Pubblicati da WikiLeaks parte dei contenuti dell’”Accordo di scambio sui servizi” voluto da lobby e multinazionali
No a Tisa, l'accordo segreto per il liberismo selvaggio nei servizi
Lo stanno trattando nella massima segretezza gli USA , l’UE e altri 21 paesi. Nel mirino servizi finanziari, sanità, istruzione, trasporti, acqua, dati personali
Si chiama TISA, acronimo di “Trade in services agreement”, ovvero “Accordo di scambio sui servizi”. Un vero e proprio trattato che non riguarda le merci, ma i servizi, il cuore dell’economia capitalista. Gli interessi in gioco sono enormi, basti pensare che il settore dei servizi è il più grande per posti di lavoro nel mondo e produce il 70% del prodotto interno lordo globale. Solo negli Stati Uniti rappresenta il 75% dell’economia e genera l’80% dei posti di lavoro del settore privato. Siamo dunque di fronte ad un futuro trattato internazionale che avrebbe conseguenze negative e devastanti per miliardi di persone nel mondo, compresi i lavoratori e le masse popolari italiane visto che il governo Renzi come gli altri 27 membri dell’Unione europea hanno dato mandato alla Commissione Ue di trattare in loro nome, privatizzando ancora di più i servizi fondamentali su pressione delle grandi lobby e multinazionali che ne sono i veri artefici. Tra le più aggressive c’è la “Coalition of Service Industries” (CSI), lobby americana, a cui aderiscono colossi come Aig Assicurazioni, Microsoft, Oracle, Walmart, Google, Walt Disney, che porta avanti un’agenda di privatizzazione dei servizi, dove Stati e governi sono pubblicamente visti come un intralcio al business selvaggio: “Dobbiamo supportare la capacità delle aziende di competere in modo giusto e secondo fattori basati sul mercato, non sui governi”, scrive la CSI nei suoi comunicati a favore del Tisa. Documenti che sono tra i pochissimi disponibili per avere un’idea delle manovre in corso.
Ufficialmente dal marzo 2013 a sedere al tavolo delle trattative del TISA sono i paesi che hanno i mercati del settore servizi più grandi del mondo: Stati Uniti, i 28 paesi dell’Unione europea, Australia, Nuova Zelanda, Canada, più Svizzera, Islanda, Norvegia, Liechtenstein, Israele, Turchia, Taiwan, Hong Kong, Corea del Sud, Giappone, Pakistan, Panama, Perù, Paraguay, Cile, Colombia, Messico e Costarica. E per la prima volta dall’inizio delle trattative l’organizzazione internazionale no profit WikiLeaks ha reso pubblico il 19 giugno un documento risalente all’aprile scorso sulle negoziazioni in corso sui servizi bancari, prodotti finanziari, assicurazioni, concedendo l’esclusiva ad alcune note testate di vari paesi tra cui il settimanale “L’Espresso”. Di esso colpisce l’aspetto della totale segretezza con cui i partecipanti vogliono allontanare i pericoli che hanno accompagnato il “Doha Round”, la serie di negoziati iniziati a Doha nel Qatar nel 2001, condotti all’interno dell’Organizzazione mondiale del commercio (Wto), per la globalizzazione e la liberalizzazione dell’economia capitalista, che ha scatenato proteste di piazza massicce in tutto il mondo e che è fallito nel 2011, dopo dieci anni di scontri interimperialistici tra Stati Uniti, Unione europea e Giappone da un lato e i paesi emergenti quali Cina, India e dell’America Latina dall’altro. Ecco perché i testi sono blindati, ovvero “protetti da ogni divulgazione non autorizzata” e memorizzati in un sistema informatico esso stesso classificato e mantenuto “in un edificio o in un luogo chiuso” sotto stretta sorveglianza. L’obiettivo dichiarato è che nulla deve trasparire sul contenuto di questi negoziati “fino a cinque anni dopo la conclusione dell’accordo” o dalla fine dei negoziati se questi non saranno conclusi.
Cosa preveda il TISA nella sua globalità non è ancora dato sapere, ma il testo sui servizi finanziari pubblicato da WikiLeaks rivela già un’impronta chiarissima. Come ha spiegato Jane Kelsey, professoressa di legge dell’Università di Auckland, Nuova Zelanda, a “L’Espresso”, “Il più grande pericolo del TISA è che fermerà i tentativi di alcuni governi di rafforzare le regole nel settore finanziario”, quelle regole disconosciute e che hanno dato il là alla più grande crisi del capitalismo tuttora in atto. “Un esempio di quello che emerge da questa bozza filtrata all’esterno - ha continuato la Kelsey - dimostra che i governi che aderiranno al TISA rimarranno vincolati ed amplieranno i loro attuali livelli di deregolamentazione della finanza e delle liberalizzazioni, perderanno il diritto di conservare i dati finanziari sul loro territorio, si troveranno sotto pressione affinché approvino prodotti finanziari potenzialmente tossici e si troveranno ad affrontare azioni legali se prenderanno misure precauzionali per prevenire altre crisi”.
In definitiva gli Stati firmatari del TISA non saranno quasi mai autorizzati ad approvare leggi che possano limitare le transazioni finanziarie transfrontaliere, ma anche andando oltre in nome della libera concorrenza gli Stati non dovranno avere più il monopolio in materia di “fondi pensione”, porta aperta quindi allo smantellamento dei sistemi pubblici di sicurezza sociale, così come “l’assicurazione per calamità naturali” non dovrà più operare sotto il controllo pubblico. Oppure come le aziende Internet statunitensi stanno spingendo per abolire la privacy a favore di una deregulation che permetta il trasferimento di dati personali e finanziari dei loro clienti senza un vero controllo.
Le linee guida del testo segreto stabiliscono in maniera perentoria che le società straniere non possono essere vittime di un trattamento “discriminatorio”, esse cioè devono avere accesso al mercato dei paesi firmatari esattamente nelle stesse condizioni delle imprese locali, che forniscano o meno un servizio pubblico alla popolazione. Così un gigante della fornitura d’acqua o gas, come le francesi Veolia o GDF Suez, non avranno solo il diritto di stabilirsi in mercati terzi, ma potrebbero anche far valere una clausola in relazione alla concorrenza per esigere di beneficiarsi di sovvenzioni di un importo pari a quello versato dallo Stato per il servizio pubblico d’acqua o di energia. Allo stesso tempo il ritorno ad una nazionalizzazione di un servizio pubblico privatizzato, anche in maniera parziale, sarebbe assolutamente vietato agli Stati firmatari in nome delle garanzie fornite agli investitori, al fine di promuovere la “fluidità degli scambi”. Impossibile dunque una rimunicipalizzazione dell’acqua. E poi ancora istruzione, sanità, trasporti, nulla sfuggirà all’appetito privato. Persino il settore militare che “sempre più fa ricorso al privato”.
Anche per la sindacalista italiana Rosa Pavanelli, alla guida di “Public Services International”, una federazione internazionale di sindacati, ben 669, che rappresentano 20 milioni di lavoratori nei servizi pubblici di 150 paesi del mondo, non ci sono dubbi: “Crediamo - ha affermato - che questo affare serve a trasferire i servizi pubblici nelle mani di compagnie private straniere, motivate solo dal profitto. Ciò indebolirà i diritti dei popoli, e metterà in discussione l’accesso abbordabile ai servizi pubblici vitali come l’assistenza sanitaria, l’acqua, l’energia, l’istruzione e le pensioni, l’uso dei beni comuni e delle risorse naturali. Se i governi sono così sicuri di essere al lavoro per gli interessi dei popoli che rappresentano, perché continuano a condurre queste trattative segrete e non democratiche? Questo affare è sporco - ha concluso la Pavanelli - in così tanti aspetti. E’ inaccettabile che i nostri governi ci escludano dalla direzione su leggi e politiche che avranno conseguenze sulla giustizia sociale ed economica, l’uguaglianza e le condizioni di vita di miliardi di persone”.
Insomma c’è più di un motivo per opporsi radicalmente al TISA, auspicando la crescita di un grande fronte unito a livello internazionale nonché a livello nazionale per costringere il governo del Berlusconi democristiano Renzi a ritirarsi dalle trattative.
22 ottobre 2014