati a Milanese il 7 giugno del 2010".
Dunque è presumibile a questo punto che i Pm veneti nei prossimi giorni convocheranno Tremonti (al momento non indagato) per ascoltarlo come “persona informata sui fatti”.
Insomma è chiaro che dalla periferia al centro tutte le cosche parlamentari dal PD a Forza Italia, alla Lega, sono immerse fino al collo nella cloaca delle tangenti in cui sguazza il sistema capitalistico italiano e le sue massime istituzioni ivi compreso: governo, parlamento e perfino una parte della magistraura e della GdF, i massimi organi deputati alla repressione di tale fenomeno, e che invece sempre più spesso diventano complici e partecipano attivamente alla spartizione delle tangenti.
Non si tratta di “qualche mela marcia” come vuol far credere il nuovo Berlusconi Renzi. La corruzione è tutt'uno con le fondamenta del capitalismo e non è certo l'eccezione ma la regola di questo marcio regime naofascista come testimoniano i protagonisti dell'inchiesta: dal senatore di FI Galan al braccio destro dell'allora ministro Tremonti; da Milanese (PDL) al sindaco dimissionario Orsoni (PD) e poi ancora imprenditori, magistrati, finanzieri e perfino agenti dei servizi segreti.

16 luglio 2014