Contro lo smantellamento del polo siderurgico
Gli operai Thyssen Krupp bloccano Terni
Il ricatto padronale prevede il licenziamento di 537 lavoratori, la chiusura di un forno e una riduzione dei costi di almeno 100 milioni
La CGIL accusa Renzi di subalternità alla Merkel
In risposta al provocatorio ricatto occupazionale lanciato il primo ottobre dalla multinazionale tedesca Thyssen Krupp che ha annunciato 537 licenziamenti e la disdetta degli accordi integrativi alle Acciaierie Speciali di Terni (AST), gli operai appoggiati da tutta la popolazione della provincia ternana si sono mobilitati e hanno indetto una serie di iniziative di lotta. A partire dal pomeriggio del 9 ottobre si è svolto lo sciopero di 24 ore indetto dall'Assemblea generale dei lavoratori. Tutta la città si è schierata al fianco dei lavoratori in lotta e ha preso parte al combattivo corteo e ai vari presidi organizzati sotto la prefettura, la sede del PD locale e sotto le finestre di Palazzo Spada, cuore della politica ternana. Il primo giorno di lotta è culminato con l'occupazione dei binari della stazione ferroviaria. Il transito dei treni è stato impedito per tutta la giornata e i binari sono stati liberati dai manifestanti solo all’ora di cena; ma gli operai sono determinati a non mollare la piazza e continuano la protesta alle portinerie dello stabilimento. Lo sciopero, avvertono, è solo il primo di una serie di mobilitazioni: “Fra gli obiettivi – sottolineano i vertici sindacali della Fiom – c’è quello di arrivare alla presidenza del consiglio, organizzare uno sciopero cittadino, e una iniziativa nazionale sulla siderurgia”.
Il ricatto padronale che prevede la chiusura definitiva di uno dei due forni, il taglio di almeno il 10% dei posti di lavoro un risparmio di circa 100 milioni da realizzare per intero sulla pelle dei lavoratori è stato annunciato subito dopo il fallimento della trattativa al ministero dello Sviluppo Economico con il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Graziano Delrio.
In ballo non c’è solo lo stabilimento, ma anche tutto l’indotto, visto che Thyssen Krupp ha già convocato le ditte appaltatrici per chiedere loro un taglio del 20% sui costi delle commesse. La mediazione del governo, che secondo la ministra Federica Guidi: “aveva profondamente cambiato il piano industriale di Ast” prevede clausole inaccettabili per i lavoratori e una totale capitolazione alle pretese padronali.
L'accordo capestro prevedeva che, in cambio di un ipotetico investimento di 110 milioni dell’azienda nei prossimi 4 anni e lo spostamento a Terni della linea di laminazione di Torino, venisse accettato un drastico taglio al salario aziendale per chi resta (valutato dai sindacati come la perdita secca di due buste paga l’anno), buste paga bloccate per tre anni, azzeramento della maggiorazione di turno e dell'indennità domenicale nella parte eccedente alla contrattazione nazionale e dulcis in fundo 290 licenziamenti da raggiungere incentivando le uscite volontarie ma, nel caso in cui non si arrivasse alla quota prefissata, con la possibilità di licenziare senza ulteriore trattativa.
Un ricatto in piena regola che di fatto dà mano libera alla Thyssen di licenziare a proprio piacimento e che giustamente è stato bocciato all'unanimità da Fiom, Fim, Uilm, Ugl e Fismic in quanto, sintetizzano in una nota i sindacati di categoria: “Nel testo proposto dal governo non sono state accolte le nostre richieste, in particolare sul costo del lavoro e sul numero degli esuberi. Inaccettabile la clausola che prevede già da ora il licenziamento dell’eventuale residuo esubero dopo i 24 mesi di Cigs. E anche sui volumi produttivi e gli investimenti si è continuato a far riferimento al piano del 17 luglio, che lo stesso governo aveva ritenuto non condivisibile”.
Critica anche la Cgil che in merito alla presunta “mediazione del governo” parla di: “Una protervia mai vista prima, come quella dimostrata da Thyssen Krupp, che ha impedito la ricerca di ogni soluzione. D’altra parte, l’assenza nella proposta del governo di qualsiasi misura di politica industriale, a partire dalla riduzione dei costi dell’energia, che aiutasse a sbloccare la situazione, ha reso sterile la mediazione e ha portato all’inevitabile fallimento”. Mentre Maurizio Landini, leader dei metalmeccanici della Fiom annuncia “forme di lotta radicale come ad esempio l’occupazione della fabbrica”.
Sprezzante e provocatorio, soprattutto nei confronti dei lavoratori in lotta, la replica del premier in camicia nera Renzi che ancora una volta si schiera al fianco dei padroni e attacca visceralmente i sindacati rei di aver fatto fallire le trattative e se la prende coi lavoratori accusandoli di: “voler occupare le fabbriche, mentre noi vogliamo aprirle... Ci sono tre mesi davanti per discutere. Le parti sono ancora troppo lontane ma continuiamo a lavorarci con Delrio e Guidi”.
Entro il 15 ottobre Cgil, Cisl e Uil proclameranno lo sciopero cittadino. Lo stesso che un anno fa aveva visto scendere in piazza circa ventimila persone e che era finito con le violente cariche della polizia contro il corteo dei lavortori. Fiom, Fim e Uilm, invece, hanno già promosso una manifestazione della siderurgia a Roma che si terrà nei prossimi giorni.
15 ottobre 2014