Mao su Mao (Seconda parte)

Continuiamo la pubblicazione, iniziata sullo scorso numero de “Il Bolscevico”, di alcune citazioni autobiografiche di Mao in occasione del 38° Anniversario della sua scomparsa.
 
Sembrerebbe che ci consideriamo completi, sembrerebbe che siamo noi i padroni di casa e che abbiamo aiutato Marx, Engels, Lenin e Stalin a fare da ospiti. In realtà li abbiamo invitati non per fare da ospiti, ma per insegnarci.
(1949)
 
Per tutti i primi quattro mesi del 1927 ci fu una bella spolverata. Le cose erano più o meno simili a quelle dell'Indonesia di oggi. Su cinquantamila membri del Partito ne rimasero meno di diecimila: un po' come dire che, su dieci persone, ne erano rimaste solo due. Dov'erano andati a finire gli altri quarantamila? Alcuni erano stati uccisi, altri si erano arresi, moltissimi, terrorizzati, gettarono la spugna, non osarono più fare attività e lasciarono il Partito. Rimanevano appena in otto, novemila. Io non avevo alternative oltre che combattere. Prima non ero affatto pronto ad affrontare una battaglia: insegnavo a una scuola pimaria! Fu in quegli anni che fui costretto a darmi alla macchia ed imparare a combattere. Dopo dieci anni avevamo perso alcune battaglie, ma la maggior parte le avevamo vinte. Le forze armate erano cresciute a tre milioni di soldati, comprese le guerriglie preparate separatamente.
In quei dieci anni ci imbattemmo in tre linee opportuniste di “sinistra”. La prima era quella di Qu Qimbai, la seconda era quella di Li Lisan e Xiang Zhangha, la terza era quella di Wang Ming. E ciò non di meno sconfiggemmo la quinta campagna di accerchiamento! Allora ero stato allontanato alle forze armate. Una volta fui “espulso” dal Partito e per tre volte fui allontanato dall'esercito. In realtà ero stato espulso dall'Ufficio politico del Comitato centrale, ma correvano voci che fossi stato espulso dal Partito e fossi divenuto un socialdemocratico. Ero segretario del comitato territoriale speciale dei monti Jinggang, eppure non mi permettevano nemmeno di partecipare alle attività di cellula! Cercavano in tutti i modi di aggiustarmi come volevano loro, ma alla fine dissero che potevo fare il comandante di divisione. Le cose stanno così. Per mesi passai per democratico borghese. Successivamente fu fatta chiarezza: non ero stato espulso dal Partito, ne ero delegato e commissario politico. Era il 1928. Dicevano che avevo commesso tre errori: avevo ucciso troppo poche persone e avevo detto che il potere politico nasce dalla canna del fucile. Mandarono ovunque circolari dove si diceva che ero un opportunista di “sinistra”, perché non era possibile che il potere politico nasca dalla canna del fucile.
Numerose volte i compagni non mi capirono e mi allontanarono dall'esercito rosso. Andai così nel Fujian a fare del lavoro ordinario. Lì conobbi il compagno Lin Biao, che mi sostenne. Allora ero sotto il comando di Zhu De e le sue truppe mi sostennero. Anch'io avevo delle truppe durante l'Insurrezione del raccolto di autunno, eppure fui sollevato dal comando. Chi mi conosceva da tempo mi destituì e chi mi aveva appena conosciuto mi sostenne...
Molte volte hanno gridato: “Abbasso Mao Zedong”. La prima volta fu nel Jiangsci. Poi sconfiggemmo la prima, seconda, terza e quarta compagnia di accerchiamento e ancora dissero che avevo commesso errori e che ero un deviazionista di destra, che non capivo un'acca di marxismo-leninismo. Non dicevano che capivo poco, ma proprio che non capivo niente. Loro invece si credevano dei marxisti-leninisti al cento per cento. Dicevano che ero opportunista persino quando combattevo. Al contrario di me, dicevano che bisognava prendere le grandi città...
Devi fare attenzione (rivolgendosi a Ho Chi Minh, ndr) e analizzare chi ti augura lunga vita. Più ti adulano, meno sono affidabili. E' una legge naturale. Un partito immune alle deviazioni non potrebbe mai esistere. Tutto è conforme alla legge dell'uno che si divide in due. Questa non è una mia invenzione, bensì una scoperta di Lenin. Quale sarebbe la mia invenzione? Sta tutto scritto nei Quaderni filosofici di Lenin. Non è stato lui a enunciare i tre principi della dialettica: unità degli opposti, reciproca trasformazione qualitativa e negazione della negazione. Sono stati Marx ed Engels, e principalmente quest'ultimo, prendendo spunto da Hegel. Lenin non ha fatto che dire che l'unità degli opposti è il cuore della dialettica, ma questa era un'idea che andava spiegata e sviluppata, cosa che Lenin non ebbe il tempo di fare.
(Conversazione con Ho Chi Minh a Hungzhan – estratti, 10 giugno 1966, in Mao Zedong Wenge Tamuha Zhishi Huibian – Raccolta delle dichiarazioni e direttive di Mao Zedong nel corso della Rivoluzione Culturale)
 
 
Deng Xiaoping non mi viene mai a trovare, è dal 1959 che non mi consulta su nessuna questione. Alla conferenza di Lushan non ero per niente soddisfatto, solo loro potevano dire l'ultima parola, non c'era nulla che potessi farci. Nel '62 tutt'un tratto quattro viceprimi ministri Li Fuchun, Tau Zhenlui, Li Xiamian e Bo Yibo vennero a trovarmi a Nanchino, poi andarono a Tianjin, io diedi la mia approvazione ed i quattro tornarono ancora una volta, ma Deng Xiaping non venne mai. Non fui soddisfatto della Conferenza di Wuchang, ma non potevo fare nulla contro i pezzi grossi, così indissi una riunione a Pechino, ma benché voi vi foste riuniti per sei giorni, non mi permetteste di tenere la riunione per neanche un giorno. Non è importante se non riuscirò a completare quello che sto facendo, ma non ho intenzione di farmi trattare come un antenato defunto.
(Discorso alla riunione dell'Ufficio politico del CC del PCC dedicata all'esame dei rapporti di lavoro, 24 ottobre 1966, in Mao Zedong Sixiang Wansui -Viva il pensiero di Mao Zedong, vol. 1961-1968)
 
La nostra rivoluzione democratica borghese ha trionfato solo dopo ventotto anni. All'inizio tutti, me compreso, non sapevamo nemmeno come fare la rivoluzione. Dal 1921 al 1949 fanno ventotto anni. Noi stessi in quel periodo adottavamo il metodo di fare il bilancio dell'esperienza passo dopo passo, nel mezzo della pratica, per elaborare la via giusta da seguire. La rivoluzione democratica borghese è andata avanti per ventotto anni, mentre la rivoluzione socialista è in corso da diciassette anni. Questa rivoluzione culturale ha appena cinque mesi, quindi non si può pretendere che i compagni abbiano già capito tutto.
Dal lancio della critica a Wu Han nel novembre scorso molti compagni non hanno letto gli articoli in questione, né si sono dati un gran daffare per prendere in mano la situazione. Non parliamo neanche della rivoluzionarizzazione dell'opera di Pechino, della critica a La vita di Wu Xan , della critica al saggio su “Il sogno della camera rossa ” di Yu Pngho, della critica a Hu Shi e via discorrendo. In passato, mancava una comprensione completa su tutte queste cose. Per me, questa è una responsabilità che mi devo assumere io. Chi altri ha permesso che non padroneggiaste metodicamente queste questioni? Prendere tutti questi punti separatamente è come curare i sintomi ma non le cause: in questo modo non si può risolvere il problema.
Nei mesi precedenti questa Grande Rivoluzione Culturale, dal novembre di quest'anno, pur avendo scritto un sacco di articoli e pur avendo diramato una circolare il 16 maggio, non eravamo riusciti a sollevare un'attenzione poi tanto grande. Sono convinto che se non fosse stato per l'impeto dei manifesti murali a grandi caratteri e delle guardie rosse, voi avreste continuato a fare finta di niente. A giudicare dalle parole dei compagni, direi che la rivoluzione vi ha travolto. Se le cose stanno così, si faccia subito un bilancio dell'esperienza!
(Discorso alla conferenza di lavoro del CC del PCC, 25 ottobre 1966, in Mao Zedong Sixiang Wansui – Viva il pensiero di Mao Zedong), vol. 1961-1968)
 
 
Anch'io ho fatto degli errori. Possibile che siano solo gli altri a commettere errori? Anch'io ne ho commessi, in campo politico e militare (…). C'è chi blatera che io non avrei commesso il minimo errore. Non ci credo, né mi rallegra il fatto che ci sia chi dice così.
(Conversazione con Hysni Kapo e Beqir Balluku, 3 febbraio 1967)
 
Il giorno dopo che avevo scritto Il mio punto di vista , di buon mattino, il Primo ministro e il vecchio Kang andarono a farlo leggere a Lin Biao, che si pronunciò d'accordo. Il mio punto di vista non aveva un obiettivo strategico e lasciò da parte alcune questioni, principalmente quella del presidente. Quel quartier generale voleva eleggermi presidente della Repubblica, ma era una copertura: in realtà voleva che Liu diventasse presidente, che mi succedesse. C'era anche chi lo voleva in buona fede, a differenza di Lin Biao alcuni dicevano che la gente comune non avrebbe capito se non fossi diventato presidente, ma io replico: non sono più presidente da oltre dieci anni! E ciononostante, sono perfettamente in grado di confrontarmi con voi. Eleggermi presidente della Repubblica, farmi ricevere ogni giorno un ospite straniero, immergermi nelle cerimonie, dispensare credenziali, tutto questo era per anticipare il giorno in cui dovrò andare a conoscere chi governa il cielo. Confrontarci tutti insieme va già bene.
(Colloquio con i partecipanti alla riunione informativa sul caso Lin Biao per il territorio di Cheng du, 14 novembre 1971, in Mao Zedong Zhuan (biografia di Mao Zedong), vol. II, Centro di ricerca sulla letteratura di partito del CC del PCC, 1996)

10 settembre 2014