Alla Palazzoli dove alla CGIL è negato il diritto di indire assemblee sindacali
Renzi chiama gli industriali a sostenerlo e a combattere uniti il sindacato
I lavoratori della fabbrica in ferie forzate. Fischi e contestazioni al premier da parte del corteo della Fiom e della CGIL
Manganellati i giovani dei centri sociali che assediano il nuovo Berlusconi
Messo all'angolo dalla straordinaria mobilitazione operaia che vede ogni giorno migliaia di lavoratori in piazza a lottare in difesa del posto di lavoro e dell'articolo 18, contro il Jobs Act, la legge di stabilità e gli antipopolari provvedimenti varati dal suo nero governo; il Berlusconi democristiano Renzi il 3 novembre è passato al contrattacco e dal pulpito dell'assemblea annuale dell’associazione degli industriali bresciani (Aib), presieduta da Marco Bonometti, ha da una parte accusato i sindacati e in particolare la CGIL di essere gli organizzatori di un vero e proprio golpe per far cadere il governo e, dall'altro, ha dato sfogo a tutto il suo livore antioperaio e antisindacale chiamando a raccolta i padroni, con alla testa il presidente Giorgio Squinzi presente all'iniziativa, affinché lo sostengano e diano man forte al governo per liquidare definitivamente i sindacati.
È stato "calcolato, studiato, progettato in queste settimane un disegno per dividere il mondo del lavoro" ha affermato Renzi che rincara la dose e aggiunge che la CGIL e la Fiom alimentano "lo scontro verbale e non solo" sfruttando “il dolore di disoccupati e cassaintegrati per attaccare il governo”. Ma il governo non permetterà, assicura il premier, di dividere in due l'Italia, da un lato i "padroni", dall'altro i "lavoratori". Il sindacato, sentenzia, è libero di fare il suo lavoro "ma noi andiamo avanti per far ripartire l'Italia e su questo non molliamo di un millimetro... Vogliono cambiare il presidente del Consiglio? Ci provino, non mi posso preoccupare di questo".
Immediato il sostegno del boss degli industriali Squinzi che a tambur battente ha invitato Renzi a non cedere alla piazza e ad andare avanti perché: "Lei si è assunto il fardello di far uscire l'Italia dalle secche di regole e culture sorpassate che condurrebbero a un inarrestabile declino" e di questo "non possiamo che esserle grati: se ne sentiva la necessità. Non bisogna temere qualche dispiacere e non poco dissenso: sono resistenze per inerzie e privilegi del passato".
Significativa in tal senso è stata anche la cornice scelta da Renzi per rilanciare il suo anatema contro i sindacati. Il dibattito infatti si è svolto all'interno della Palazzoli, storica azienda bresciana di impianti elettrici per l’energia, dove il modello di relazioni sindacali imposto da Marchionne alla Fiat la fa da padrone. La Palazzoli, infatti, è una delle aziende bresciane che impedisce ai metalmeccanici della Fiom di tenere assemblee in fabbrica visto che essa non ha firmato il contratto nazionale. Inoltre, per evitare al premier ulteriori contestazioni, l'azienda ha deciso di mettere in ferie forzate metà dei 130 lavoratori.
Per nulla intimoriti centinaia di operai si sono dati appuntamento fuori dai cancelli della fabbrica dove al termine di un combattivo corteo hanno dato vita a una contro-assemblea organizzata dalla Fiom bresciana e aperta alla cittadinanza nel corso della quale il sindacato dei metalmeccanici ha sottolineato che “Renzi finora è venuto qui per incontrare sempre e solo gli imprenditori, peraltro quelli a 'trazione Marchionne', i falchi della Confindustria. Con la Cgil e i lavoratori lui non parla”.
Alle contestazioni hanno preso parte anche esponenti della mozione due della CGIL, con alla testa Giorgio Cremaschi, i sindacati di base, gli attivisti del centro sociale Magazzino 47 e i movimenti studenteschi che hanno contestato il premier e i padroni a suon di slogan, fischi e cartelli. I manifestanti hanno fatto alzare in volo anche un drone a cui erano legati quattro striscioni in difesa dell'articolo 18, i diritti dei lavoratori e l'uso mussoliniano dei manganelli la scorsa settimana a Roma. Molti gli slogan, come: "Renzi non hai mai lavorato giù le mani dal sindacato" e un grande striscione rosso con su scritto "Assediamo Renzi e le sue politiche". Contestazioni che hanno mandato su tutte le furie il premier che ancora una volta ha risposto agli operai e a chi lo contesta a suon di lacrimogeni e manganellate distribuite a man bassa dalla sua polizia.
5 novembre 2014