Legge di stabilità 2015 da 36 miliardi. Realizzato il “sogno” di Squinzi
7,5 miliardi di tasse in meno ai padroni. Le masse pagheranno i 15 miliardi di tagli
La scure su comuni, province e regioni, privatizzazioni, più tasse ai fondi pensione. Colpo mortale alla sanità
Renzi va spazzato via
Una manovra da 36 miliardi, che ne regala quasi 8 di sgravi fiscali ai padroni mentre il conto lo pagheranno interamente i lavoratori, i pensionati e le masse popolari per ben 15 miliardi, attraverso tagli lineari alla spesa di tutti i ministeri e di regioni, province e comuni, con il blocco dei contratti del pubblico impiego, il prelievo dai fondi pensione e le privatizzazioni dei servizi. E senza neanche un euro di investimenti pubblici per sostenere l'occupazione e il Mezzogiorno: è questo il vero contenuto della Legge di stabilità per il 2015 che Renzi, con al fianco il ministro dell'Economia Padoan, ha presentato alla fine del Consiglio dei ministri del 15 ottobre, dopo averla già annunciata un paio di giorni prima all'assemblea della Confindustria di Bergamo, accolto non per nulla da una vera ovazione degli industriali a cui era andato a portare anche il trofeo della fresca abolizione dell'articolo 18 col voto di fiducia in Senato.
Una “manovra di sinistra”?
“La più grande operazione di taglio di tasse tentata in Italia”, e “una spending review mai vista”, si era vantato con loro il premier annunciando 18 miliardi di tagli alle tasse e 15 miliardi di tagli alla spesa pubblica: calcolo che ha fatto mettendo i 10 miliardi della conferma del bonus fiscale di 80 euro anche per il 2015 insieme ai quasi 8 miliardi di sgravi fiscali alle imprese, derivanti dal taglio dell'Irap per 5 miliardi, dalla cancellazione per tre anni dei contributi a chi assume col nuovo contratto a tempo indeterminato senza articolo 18, per altri 1,9 miliardi, e da 800 milioni per la forfettizzazione dell'Iva alle imprese minori. E aveva avuto persino la faccia tosta di chiamarla “una manovra di sinistra”, per la quale “i sindacati mi dovrebbero ringraziare”! Subito smascherato però dal “Giornale” di Berlusconi, che titolava “Renzi fa una cosa di destra, finalmente meno tasse”. A ringraziarlo ci ha pensato comunque il presidente di Confindustria Squinzi, che non a caso aveva così accolto il bel regalo del premier: “Quando il presidente del Consiglio ha annunciato le misure per la legge di stabilità onestamente ho sentito che si realizzava quasi un nostro sogno”.
Renzi non vuol sporcarsi le mani
Squinzi ha buone ragioni per gioire, visto che la manovra uscita dal Consiglio dei ministri, nel frattempo cresciuta da 30 a 36 miliardi, prevede come abbiamo già detto che a pagare il conto di questo bel regalo siano unicamente i lavoratori e le masse popolari. E attraverso un meccanismo particolarmente sporco e ipocrita, perché Renzi evita di impugnare personalmente la scure, ma la consegna ai suoi ministri e ai presidenti di regioni e province e ai sindaci dei comuni, che dovranno farlo per lui. Lui si limita a fissare le entità dei tagli che dovranno realizzare: 4 miliardi dai ministeri e dagli acquisti della pubblica amministrazione, 4 miliardi dalle regioni, 1,2 miliardi dai comuni e un altro miliardo dalle province, ancorché in via di abolizione.
Come, dove e quanto affondare la scure sono affari loro, per Renzi, che però non vuol sentir parlare di taglio dei servizi o di aumento delle tasse locali per coprire i mancati trasferimenti, che per regioni ed enti locali già ammontavano a una ventina di miliardi dal 2011, a cui si andrebbero ad aggiungere altri 6,5 con questa legge finanziaria. Demagogicamente il nuovo Berlusconi chiede loro di trovarli tagliando gli “sprechi”, e al bastone alterna la carota promettendo ai comuni l'allentamento del patto di stabilità per 1 miliardo, ma sa benissimo che l'80% della spesa di regioni ed enti locali è assorbita dalla sanità, un altro 10% dai trasporti pubblici regionali e locali, e il resto da scuole, asili nido, mense e riscaldamento scolastici, manutenzione stradale, servizi sociali e assistenziali ecc., e che non è possibile “risparmiare” una tale quantità di miliardi senza incidere per forza nella carne viva dei lavoratori, dei pensionati e delle masse popolari.
Quanto ai tagli lineari ai ministeri, anche questi saranno pagati comunque dalle masse, specie considerando che oltre al blocco di un altro anno dei contratti dei lavoratori pubblici già bloccati dal 2009, a contribuire di più dovranno essere il ministero dell'Istruzione, con 1 miliardo di tagli ripartiti tra scuola, università e ricerca, tagliando anche i fondi per la stabilizzazione dei precari, e il ministero del Lavoro, che dovrà contribuire con un altro miliardo e mezzo. Alla Difesa toccheranno invece solo 500 milioni e agli Interni 200, ma per sbloccare gli scatti di stipendio delle “forze dell'ordine” che minacciavano agitazioni il governo ha trovato subito 1 miliardo, mentre taglia 35 milioni alla Salute e 20 milioni all'Ambiente dal fondo per i cambiamenti climatici. C'è poi un'altra stangata sulla Rai, dopo il taglio di 150 milioni dal bilancio che ha costretto l'ente pubblico a mettere sul mercato la rete dei ripetitori facendo anche un bel regalo a Mediaset, con l'arrivo di un prelievo strutturale (cioè permanente) del 5% sugli abbonamenti, per un valore di circa 80 milioni annui.
Colpo mortale alla sanità
Ma sicuramente a essere colpita mortalmente sarà soprattutto la sanità, già ridotta allo stremo dai continui tagli di posti letto, personale e attrezzature, di questi ultimi anni. Tra l'altro anche la riduzione dell'Irap, che è una tassa regionale, e che al 99% viene utilizzata dalle regioni per finanziare la sanità, aggraverà ulteriormente la situazione, facendo mancare altri 450 milioni secondo i loro calcoli. Persino un renziano doc come il governatore del Piemonte e presidente della Conferenza delle Regioni, Chiamparino, ha dovuto protestare col governo per i “tagli insostenibili, a meno di non incidere – ha avvertito - sulla spesa sanitaria o di compensare con nuove entrate”. Il governatore del Lazio, Zingaretti, ha aggiunto che “è facile abbassare le tasse con i soldi degli altri”, mentre il leghista Maroni ha ventilato la chiusura di 10 ospedali in Lombardia e il suo compare del Veneto, Zaia, ha minacciato di ricorrere alla Corte costituzionale. Proteste che però Renzi ha rintuzzato a muso duro con la solita minaccia di aizzare l'opinione pubblica giocando sugli scandali e le ruberie che hanno visto particolarmente coinvolte le Regioni, attaccandole in questo modo dalla tribuna del Tg1: “Qualcosa da farsi perdonare ce l'hanno, facciano la loro parte. Sono trent'anni che i sacrifici li fanno solo le famiglie. Ora è bene che li facciano altri, a cominciare dai ministeri e dalle regioni”.
Detto da uno che è sotto inchiesta della magistratura contabile per le spese di “rappresentanza” per diversi milioni di euro in 5 anni, tra cene di lusso e viaggi all'estero quando era presidente della Provincia di Firenze, che vuol abolire i senatori sostituendoli con consiglieri regionali e che nel suo governo ne ha portati ben quattro inquisiti, è veramente il colmo dell'impudenza! A dargli manforte per zittire le proteste è intervenuto a gamba tesa anche Napolitano, sentenziando che “nella Legge di stabilità ci sono misure importanti per la crescita, sia direttamente per quel che riguarda le politiche di investimenti, sia indirettamente per quello che riguarda la riduzione della pressione fiscale”.
Renzi e Napolitano zittiscono le proteste
Comunque la tattica provocatoria e strafottente di Renzi coperta dal Quirinale e dalla stragrande maggioranza dei mass media di regime ha funzionato, visto che Chiamparino è venuto subito a più miti consigli (“non siamo Masanielli”, si è affrettato a dichiarare), chiedendo anche un incontro con Renzi per trattare uno “sconto” sui tagli a “saldi invariati”: per esempio spostando una parte dei tagli sui ministeri, proponendo di rinunciare ai 2 miliardi di innalzamento del Fondo sanitario già approvati per il 2015, e così via. Il che non cambierebbe un bel nulla, perché sempre di soldi sottratti alla salute delle masse si tratta. E c'è perfino chi, come il governatore della Toscana Rossi che, in evidente ansia di riposizionamento politico sul carro del vincitore, invece di protestare per i 400 milioni di tagli che toccherebbero alla sua amministrazione, ha subito proposto di applicare un nuovo ticket sugli interventi chirurgici in proporzione al reddito dei pazienti operati. Ciò che costituirebbe un altro grave precedente verso l'abolizione del servizio sanitario universale pubblico!
Le nuove tasse ci sono, ma per i lavoratori e i pensionati
E non è affatto vero che in questa finanziaria non c'è, come si vanta Renzi, “nemmeno un euro di nuove tasse”, almeno non per quanto riguarda i lavoratori. Analizzando infatti il quadro delle entrate e uscite fornite dalle pedantesche “slide” di Renzi in conferenza stampa (mentre scriviamo non è ancora stato pubblicato il testo definitivo della legge e Napolitano non l'ha ancora firmata), oltre ai 15 miliardi della spending review, ci sono 11 miliardi realizzati col giochetto dello spostamento del pareggio di bilancio al 2017 e l'aumento del deficit fino al 2,9% per quest'anno. Che però non vale per i comuni, che il pareggio devono realizzarlo entro il 2015, e comunque non è ancor detto che la Commissione europea lo approvi, tanto che si ventila una richiesta di “correzione” per 8 miliardi in più di tagli. Chi li pagherà? Facile intuirlo.
Oltre poi ai 3,8 miliardi del tutto virtuali (e comunque risibili) contabilizzati alla voce “lotta all'evasione”, al miliardo di tassa sulle slot machine e qualcos'altro, tra le entrate ci sono anche 3,6 miliardi di nuove tasse sulle “rendite finanziarie”. Tra le quali, però, spunta anche un aumento dall'11,5% al 20% della tassazione sui fondi pensione dei lavoratori: vanificando e forse invertendo addirittura il già dubbio rendimento delle pensioni integrative, dopo aver indotto i lavoratori a investirci il proprio Tfr. Dalle ultime notizie emergerebbe addirittura una clausola per posticipare il pagamento delle pensioni dal 1° al 10 del mese, una misura che come denunciano i sindacati dei pensionati rappresenta un “vero e proprio accanimento nei confronti degli anziani”.
Inoltre altre tasse potrebbero venire anche dall'inserimento del Tfr in busta paga su base volontaria, che Renzi vuole a tutti i costi in via sperimentale per tre anni per spingere i consumi interni dopo il flop degli 80 euro, soldi che alzando le aliquote verrebbero tassati più pesantemente rispetto alla tassazione agevolata della liquidazione presa alla fine o impiegata per la pensione integrativa. Senza contare poi la “clausola di salvaguardia” inserita nella manovra a guardia dei tagli di spesa, che se non producessero le entrate previste, comprese quelle della “lotta all'evasione”, dal 2016 farebbe scattare aumenti per decine di miliardi delle aliquote Iva e delle accise sulla benzina, riduzione o cancellazione di detrazioni fiscali Irpef e quant'altro il governo ritenga necessario per pareggiare i conti e/o per far fronte ad eventuali imposizioni europee.
Demagogia elettoralistica su occupazione e famiglie
Quanto allo strombazzato impulso all'occupazione che questa legge dovrebbe imprimere, con il taglio dell'Irap alle imprese e la cancellazione dei contributi per tre anni ai neo assunti a tempo indeterminato con libertà di licenziamento (e appena un miliardo e mezzo per gli ammortizzatori sociali per chi perde il lavoro), e con il ministro Padoan che è andato in Rai ad annunciare la creazione di 800 mila nuovi posti di lavoro, si tratta di una bufala elettoralistica copiata pari pari da quella famigerata del milione di posti di lavoro promessi da Berlusconi. Almeno pari, per sporca demagogia e calcolo propagandistico, a quella che Renzi è andato a lanciare in contemporanea sulla rete ammiraglia di proprietà del delinquente di Arcore, annunciando di destinare 500 milioni per elargire 80 euro al mese per tre anni alle mamme che fanno un figlio, dopo avere tagliato però gli asili nido e la sanità.
“Caro imprenditore, assumi a tempo indeterminato? Ti tolgo l'articolo 18, i contributi e la componente lavoro dell'Irap. Mamma mia, cosa vuoi di più?”, ha gigioneggiato Renzi in conferenza stampa. Ma le imprese assumono solo se hanno ordinativi, e se hanno ordinativi vuol dire che vanno bene e fanno profitti, per cui gli sconti Irap e contributivi rappresentano un regalo pagato dalla collettività per assunzioni che sarebbero state fatte comunque. Oppure un incentivo a licenziare personale con gli attuali contratti e a riassumerne coi nuovi contratti agevolati e precari. Riservandosi poi di licenziare il nuovo personale prima dello scadere dei tre anni pagando solo un indennizzo economico. Invece per le imprese che sono in crisi per mancanza di ordini o di capitali da investire non ci sono incentivi che tengano per spingerle ad assumere nuovo personale.
Lo stesso governo ammette tra i denti che tra sconto Irap e bonus fiscale di 80 euro, pari a 14 miliardi, si aspetta una crescita addizionale del Pil di appena lo 0,2%, segno evidente che non crede neanche lui all'effetto miracolistico di queste misure sui consumi e sugli investimenti privati. Mentre, come sottolinea la CGIL, questi soldi potevano essere spesi in investimenti pubblici, che nella Legge di stabilità vengono invece ridotti insieme alla spesa, puntando in “una non scontata ripresa degli investimenti privati”.
Questa Legge di stabilità tra le più liberiste, filopadronali e antipopolari degli ultimi anni non si può “migliorare”, ma va solo affossata con la lotta di massa, nelle fabbriche, nelle piazze, nelle scuole, nelle università e in tutti i luoghi di lavoro. A cominciare dalla manifestazione del 25 ottobre a Roma, che già si annuncia imponente e fortemente combattiva contro il governo e Renzi, oltre le intenzioni degli stessi vertici di Cgil e Fiom. Ma che deve essere seguita al più presto da uno sciopero generale nazionale di 8 ore, per far abbassare la cresta al nuovo Berlusconi e cacciarlo da Palazzo Chigi. Fermo restando che per cambiare veramente l'Italia ci vuole il socialismo e il potere al proletariato, che gli spetta di diritto perché è la classe che crea tutta la ricchezza del Paese.
22 ottobre 2014