Lega Araba: Crimine di guerra
I sionisti nazisti israeliani invadono Gaza. Peggio di Hitler
Napolitano e Renzi corresponsabili del genocidio
Manifestazioni di solidarietà col popolo palestinese

 
La preannunciata invasione di Gaza, preparata dagli attacchi iniziati l’8 luglio, è scattata nella tarda serata del 17 luglio. “Una nuova fase dell'operazione Margine protettivo è cominciata”, annunciava in diretta un portavoce militare sionista, aggiungendo che “l'operazione di terra avviene dopo ripetute offerte respinte di far raffreddare la situazione”. L'ordine impartito dal boia sionista Benjamin Netanyahu sarebbe quindi partito per responsabilità di Hamas che ha rifiutato la ridicola offerta di cessate il fuoco messa a punto dal complice governo egiziano, d'intesa col collaborazionista presidente palestinese Abu Abbas.
Il Cairo è tanto in sintonia con Tel Aviv che il ministro degli Esteri egiziano, Sameh Shoukri, ribadiva che “se Hamas avesse accettato la proposta egiziana, avrebbe potuto salvare la vita” di decine di palestinesi.
Il tragico teatrino costruito dai sionisti con la complicità dei paesi imperialisti, che in coro chiedono la tregua ma non smuovono neanche un dito per metterla in pratica, è svelato, per chi ne avesse ancora bisogno, dal ministro della Giustizia israeliano Tzipi Livni che il 22 luglio mette in chiaro che Tel Aviv non fermerà l'assalto a Gaza fino a quando non completerà la distruzione dei tunnel usati dai militanti di Hamas per gli attacchi oltre confine: “prima di tutto non ci sarà una tregua prima che avremo completato l'operazione dei tunnel, che consideriamo un obiettivo strategico. Secondo, non avverrà secondo le inaccettabili condizioni poste da Hamas”. L'obiettivo strategico sionista è quindi distruggere buona parte dei tunnel; quello immediatamente successivo è quello di colpire e terrorizzare la popolazione affinché tolga il sostegno alla Resistenza palestinese. Obiettivi che non ammettono tregue momentanee; alla fine dell'aggressione Tel Aviv vorrebbe tornare al punto di partenza, al ripristino dell'assedio al lager di Gaza dove sono imprigionati un milione e mezzo di palestinesi.
 
LA POSIZIONE DI HAMAS
Le condizioni di Hamas erano state spiegate il 16 luglio anche dal dirigente dell'organizzazione a Gaza Mushir Al Masri: “le premesse per una tregua per noi restano: la fine dell'assedio alla Striscia di Gaza, l'apertura dei valichi di frontiera, stop a ogni tipo di aggressione e il rilascio dei prigionieri arrestati in Cisgiordania". “La cosiddetta iniziativa di pace dell'Egitto per noi è inaccettabile. È stata solo un'abile operazione mediatica. E noi la respingiamo sia nello stile e che nei contenuti. Nello stile perché nessuno si è consultato con noi per definirne i termini. Nel contenuto perché è pensata per favorire Israele”, affermava Al Masri.
Una posizione condivisa da Yasser Abed Rabbo, segretario generale dell'Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp) diretta da Abu Mazen che da Ramallah approvava le richieste di Hamas. “Le richieste della resistenza sono anche le nostre”, affermava Rabbo, “se Gaza viene colpita lo sono tutti i palestinesi”. Al Cairo Abu Mazen si comportava diversamente.
Dall’inizio dell’offensiva e ancor di più con l'attacco via terra le truppe sioniste stanno compiendo un massacro dietro l’altro, colpendo indiscriminatamente e ininterrottamente quartieri residenziali, scuole, case, moschee. Al 22 luglio, il 16esimo giorno dell'aggressione sionista a Gaza, il bilancio secondo i dati dell'agenzia di stampa palestinese al-Ray è salito a quasi 600 morti e oltre 3.640 feriti palestinesi. L'organizzazione dell'Onu per l'infanzia, l'Unicef, ha denunciato che sotto le cannonate di Tel Aviv sono morti 121 bambini palestinesi, due terzi dei quali con meno di 12 anni; più di 900 i bambini feriti. Varie organizzazioni umanitarie hanno stimato che i civili sarebbero attorno all'80% delle vittime.
La resistenza palestinese si è fatta sentire al momento dell'aggressione via terra e secondo fonti dell'esercito di Tel Aviv i soldati rimasti uccisi nei combattimenti nella Striscia di Gaza sono 27. Una sproporzione evidente che da sola conferma che è la popolazione palestinese uno degli obiettivi degli attacchi sionisti. Come nel caso della strage del 20 luglio nella città di Gaza dove le bombe di aerei e carri armati sionisti hanno distrutto gran parte di un intero quartiere, Sajaya; 97 i palestinesi uccisi in un solo giorno, fra i quali 17 bambini e 14 donne, centinaia i feriti. In migliaia sono fuggiti dal quartiere e si sono aggiunti agli oltre 100 mila palestinesi sfollati che hanno cercato rifugio sotto la protezione dell'Unrwa, l'agenzia Onu dei rifugiati.
L'episodio ha svegliato dal torpore la Lega Araba, il cui segretario Nabil el-Araby ha condannato i "bombardamenti barbari" di Tel Aviv contro il quartiere di Sajaya, definiti un vero e proprio "crimine di guerra" contro i civili palestinesi e "un'escalation pericolosa" della situazione che lascia presagire "conseguenze nefaste".
 
L'ITALIA DI NAPOLITANO E RENZI CON NETANYAHU
Come sempre al fianco dei boia sionisti troviamo schierata l'Italia imperialista di Napolitano e Renzi corresponsabili del genocidio palestinese, in continuità con i precedenti governi e in particolare di quelli guidati da Berlusconi e Prodi che hanno stipulato e applicato accordi di cooperazione anche militare con Tel Aviv; l'arrivo degli aerei militari dall'Aermacchi, società della pubblica Finmeccanica, in coincidenza con l'attacco a Gaza è l'ultimo esempio. Mentre il ministro degli Esteri italiano, Federica Mogherini, si univa ancora una volta al coro imperialista per sostenere il 22 luglio che “con l'operazione di terra avviata a Gaza dall'esercito israeliano, in seguito al rifiuto di Hamas della proposta egiziana di cessate il fuoco, la situazione rischia di sfuggire da ogni controllo”. Non è il genocidio palestinese che la preoccupa ma il controllo, il mantenimento dell'occupazione sionista in Palestina.
Eppure il governo Renzi era stato direttamente chiamato in causa anche dal presidente dell’ong italiana Vento di Terra, che gestiva il Centro per l’infanzia di Um al Nasser ’La Terra dei Bambini’, una struttura formata da asilo, mensa e centro donne “rasi al suolo dai bulldozer israeliani”. “Ci sono delle regole dettate dalla Convenzione di Ginevra, dei doveri dell’esercito occupante”, denunciava presidente dell’ong e chiedeva che “visto che la struttura era stata finanziata dalla Cooperazione italiana chiediamo al nostro governo di chiedere conto alle autorità israeliane di quanto hanno fatto e che sia presentata anche una richiesta di un risarcimento“. Da Roma nessun riscontro.
Il 21 luglio interveniva anche il presidente americano Barack Obama per ribadire che gli Usa sono "preoccupati" per il crescente numero di vittime palestinesi a Gaza. Fino a quando i morti palestinesi erano “solo” poche centinaia non c'erano problemi. “Non vogliamo più vedere civili uccisi", esclamava, e forse pentito per essersi così esposto contro i sionisti ripeteva che “Israele ha diritto di difendersi dai missili e come risultato di questa operazione ha già danneggiato Hamas in modo significativo". Ora potrebbero smettere, sembrava supplicare l'ipocrita Obama ma se lo volesse veramente basterebbe magari che tagliasse almeno i rifornimenti militari americani a Tel Aviv.
Il 18 luglio una parlamentare israeliana definiva "terroristi" tutti i palestinesi e sottolineava che tutte le "madri palestinesi" dovevano essere uccise “in modo che non possano portare alla luce altri terroristi. Loro sono tutti nostri nemici ed il loro sangue deve essere versato sulle nostre mani. Ciò vale anche per le madri dei terroristi morti". Un invito esplicito al genocidio, se ce ne fosse stato bisogno, nei confronti dei palestinesi, considerati tutti nemici da eliminare. "Una donna israeliana ha detto che le madri palestinesi devono essere uccise. Questa donna è un membro del parlamento israeliano. Qual è la differenza tra questa mentalità e Hitler?", denunciava il premier turco, Recep Tayyip Erdogan che accusava: “Israele è uno Stato terrorista”. E criticava il silenzio dei governanti mondiali verso le atrocità commesse da Tel Aviv contro il popolo palestinese e, in particolare, nella Striscia di Gaza. Una denuncia importante, anche se va tenuto di conto che Erdogan fino a poco tempo fa era stretto alleato dei sionisti e cerca uno spazio in proprio per la Turchia nelle crisi mediorientali; col Qatar appoggiava il regime dei fratelli musulmani in Egitto e si è trovato scalzato dall'Arabia saudita che ha appoggiato il nuovo generale al comando al Cairo, al-Sisi, accusato da Ankara di essere un alleato di Israele.
Solidarietà alla "resistenza" a Gaza è stata espressa tra gli altri dal capo del movimento sciita libanese di Hezbollah, Hassan Nasrallah, che il 21 luglio si è detto sicuro della vittoria di Hamas contro le forze israeliane; in un comunicato diffuso dal movimento sciita si affermava che “Hezbollah e la resistenza libanese sono con ardore al fianco dell'Intifada e della resistenza del popolo palestinese e appoggiano la strategia di Hamas e le sue condizioni giuste per terminare il conflitto".
 
MANIFESTAZIONI NEL MONDO
Fra le tante manifestazioni di solidarietà col popolo palestinese che si sono svolte anche nella settimana dal 13 al 20 luglio in tutto il mondo ricordiamo quella in Argentina, a Buenos Aires, del 16 luglio quando migliaia di manifestanti marciavano verso l'Ambasciata di Israele al grido di "assassini, assassini"; i manifestati sventolavano numerose bandiere palestinesi e uno striscione che chiedeva la fine dei bombardamenti su Gaza e il rigetto degli accordi economici (TLC) del Mercosur con Israele. Un gruppo di giovani formava con delle lettere la frase "Sionisti assassini" mentre altri manifestanti reclamavano a gran voce che il governo argentino interrompesse le relazioni con Israele e issavano cartelli con la scritta "Israele mente", riferiti alla falsa informazione che il sionismo diffonde attraverso i complici media in tutto il mondo.
Le prime manifestazioni nel mondo contro l'attacco di terra a Gaza si svolgevano in Turchia il 18 luglio, a Istanbul e nella capitale, Ankara., dove circa 10 mila manifestanti assaltavano con lanci di pietre le sedi diplomatiche gridando “Israele assassino, fuori dalla Palestina”.
Il 20 luglio i palestinesi della Cisgiordania manifestavano a Ramallah e a Jenin contro “l’aggressione israeliana” sulla Striscia. Un presidio di solidarietà si svolgeva anche al Cairo dove i manifestanti si radunavano davanti la sede del sindacato della stampa e accusavano il presidente al-Sisi di proteggere soltanto gli “interessi di Israele”. Erano in trecento anche i manifestanti scesi in piazza a Tel Aviv per chiedere al governo Netanyahu di fermare l’operazione militare a Gaza. Altre manifestazioni si svolgevano a Londra, Bruxelles e a Ginevra davanti alla sede delle Nazioni Unite, in Francia a Parigi, Lille, Lione e Marsiglia.
Le proteste in Cisgiordania continuavano nei giorni successivi con scontri tutte le notti, in particolare a Ramallah dove un giovane palestinese era ucciso dall'esercito sionista.
Il 21 luglio nelle città arabe di Israele si svolgeva con alte adesioni uno sciopero di protesta contro l'aggressione a Gaza, su iniziativa dell'Alto Comitato di controllo arabo. Attività bloccate in molte città, da Nazareth a Umm al Fahm e Sakhnin, e in tante altre piccole comunità. Una manifestazione di protesta si teneva nel centro di Nazareth, un'altra nella città di Jaffa era interrotta dall’aggressione di gruppi sionisti, la teppaglia “civile” al servizio di Netanyahu.
 
MANIFESTAZIONI IN ITALIA
Fra le manifestazioni in Italia registriamo anche quelle in programma da Torino a Genova e Milano, a Bari. A Roma quella del 24 luglio promossa dalla Rete di Associazioni, Gruppi e Comitati di Roma in solidarietà con il Popolo Palestinese che chiede tra l'altro l'embargo militare su Israele e sanzioni ai paesi, in primis Stati Uniti ed Europa, che garantiscono ad Israele le forniture militari con cui commette i suoi crimini di guerra; il processo per crimini di guerra a Israele. L'appello a partecipare alla manifestazione afferma che “è certo che, senza pressione e isolamento, Israele continuerà con i massacri, l’occupazione militare e l’apartheid in Palestina. Per questo, riteniamo responsabili gli USA e l’Europa, compreso il Governo Italiano, che ne detiene la Presidenza, per l’impunità che continuano a garantire a questo stato canaglia. E riteniamo responsabile gran parte della stampa, completamente asservita alla propaganda sionista”. Il PMLI si è mobilitato e ha partecipato attivamente con volantini, cartelli e bandiere alle iniziative e alle manifestazioni di solidarietà col popolo palestinese a Biella, Firenze, Ischia, Fucecchio e Rufina.
“Un embargo militare totale e giuridicamente vincolante verso Israele, simile a quello imposto al Sud Africa durante l'apartheid” è chiesto anche da una lettera aperta di premi Nobel e intellettuali.

23 luglio 2014