Obama invia altri 1500 soldati nella guerra contro lo Stato islamico
Il presidente americano Barack Obama aveva centrato il suo programma elettorale che lo aveva portato alla vittoria nel primo mandato anche sulla promessa di un ritiro dall'Afganistan e dall'Iraq, visto che quelle guerre imperialiste erano state decise dal suo predecessore Bush. Niente di tutto ciò è avvenuto e oggi a metà del suo secondo mandato presidenziale ha autorizzato, lo scorso 6 novembre, il Pentagono a inviare 1.500 soldati in Iraq, che si aggiungeranno ai 1.400 già sul posto senza contare gli agenti dei servizi e i mercenari privati; il loro compito sarebbe quello di addestrare, consigliare e assistere l’esercito del governo fantoccio di Bagdad e le fidate milizie curde della regione autonoma di Erbil nella guerra contro lo Stato islamico (Is) che si sta rafforzando nelle regioni a maggioranza sunnita del nord dell’Iraq e della Siria. Contemporaneamente la Casa Bianca chiedeva al Congresso uno nuovo stanziamento di 5,6 miliardi di dollari per sostenere l’impegno militare in Iraq.
“I rinforzi non saranno usati per combattimenti di terra”, precisava il portavoce del presidente, Josh Earnest, per dire che non sarebbero coinvolti direttamente nella guerra ma è indubbio che la decisione è un pezzo della strategia per un nuovo intervento diretto nel paese segnata dalla decisone dell’estate scorsa di liquidare il governo dello sciita Al Maliki, che si stava avvicinando troppo a Cina e Iran, e di dare il via ai raid aerei in Iraq e poi in Siria.
L'escalation della presenza militare americana in Iraq scatta dopo una serie di pressioni dei vertici militari che sostenevano la necessità di potenziare la presenza americana con l’argomentazione che non sarebbe possibile distruggere lo Stato islamico senza il coinvolgimento di truppe americane di terra. Una ipotesi che Obama aveva sempre respinto. La decisione del 6 ottobre prospetta un cambio di strategia che probabilmente ha successivamente portato anche al siluramento del ministro della difesa, il repubblicano Chuck Hagel
Nell’incontro del 7 novembre coi i leader parlamentari repubblicani, che dopo le elezioni amministrative di medio termine controllano i due rami del parlamento, Obama ha annunciato l’intenzione di avere dal parlamento prima della fine dell'anno una autorizzazione dedicata alla guerra allo Stato islamico. Finora il Pentagono si muoveva in base a una decisione parlamentare del 2002 sull'uso della forza contro Al Qaeda. “Ma adesso – spiegava il presidente – abbiamo di fronte un nuovo tipo di nemico e abbiamo dunque bisogno di una diversa strategia non solo per i prossimi due o tre mesi, ma per il futuro”.
Quale sia questa “diversa strategia” lo ha fatto capire in una intervista del 9 novembre quando ha spiegato che “con l'invio di altri militari Usa in Iraq la lotta all'Is entra in una nuova fase. Piuttosto che mirare a fermare semplicemente l'avanzata dell'Is, ora siamo in grado di passare all'offensiva ma ci vorrà del tempo”. E in una dichiarazione del 17 novembre, a margine del G20 australiano, ha affermato che “se scoprissimo che l’Is è entrato in possesso di armi nucleari e dovessimo organizzare un’operazione per togliergliele dalle mani, allora sì. La ordinerei”. Abbiamo già un caso per il quale l’imperialismo americano prevede l’impiego di reparti per combattimenti di terra.
26 novembre 2014