1917 - 7 Novembre - 2014 97° Anniversario della Grande rivoluzione socialista d'Ottobre
Seguiamo la via dell'Ottobre per l'Italia unita, rossa e socialista
Per celebrare il 97° Anniversario della Rivoluzione d'Ottobre, abbiamo scelto di pubblicare l'attualissimo articolo
Gli insegnamenti della rivoluzione, scritto da Lenin nel 1910, nel quinto anniversario della prima rivoluzione russa democratica e antizarista del 1905 e ad appena sette anni dalla Grande rivoluzione socialista d'Ottobre che non solo spazzò via la sanguinaria autocrazia zarista ma aprì una nuova epoca della storia del mondo, quella del socialismo, la società che ha per padrone non le vecchie classi sfruttatrici come la borghesia ma il proletariato, la classe più rivoluzionaria apparsa nella storia, quella che, come spiega il Segretario generale del PMLI Giovanni Scuderi, “produce l'intera ricchezza del Paese ed è l'unica classe capace di sradicare lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo e le cause economiche che generano le classi, le guerre imperialistiche, le ingiustizie sociali, la disoccupazione, la miseria, il razzismo e la disparità territoriale e di sesso; capace anche di sradicare la cultura e la moralità borghesi fondate sull'individualismo, l'egoismo, l'arrivismo, l'arricchimento personale, il predominio dell'uomo sulla donna, la sopraffazione del più forte sul più debole, la corruzione.”
Checché ne dicano i becchini reazionari, che avevano sentenziato la morte del comunismo ancor prima che esso sortisse dalla culla e oggi per bocca di Renzi e dei suoi accoliti ripetono il ritornello della fine delle ideologie otto-novecentesche (salvo poi confermarsi gli eredi in chiave moderna e tecnologica del novecentesco fascismo mussoliniano), ogni volta che leggiamo le opere dei 5 Maestri del proletariato internazionale non possiamo non rimanere impressionati dall'attualità delle loro parole. Parole e giudizi che nel caso di Lenin si riferiscono ad avvenimenti di oltre cento anni fa e lontani centinaia se non migliaia di chilometri rispetto a noi, eppure sembra che siano rivolti a noi e alla situazione in cui si trova oggi e si è trovata in questi anni la classe operaia italiana.
Lenin sa magistralmente trarre dall'esperienza della rivoluzione del 1905 quei preziosi insegnamenti che poi risulteranno decisivi per condurre alla vittoria la rivoluzione russa. Li porta a sintesi e li offre al proletariato e al partito bolscevico perché facciano tesoro delle vittorie e delle sconfitte, diventino più esperti e imparino dalla rivoluzione facendola. Si tratta di insegnamenti universali che valgono ovunque, in Russia come in Italia, in paesi più o meno avanzati economicamente.
Anche in Italia come nella Russia zarista l'arretramento della lotta di classe ha portato alla progressiva cancellazione di ogni conquista operaia in ogni campo, politico e sociale, economico e sindacale. Un arretramento conseguente al tradimento, là, dei liberali e, qui, dei rinnegati dirigenti revisionisti del PCI e dei loro eredi. Senza lotta di classe, senza lotta rivoluzionaria, il proletariato e le masse popolari non contano niente, sono condannati alla subalternità nei confronti delle classi sfruttatrici e destinati alla sconfitta e all'arretramento persino rispetto alle più elementari conquiste democratiche e normative strappate con tanti sacrifici e lotte. E quelle concessioni che, nel timore di essere rovesciata dal potere, la borghesia fu costretta a fare davanti all'assalto della lotta di classe durato un decennio nella Grande Rivolta del Sessantotto, sono state cancellate a una a una. Non è bastato allora scalfire e far traballare la dittatura della borghesia. Senza distruggere il capitalismo il proletariato e le masse popolari finiranno sempre per trovarsi con un pugno di mosche in mano.
Anche in Italia è stato il proletariato a rappresentare tradizionalmente la classe dirigente e trainante, la più combattiva, numerosa e determinata in ogni passaggio cruciale della lotta di classe, com'è accaduto il 25 ottobre nella grandiosa manifestazione promossa dalla Cgil a Roma che ha visto un milione di partecipanti sferrare un potente pugno rosso a Renzi. E' tempo che il proletariato italiano si riappropri della sua missione storica di classe antagonista della borghesia e artefice della conquista del socialismo, non si limiti a mendicare concessioni riformiste e il mitigamento della schiavitù salariata ma rivendichi la conquista del potere politico. Come spiega Scuderi: “Questo diritto il proletariato lo deve rivendicare con forza e imporlo con la rivoluzione armata quando avrà creato le condizioni per estromettere dal potere l'ultima classe sfruttatrice e oppressiva della storia, la borghesia, che sbarra la strada all'emancipazione del proletariato e di tutta l'umanità.
Ma non ce la potrà mai fare se non acquisisce la sua propria cultura, il marxismo-leninismo-pensiero di Mao, e non dà tutta la sua forza materiale e intellettuale al suo Partito, il PMLI.”
Il proletariato russo vinse grazie al partito bolscevico di Lenin e Stalin. Se anche il proletariato italiano vuole cominciare a vincere nelle sue battaglie quotidiane per il lavoro e per il salario e nella guerra generale contro la borghesia e il capitalismo deve avere fiducia nel marxismo-leninismo-pensiero di Mao e dare tutte sue straordinarie energie al PMLI.
Facciamo nostri gli immortali insegnamenti di Lenin e facciamoli vivere nella rivoluzione socialista italiana.
Seguiamo la via dell'Ottobre per l'Italia unita, rossa e socialista.
Lenin: Gli insegnamenti della rivoluzione
Cinque anni sono trascorsi dal momento in cui, nell'ottobre 1905, la classe operaia russa diede il primo possente colpo all'autocrazia zarista. In queste grandi giornate il proletariato trascinò nella lotta contro i loro oppressori milioni di lavoratori. Nel 1905 esso si conquistò in qualche mese i miglioramenti che gli operai avevano atteso invano dalle "autorità" per decine di anni. Conquistò per tutto il popolo russo, sia pure per un breve periodo, la libertà di stampa, di riunione e di associazione, cosa che la Russia mai aveva conosciuto. Spazzò dal suo cammino l'artefatta Duma di Bulyghin, strappò allo zar il manifesto sulla Costituzione e rese impossibile" una volta per sempre, il governo del paese senza istituti rappresentativi.
Ma le grandiose vittorie del proletariato si dimostrarono mezze vittorie, poiché il potere zarista non era stato rovesciato. L'insurrezione di dicembre terminò con una sconfitta, e l'autocrazia zarista tolse alla classe operaia, a misura che si indeboliva il suo impeto, a misura che si indeboliva la lotta delle masse, una conquista dopo l'altra. Nel 1906 gli scioperi operai, il fermento tra i contadini e ì soldati furono molto meno intensi che nel 1905; erano però ancora molto forti. Lo zar sciolse la I Duma, durante la quale la lotta del popolo aveva avuto una ripresa, ma non osò modificare subito la legge elettorale. Nel 1907 la lotta degli operai divenne ancor meno intensa, e lo zar, sciolta la II Duma, fece un colpo di Stato (3 giugno 1907); la sua più solenne promessa di non emanare leggi senza il consenso della Duma non venne mantenuta, ed egli modificò la legge elettorale in modo da assicurare ai grandi proprietari fondiari e ai capitalisti, al partito dei centoneri e ai loro lacchè la maggioranza alla Duma.
Sia le vittorie che le sconfitte della rivoluzione hanno offerto al popolo russo grandi insegnamenti. Celebrando il quinto anniversario del 1905 cercheremo di spiegarci il contenuto fondamentale di questi insegnamenti.
Il primo insegnamento
, l'insegnamento essenziale
è che soltanto
mediante la lotta rivoluzionaria delle masse si possono ottenere seri miglioramenti nella vita degli operai e nell'amministrazione dello Stato. Nessuna "simpatia" degli uomini istruiti per gli operai, nessuna lotta eroica di terroristi isolati avevano potuto scalzare l'autocrazia zarista e l'onnipotenza dei capitalisti. Soltanto la lotta degli stessi operai, soltanto la lotta comune di milioni di uomini potè ottenere tale risultato; e quando questa
lotta si indebolì immediatamente tutte le conquiste vennero tolte agli operai. La rivoluzione confermò ciò che è detto nell'inno dell'Internazionale operaia:
Non i supremi salvatori,
Né un dio, né un re ci salverà,
Soltanto noi, lavoratori,
Emanciparci si potrà.
Il secondo insegnamento
è che non basta scalzare, limitare il potere zarista. Bisogna distruggerlo
. Sino a quando non sarà distrutto, le concessioni dello zar saranno sempre effimere. Lo zar fece concessioni quando l'assalto della rivoluzione si rafforzava, se le rimangiò tutte quando l'assalto perdette di forza. Soltanto la conquista della repubblica democratica, l'abbattimento del potere zarista, il passaggio del potere nelle mani del popolo possono liberare la Russia dalle violenze e dall'arbitrio dei burocrati, dalla Duma centonera e ottobrista, dall'onnipotenza dei grandi proprietari fondiari e dei loro lacchè nelle campagne. Se le sofferenze dei contadini e degli operai sono divenute oggi, dopo la rivoluzione, ancora più dure di prima ciò accade perché la rivoluzione fu debole e il potere zarista non venne rovesciato. Il 1905, poi le due prime Dume e il loro scioglimento hanno insegnato al popolo molte cose, gli hanno insegnato innanzi tutto a lottare unito per le rivendicazioni politiche. Svegliatosi alla vita politica, il popolo aveva dapprima richiesto all'autocrazia delle concessioni: voleva che lo zar convocasse la Duma, che egli sostituisse i vecchi e nuovi ministri con nuovi, che “desse” il suffragio universale. Ma l'autocrazia non fece e non poteva fare tali concessioni. A queste richieste essa rispose con le baionette. Fu allora che il popolo cominciò a rendersi conto della necessità di lottare
contro il potere autocratico. Oggi Stolypin e la Duma nera dei signori inculcano, con grande forza, si potrebbe dire, nelle teste dei contadini questa idea. La inculcano e finiranno per inculcarvela.
Anche l'autocrazia zarista ha tratto un insegnamento dalla rivoluzione. Ha visto che non è più possibile contare sulla fede del contadino nello zar. E oggi rafforza il suo potere mediante un'alleanza con i grandi proprietari fondiari centoneri e gli industriali ottobristi. Per abbattere l'autocrazia zarista bisogna che la pressione rivoluzionaria delle masse sia oggi assai più forte che nel 1905.
Questa pressione è possibile? Per rispondere a questa domanda dobbiamo venire al terzo e principale
insegnamento della rivoluzione, che ci fu offerto dal fatto che ci è stato dato di osservare come
agiscono le diverse classi del popolo russo. Prima del 1905 a molti parve che tutto il popolo aspirasse egualmente alla libertà e volesse la stessa libertà; la grande maggioranza del popolo russo, almeno, non si rendeva chiaramente conto che le diverse classi avevano un atteggiamento diverso nei confronti della rivoluzione e non rivendicavano tutte la stessa libertà. La rivoluzione dissipò la nebbia. Alla fine del 1905 e, in seguito, anche durante la I e la II Duma tutte
le classi sociali agirono apertamente, si fecero vedere all'opera, rivelarono le loro vere aspirazioni, dimostrarono per che cosa possono lottare, e con quale forza, tenacia ed energia sono capaci di lottare.
Fu il proletariato industriale - gli operai di fabbrica e officina - a condurre la lotta più tenace e più decisa contro l'autocrazia. Fu il proletariato a dare inizio alla rivoluzione con il 9 gennaio e gli scioperi di massa. Esso condusse la sua lotta fino in fondo, insorgendo armato nel dicembre 1905 in difesa dei contadini che venivano percossi, torturati, presi a fucilate. Nel 1905 il numero degli operai in sciopero fu di circa tre milioni
(e se si aggiungono i ferrovieri, i postelegrafonici, ecc. si arriva certamente alla cifra di quattro milioni), nel 1906 di un milione e nel 1907 di 750.000. Il mondo non aveva mai visto un'ondata di scioperi di una simile potenza. Il proletariato russo dimostrò che la massa operaia ha in sé immense forze quando sta maturando una vera crisi rivoluzionaria. La più grande ondata di scioperi che il mondo mai abbia conosciuto, quella del 1905, fu ben lontano dall'aver esaurito tutte le forze combattive della classe operaia. Nella zona industriale di Mosca, per esempio, dove gli operai di fabbrica e officina erano 567.000, si ebbero in quell'anno 540.000 scioperanti; in quella di Pietroburgo, con 300.000 operai, si ebbe un milione di scioperanti. Gli operai della zona di Mosca non avevano dunque ancora manifestato nella lotta una tenacia pari a quella degli operai di Pietroburgo. Nel governatorato della Livonia (Riga) su 50.000 operai vi furono 250.000 scioperanti; ogni operaio cioè, nel 1905, scioperò in media più di cinque volte. In Russia vi sono oggi non meno di tre milioni di operai di fabbrica, minatori e ferrovieri, e questa cifra aumenta di anno in anno; con un movimento possente come quello di Riga nel 1905, essi potrebbero schierare un esercito di 15 milioni di scioperanti.
Nessun potere zarista potrebbe resistere a una simile pressione. Ma chiunque comprende che questa non può essere suscitata in modo artificiale, per volontà dei socialisti o degli operai d'avanguardia. È possibile soltanto quando tutto il paese è in preda alla crisi, alla collera; alla rivoluzione. Per prepararla è necessario attrarre alla lotta gli strati più arretrati di operai, bisogna condurre per anni e anni un lavoro di propaganda, di agitazione, di organizzazione tenace, vasto, perseverante, creando e consolidando ogni genere di associazioni e organizzazioni del proletariato.
Per la potenza della sua lotta la classe operaia marciò in testa a tutte le altre classi del popolo russo. Le stesse condizioni di vita degli operai li rendono atti alla lotta e li spingono a lottare. Il capitale riunisce gli operai in grandi masse nelle città più importanti, li raggruppa e insegna loro ad unirsi nell'azione. Ad ogni passo si trovano faccia a faccia con il loro principale nemico: la classe dei capitalisti. Combattendo contro questo nemico l'operaio diviene socialista
, acquisisce la coscienza della necessità di riorganizzare da capo a fondo la società, di eliminare completamente ogni specie di miseria e di oppressione. E diventando socialisti, gli operai lottano con un coraggio pieno di abnegazione contro tutto ciò che sbarra loro la strada, e innanzi tutto contro il potere dello zar e dei grandi proprietari fondiari feudali.
Nella rivoluzione anche i contadini entrarono in lotta contro i grandi proprietari fondiari e il governo, ma la loro lotta fu molto più debole. È stato stabilito che degli operai d'officina la maggioranza (circa i tre quinti) partecipò alla lotta rivoluzionaria, agli scioperi; dei contadini certamente una sola minoranza: probabilmente non più di un quinto o di un quarto. Nella lotta i contadini si mostrarono meno tenaci, più dispersi meno coscienti; spesso speravano ancora nella bontà dello zar piccolo-padre. Nel 1906-1907 essi, a dire il vero, incutevano soltanto un po' di paura allo zar e ai grandi proprietari fondiari; e quel che occorre non è di incuter loro paura, bisogna sopprimerli
; il loro
governo - il governo zarista
- bisogna spazzarlo dalla faccia della terra. Stolypin e la Duma nera dei grandi proprietari fondiari cercano oggi di trasformare, i contadini ricchi in nuovi proprietari fondiari alleati dello zar e dei centoneri. Ma quanto più lo zar e la Duma nera aiuteranno i contadini ricchi a rovinare la massa contadina, tanto più questa massa diventerà cosciente, tanto meno conserverà la sua fede nello zar, una fede di schiavi-servi, una fede di uomini oppressi ed ignoranti. Nelle campagne il numero degli operai agricoli aumenta di anno in anno. E l'unica loro via di salvezza è l'alleanza con gli operai delle città per una lotta comune. Di anno in anno aumenta nelle campagne il numero dei contadini definitivamente rovinati, ridotti alla più completa miseria ed affamati. Quando il proletariato urbano si solleverà, milioni e milioni di questi contadini si schiereranno, più compatti, in una lotta più decisa contro lo zar e i grandi proprietari fondiari.
Alla rivoluzione partecipò anche la borghesia liberale, cioè i grandi proprietari fondiari, gli industriali, gli avvocati, i professori, ecc. liberali. Essi formano il partito della “libertà del popolo” (i cadetti). Costoro promisero molto al popolo, e nei loro giornali fecero gran chiasso parlando di libertà. Nella I e nella II Duma la maggioranza era costituita dai loro deputati. Essi promisero di ottenere la libertà attraverso una "via pacifica" e condannarono la lotta rivoluzionaria degli operai e dei contadini. I contadini stessi e molti loro deputati (“trudoviki”
) credettero a queste promesse; docili e sottomessi seguirono i liberali, tenendosi lontani dalla lotta rivoluzionaria del proletariato. Fu questo il grave errore che i contadini (e molti abitanti delle città) commisero durante la rivoluzione. Con una mano i liberali aiutavano, - e del resto molto, molto raramente - la lotta per la libertà, e tendevano sempre - l'altra mano allo zar, al quale promettevano di salvaguardare e rafforzare il suo potere, di riconciliare i contadini con i grandi proprietari fondiari, di "pacificare" gli operai "turbolenti ".
Quando la rivoluzione giunse alla fase della lotta decisiva contro lo zar, all'insurrezione del dicembre 1905, i liberali tradirono vilmente, tutti, senza eccezioni, la libertà del popolo e abbandonarono la lotta. L'autocrazia zarista approfittò dell'ignoranza dei contadini, che in molte cose avevano fiducia nei liberali, e sconfisse gli operai insorti. E quando il proletariato fu sconfitto, nessuna Duma, nessun discorso mellifluo dei cadetti, nessuna loro promessa impedirono allo zar di sopprimere tutto ciò che rimaneva della libertà, di restaurare l'autocrazia e l'onnipotenza dei grandi proprietari fondiari feudali.
I liberali si trovarono con un pugno di mosche. I contadini ebbero una dura ma utile lezione. Non ci potrà essere libertà in Russia finché le grandi masse del popolo avranno fiducia nei liberali, crederanno che sia possibile la "pace" con il potere zarista e si terranno lontani dalla lotta rivoluzionaria degli operai. Ma nessuna forza al mondo potrà trattenere l'avanzata della libertà in Russia quando la massa del proletariato urbano si leverà alla lotta, respingerà dal suo cammino i liberali esitanti e traditori e trascinerà dietro a sé gli operai agricoli e i contadini rovinati.
E il proletariato russo si leverà in questa lotta; si metterà nuovamente alla testa della rivoluzione: tutta la situazione economica della Russia, tutta l'esperienza degli anni di rivoluzione ne sono il pegno.
Cinque anni fa il proletariato inferse un primo colpo alla autocrazia. Davanti al popolo russo balenarono i primi raggi della libertà. Oggi l'autocrazia zarista è nuovamente restaurata, i feudali nuovamente regnano e governano, ovunque viene esercitata la violenza contro gli operai e i contadini, ovunque regna il dispotismo, asiatico delle autorità, infami offese vengono inflitte al popolo. Ma questi duri insegnamenti non andranno perduti. Il popolo russo non è più il popolo di prima del 1905. Il proletariato gli ha insegnato a lottare, il proletariato lo condurrà alla vittoria.
(Lenin “Gli insegnamenti della rivoluzione”, 30 ottobre (12 novembre) 1910, Opere complete, Editori Riuniti, vol. 16, pagg. 276-281)
29 ottobre 2014