Gli operai dell'AST bloccano l'autostrada
Gli studenti contestano Draghi, feriti due di loro
"È finito il tempo in cui un corteo faceva cadere un governo", dice mussolinianamente Renzi dalle sale dorate del G20 di Sidney cercando di dissimulare quella crescente e consolidata contestazione all'operato del suo governo reazionario e antioperaio.
Dalle fabbriche, dalle università e dalle piazze, invece, si alzano i toni della protesta, legata alla crescente incertezza del posto di lavoro e alla conseguente povertà, al disagio sociale e al restringimento delle libertà politiche, sindacali e sociali.
È quello che hanno imparato dall'esperienza dei 22 giorni di sciopero gli operai delle acciaierie ThyssenKrupp (AST) che lo scontro sociale nato dalla lotta di classe è decisivo per la vittoria finale e che, immediatamente, era necessario tornare in piazza. "Alziamo il tiro", hanno gridato nell'assemblea della mattina del 12 novembre davanti ai cancelli dello stabilimento e subito hanno reso attiva l'esortazione di un lavoratore che, in un clima teso, ha preso la parola: "Adesso ad Orte, a Palazzo Chigi, al Parlamento. Ma adesso”. E così è stato.
Nonostante il tentativo di mediazione dei vertici sindacali un centinaio di operai hanno raggiunto il casello autostradale di Orte con una carovana di auto (come già fatto alla fine del luglio scorso dopo l'annuncio del piano che prevedeva risparmi per cento milioni di euro) hanno bloccato l'Autosole per quasi quattro ore all'altezza del casello di Orte, causando file di oltre 9 chilometri. Nonostante il freddo, il blocco è andato avanti fino a poco prima delle 17; quando i sindacati hanno avuto assicurazioni della convocazione al ministero per il giorno dopo, 13 novembre, l'A1 è stata liberata.
La rabbia dei lavoratori nasce dal nulla di fatto di una trattativa tirata per le lunghe, come loro stessi denunciano, per far stancare la lotta e rinunciare alle rivendicazioni. Il giorno prima al Mise la vertenza legata a un piano industriale che prevede 290 esuberi (141 i dipendenti già usciti con la mobilità volontaria), si è arenata a mezzanotte. Le parti, governo e padronato, hanno concordato un nuovo incontro per il 18 novembre. Quando la notizia è giunta a Terni si è innalzato inevitabilmente il livello della tensione tra gli operai in sciopero ma anche nell'intera città. Infatti, alcune strade vicine allo stabilimento di viale Brin si sono riempite di lavoratori, e nei blocchi stradali tra contestazioni e animi surriscaldati si è discusso tutta la notte contro l'arroganza padronale e anche contro il governo che, dicono gli operai, non si impone con la multinazionale tedesca e contro chi vuole prendere gli operai per fame facendoli aspettare inutilmente un'altra settimana, e poi imporre la chiusura.
L'assemblea della mattina e la lotta intrapresa sono state la naturale conclusione.
“L'azione di oggi è servita a riprendere il negoziato, il merito lo verificheremo domani - commenta il segretario nazionale della Fiom Cgil, Rosario Rappa - i lavoratori in qualche modo hanno imposto al Mise di programmare l'incontro, vediamo domani cosa succede - conclude -. Intanto questo è un risultato positivo per i lavoratori".
La lotta paga ma occorre essere vigili e continuare uniti la battaglia, come promette la Fiom: “gli scioperi e i presidi andranno avanti. Alzeremo il tiro con iniziative nuove e diverse” perché è necessario spazzar via questo governo al più presto con la lotta di classe!
Un'altra sonora contestazione è partita lo stesso giorno dagli studenti universitari di Roma contro il presidente della Banca Centrale Europea, Mario Draghi, intervenuto all'università Roma Tre ad un convegno, per commemorare un altro economista borghese come lui, Federico Caffè e per “spiegare” l'azione della Ue sui Paesi investiti dalla crisi, proprio lui, uno dei principali artefici del massacro sociale in tutta Europa ai danni delle masse operaie e popolari.
La contestazione di un centinaio di studenti dei collettivi Csp Roma3 e Link Roma3 si proponeva di impedire l’intervento di Draghi. In un comunicato firmato dai collettivi si leggeva: “Non permetteremo che questa visita-intrusione nel nostro ateneo sia l’ennesima passerella per i responsabili dell’impoverimento di decine di milioni di persone nell’Unione europea. Invece di favorire politiche di redistribuzione e di rinnovamento del welfare, la Bce ha dettato linee guida scellerate di impronta marcatamente neo-liberista”.
Gli studenti sono partiti in corteo lungo via Ostiense per arrivare davanti alla facoltà di Economia dove hanno accolto il presidente della Bce a suon di slogan e striscioni. La tensione è salita quando il numero uno della Bce è uscito dell’edificio, gli studenti hanno cercato di raggiungere Draghi ma la polizia li ha respinti. Al grido di “Fuori i banchieri dalle università” è iniziato il lancio di secchi di vernice e uova contro gli agenti in assetto antisommossa. Inevitabilmente, com'è ormai consuetudine con Renzi, sono partite le cariche e le manganellate col risultato che uno studente è rimasto ferito alla testa. Gli studenti non si sono fatti intimorire e hanno continuato con gli slogan contro banche e Unione Europea: “La Ue è per le manganellate agli studenti”.
Il PMLI ha tempestivamente e fermamente condannato con un comunicato della Commissione giovani del Comitato centrale del PMLI le manganellate agli studenti portando loro la piena solidarietà (pubblicato a parte).
19 novembre 2014