Pagato a peso d'oro come i grandi manager capitalisti
Il boss della Cisl Bonanni arraffa una pensione di 8mila euro mensili, l’ultimo stipendio era di 336 mila euro l’anno
Un insulto verso gli esodati condannati senza pensione e senza stipendio, i pensionati sociali e le pensioni di fame percepite dai lavoratori
Alla faccia degli esodati, dei pensionati sociali e anche dei comuni pensionati che non arrivano alla fine del mese, a nome dei quali egli ha pur sempre dichiarato di battersi, Raffaele Bonanni, il boss della Cisl che ha mollato lo scorso 24 settembre la poltrona della segreteria generale del secondo sindacato italiano, va in pensione con la bellezza di 8.593 euro lorde al mese: l’ultimo stipendio era di 336.260 euro l’anno, una cifra superiore di quasi centomila euro rispetto a quella percepita dai grandi manager di Stato, il cui tetto è fissato per legge a 240.000 euro, e che va semmai nella direzione - come fosse una beffa del destino - al trattamento dei grandi manager privati dei quali egli ha sempre detto di contrastare i privilegi.
Ed è chiaro anche come il capobastone cislino sia giunto a questo sfavillante (per lui) risultato.
Nato in provincia di Chieti nel 1949, inizia a lavorare come operaio edile, si iscrive alla Cisl nel 1970, si sposta in Sicilia negli anni ’80 dove diviene braccio destro dell’ex segretario generale della Cisl D’Antoni, nel 1998 è componente della segreteria confederale, nel 2001 diviene segretario confederale, infine succede a Savino Pezzotta il 27 aprile 2006 alla segreteria nazionale per otto anni e mezzo fino allo scorso settembre.
Nulla fino a questo punto sembrerebbe giustificare un simile abnorme stipendio, alla faccia dei lavoratori, attraverso il quale percepire una altrettanto conseguente e scandalosa pensione, questa volta alla faccia dei pensionati e degli esodati: infatti quando era segretario confederale Bonanni guadagnava meno di 80mila euro lordi all’anno, precisamente 75.223 nel 2003, 77.349 nel 2004 e 79.054 nel 2005 e quando diventa segretario generale nel 2006, secondo le norme del regolamento interno alla Cisl, il suo stipendio viene incrementato del 30%.
Infatti il caporione sindacale dichiara nel 2006 all’Inps, ai fini contributivi, uno stipendio ricchissimo di 118.186 euro, che è maggiore di quello previsto ma non molto, e può giustificarsi con altre entrate che non riguardano la sua attività sindacale.
Negli anni successivi però, con un atteggiamento degno, più che di un rappresentante di lavoratori e pensionati, di un vero e proprio boss, si aumenta letteralmente lo stipendio da solo, e senza che nessuno lo contrasti all’interno del sindacato che egli dirige: nel 2007, infatti, la retribuzione complessiva dichiarata all’Inps è di 171.652 euro lordi annui, nel 2008 diviene di 201.681 annui, con un aumento ingiustificabile negli anni successivi, ossia 255.579 euro nel 2009, 267.436 nel 2010 per schizzare a 336.260 (triplicando quindi in cinque anni) nel 2011, che, non va dimenticato, è l’anno della famigerata riforma Fornero che ha imposto il sistema pensionistico contributivo, ovvero quello secondo il quale l’ammontare della pensione si calcola in base ai contributi effettivamente versati dai lavoratori.
Al contrario, il caporale sindacale Bonanni, ben sapendo in tempo che le regole sarebbero cambiate, si è aumentato in tempo e vertiginosamente gli ultimi stipendi per beneficiare in pieno dei vantaggi del sistema retributivo, secondo il quale l’ammontare delle pensioni si calcola in base alla media degli ultimi anni di stipendio percepito, sfuggendo così alla riforma Fornero che ha invece colpito, e duramente, i pensionati, condannando contemporaneamente gli esodati a un vero e proprio inferno, categorie sociali alle quali Raffaele Bonanni giurava, come Giuda Iscariota, fedeltà mentre, da servo del sistema, riceveva il premio per avere da sempre ignobilmente fatto gli interessi dei padroni e dei parassiti ai danni sia dei lavoratori sia dei pensionati.
19 novembre 2014