La Camera dimezza l'acquisto degli F35. Il governo contrario
La maggioranza governativa approva le mozioni di Forza Italia e NCD che mantengono il programma. SEL e 5 Stelle si astengono sul dimezzamento
L'acquisto dei caccia da guerra imperialista va azzerato
Il 24 settembre la Camera ha approvato una mozione presentata da alcuni deputati di PD, Scelta civica e altri gruppi centristi, primo firmatario il PD Gian Piero Scanu, coordinatore della commissione Difesa di Montecitorio, che impegna il governo a dimezzare la spesa per l'acquisto dei cacciabombardieri americani F35.
La mozione è il punto di arrivo del lungo contenzioso che da oltre un anno oppone parlamento e governo su a chi spetti decidere sulle spese per armamenti, con il parlamento che intende far valere l'art. 4 della legge 244/2012, che modificava il codice dell'ordinamento militare stabilendo il parere vincolante del parlamento sui programmi di armamento, e il governo, appoggiato da Napolitano, che è anche capo del Consiglio supremo di Difesa, che del tutto arbitrariamente rivendicano tale diritto esclusivamente all'esecutivo e assegnano al parlamento solo un parere consultivo.
Il contrasto si era acceso nel 2013 durante il governo Letta delle “larghe intese”, quando il problema delle mostruose spese stanziate per l'acquisto degli F35, circa 13 miliardi in 12 anni, è diventato intollerabile a fronte dei sempre più feroci tagli alla spesa sociale e assistenziale, tanto più che i costosissimi cacciabombardieri avevano cominciato a mostrare grossi difetti tecnici, tanto da spingere molti governi (e oggi perfino lo stesso Pentagono) a riconsiderare e ridimensionare i programmi di acquisto.
Invasione di campo golpista di Napolitano
Da questa stridente contraddizione, nel tentativo di calmare l'opinione pubblica e i dissensi interni al PD e guadagnare tempo, il 29 giugno 2013 era nata una mozione di PD e PDL, approvata dal parlamento, che impegnava il governo “relativamente al programma F-35, a non procedere a nessuna fase di ulteriore acquisizione senza che il parlamento si sia espresso nel merito, ai sensi della legge 244/2012”, rimandando ogni decisione ad un'indagine da parte della commissione Difesa. Ma solo l'idea che il parlamento rivendicasse il diritto di mettere becco sulle spese militari, e soprattutto in fatto di F35, aveva fatto saltare la mosca al naso al rinnegato Napolitano il quale, con un ennesimo golpe bianco presidenzialista, convocava immediatamente il Consiglio supremo di difesa e gli faceva approvare uno stizzoso comunicato nel quale, pur senza citare gli F35, sentenziava che “La facoltà del parlamento” riconosciuta dalla legge di riforma della Difesa, la n. 244/2012, “non può tradursi in un diritto di veto su decisioni operative e provvedimenti tecnici che, per loro natura, rientrano tra le responsabilità costituzionali dell'esecutivo”.
Il golpe istituzionale veniva poi confermato e ribadito dal nuovo Vittorio Emanuele III il 19 marzo 2014, a governo Renzi già insediato, con un'altra convocazione del Consiglio supremo di difesa che, senza neanche nominare il parlamento e la questione sempre più scottante degli F35, rinviava qualsiasi ipotesi di taglio delle spese militari quantomeno a fine anno, subordinando ogni decisione alla presentazione in parlamento di un “libro bianco” sul disegno complessivo della “riforma delle forze armate” da parte della ministra della Difesa Roberta Pinotti.
Ma nel Consiglio successivo del 18 giugno con Renzi, la Pinotti e i vertici militari, oltre a ribadire in pratica che le “linee guida” del “libro bianco” sono volte a definire il nuovo modello di difesa interventista, e che eventuali economie di spesa vanno inquadrate esclusivamente in tale ambito, e non certo per destinarle a fini sociali, Napolitano faceva anche mettere a verbale e sottolineare che: “Il ministro della Difesa invierà le linee guida ai presidenti delle Commissioni Esteri e Difesa dei due rami del parlamento, affinché ne possano venire valutazioni e suggerimenti utili alla definizione del Libro Bianco, di cui il governo si è assunto l'iniziativa e la responsabilità”. Ribadiva cioè che in ogni caso solo al governo spetta il diritto di decidere sulle spese e i programmi di armamento e che al parlamento è concesso al più di formulare “valutazioni e suggerimenti” non vincolanti.
Il programma F35 andrà avanti comunque
Alla luce di tutto ciò la mozione Scanu, passata anche grazie all'astensione di SEL e M5S, e che come recita impegna il governo “a riesaminare l'intero programma F35 per chiarirne criticità e costi con l'obiettivo finale di dimezzare il budget finanziario originariamente previsto”, rappresenta quindi uno smacco per il governo e Napolitano? Solo in una certa misura, perché se da una parte la mozione sembra rifiutare implicitamente il diktat del Quirinale al parlamento a limitarsi ad esprimere solo pareri non vincolanti sui programmi di armamenti militari, e chiede praticamente di ridurre da 90 a 45 il numero complessivo degli F35 da acquistare, è altrettanto vero che insieme a ciò accetta anche che il programma Joint strike fighter
vada avanti, sia pure ridimensionato, e che si spendano ben 6,5 miliardi (più un altro numero imprecisato di miliardi per l'esercizio e la manutenzione di questi aerei), mentre ai lavoratori e alle masse popolari si chiede di stringere sempre più la cinghia per “salvare” il Paese dalla catastrofe economica. Quest'altra faccia della medaglia è rafforzata oltretutto dalla bocciatura delle mozioni di SEL e M5S, che chiedevano entrambe la cancellazione dell'intero programma di acquisto dei sempre più discussi cacciabombardieri americani; bocciatura in cui sono stati decisivi i voti del PD, che ha votato contro la cancellazione insieme a Forza Italia, Lega e i gruppi centristi. Mentre invece SEL e Cinque stelle, astenendosi, non hanno avuto remore a far passare la mozione del PD che li aveva sgambettati.
Ma non è tutto. I parlamentari del PD hanno votato anche le mozioni del Nuovo centro destra e di Forza Italia, determinandone così l'approvazione accanto a quella Scanu, che ribadivano invece la sostanziale intangibilità del programma F35, salvo generici richiami a “contemperare le esigenze della difesa” con quelle del “contenimento della spesa pubblica” (FI), ad “accertare” la reale efficienza dei velivoli (NCD), e così via. Col risultato che tutte e tre le mozioni approvate non solo incoraggiano il governo a proseguire con l'acquisto degli F35, ma contraddicendosi a vicenda gli consentono sostanzialmente anche ampi margini di decisione circa la spesa e il numero di velivoli da acquistare.
Non dare tregua al governo Renzi sugli F35
Non per nulla alla fine, soddisfatto del bicchiere mezzo pieno, il sottosegretario alla Difesa, il generale Rossi, ha potuto dichiarare che “il parlamento ha di fatto dato il via libera al programma degli F35, indispensabile nel processo di ammodernamento dello strumento militare italiano”. E difatti stavolta il rinnegato Napolitano non ha giudicato necessario intervenire a gamba tesa come le altre volte. Comunque il pronunciamento del parlamento resta sulla carta almeno fino alla presentazione del “libro bianco” della Pinotti, la quale ha ribadito che “è su quella base che decideremo quali sono i rischi e le minacce e quindi cosa ci serve per il futuro”. Cioè deciderà comunque il governo, infischiandosene delle prese di posizione del parlamento.
Lo stesso Scanu, in un'intervista a il manifesto
trotzkista del 25 settembre, che molto aveva puntato sulla presunta volontà di Renzi e della Pinotti di ridurre gli F35, e che adesso è costretto invece a registrare che sono stati “dimezzati ma confermati”, ha fugato ogni dubbio sulle sue reali intenzioni, dichiarando: “la sostanziale differenza tra la nostra posizione e quella di SEL e Cinque stelle, due forze politiche che con grande onestà si sono astenute dando un contributo decisivo, è che noi del PD non volevamo uscire dal programma”.
Per noi invece gli antimperialisti, antimilitaristi e pacifisti non si possono certo accontentare del dimezzamento degli F35, ancorché del tutto teorico e contraddittorio chiesto dalla Camera, ma devono continuare a lottare e fare ancor più pressione sul parlamento e sul governo, affinché il programma di acquisto dei caccia da guerra imperialista sia completamente cancellato e quei soldi siano destinati alla spesa sociale.
1 ottobre 2014