VI vertice di Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica
I Brics creano una nuova Banca di aiuti allo sviluppo
In alternativa al Fmi e alla Banca mondiale. Avrà base in Cina
Il gruppo dei paesi emergenti chiamato Brics, dalle iniziali dei componenti Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica, nell’ultimo vertice tenuto lo scorso 15 luglio a Fortaleza in Brasile ha dato il definitivo via libera alla creazione di una nuova Banca di aiuti per lo sviluppo, assieme alla creazione di un fondo di riserva per i paesi membri in crisi valutaria, che sarà dichiaratamente in alternativa alle istituzioni finanziarie mondiali asservite alle potenze mondiali imperialiste occidentali.
La Banca, il cui capitale iniziale già sottoscritto dai cinque soci fondatori è di 50 miliardi di dollari, per la maggior parte cinesi, diventerà operativa nel 2016 e potrà effettuare prestiti non solo ai paesi membri ma anche ad altre nazioni emergenti quali Turchia, Messico, Indonesia o Nigeria che già sono collegati ai Brics. In tempi più vicini entrerà in funzione il Fondo che parte con una dotazione iniziale di 100 miliardi di dollari, circa 72 milioni di euro, dei quali 41 miliardi di dollari la Cina, 18 Brasile, Russia e India, 5 il Sudafrica. La Cina ha ottenuto che la sede della banca sia a Shanghai, all’India è toccata la carica di primo presidente, alla Russia la presidenza del Consiglio dei governatori, al Brasile del Consiglio direttivo e al Sudafrica la creazione di una specifica succursale africana della banca. Il settore di intervento privilegiato della Banca sarà quello del finanziamento degli interventi infrastrutturali a partire da quelli fra i membri del gruppo creato nel 2001 cui si è aggiunto il Sudafrica nel 2010.
La decisione del vertice di Fortaleza chiude il percorso aperto da precedenti accordi dei Brics in campo economico-finanziario che riguardavano l’intesa per il cofinanziamento della costruzione di infrastrutture in Africa e la creazione di un nuovo Consiglio per gli affari dei Brics, composto da cinque membri per ciascuno dei paesi, che si riunisce due volte all’anno con lo scopo di promuovere il rafforzamento delle relazioni commerciali, del trasferimento delle competenze tecnologiche e della cooperazione nei settori bancario, dell’economia verde, della produzione e dell’industrializzazione. Tanto non è sufficiente rispetto alle enormi necessità di infrastrutture dei Brics e in generale dei Paesi in via di sviluppo. Salvo la Cina che però ha grandi imprese di costruzioni che potranno lavorare ai nuovi progetti negli altri paesi col finanziamento della nuova banca. Che potenzialmente può surclassare gli interventi finora gestiti dalle diverse banche regionali per lo sviluppo, dalla Banca interamericana alla Banca asiatica, alla Banca africana; istituzioni che collaborano con la Banca mondiale (Bm) e sono quindi sotto il controllo degli Usa e dei principali paesi imperialisti occidentali.
Il salto di qualità è rappresentato dal fatto che la nuova Banca, nelle intenzioni delle cinque potenze imperialiste emergenti, ambisce appunto a sfidare gli equilibri finanziari mondiali definiti dagli Accordi di Bretton Woods nel 1944, che dettero il via alla supremazia del dollaro negli scambi internazionali e alla creazione della Banca mondiale e del Fondo monetario internazionale (Fmi) controllati dall’allora emergente imperialismo americano. I Brics possiedono solo l'11% dei voti nell'Fmi, nonostante rappresentino oltre il 20% dell'attività economica globale e la loro richiesta di contare di più è bloccata dal Congresso Usa che non vuol ratificare l'accordo raggiunto nel 2010. L’imperialismo americano mantiene inoltre il privilegio di nominare il presidente della Banca mondiale e può gestisce in base ai suoi interessi le principali fonti di finanziamento internazionali, oltre a quelle dirette della Federal Reserve.
La dichiarazione sottoscritta a Fortaleza sottolinea che l’obiettivo è quello di convertire i Brics e i loro partner in una “importante forza di cambiamento” rispetto alle strutture di governo delle istituzioni finanziarie multilaterali, il cui sistema decisionale ha consentito il predominio degli Stati uniti e di alcune nazioni europee. Una forza capace di “generare una crescita globale più inclusiva e di disegnare un mondo più stabile, pacifico e prospero”. “Il nostro attivismo – affermava la presidente brasiliana Dilma Rousseff - non deve essere confuso con l’esercizio di un potere egemonico o con un desiderio di dominio. E neanche dev’essere inteso come un’opzione strategica contraria agli interessi di altri paesi. La forza del nostro progetto sta nel suo potenziale positivo di trasformazione del sistema internazionale, che vogliamo più giusto e ugualitario”. Diciamo più rispettoso dei nuovi equilibri tra le maggiori potenze imperialiste mondiali che secondo la Roussef “non possono restare a fuori dalle grandi decisioni internazionali”.
D’altra parte, secondo le stime dell’Fmi, l’economia mondiale crescerà del 3,7% nel 2014 e i paesi dei Brics, seppur alcuni come il Brasile abbiano rallentato la corsa, saranno quelli con la crescita maggiore. E entro il 2025 rappresenteranno il 30% dell’economia mondiale.
5 novembre 2014