In Mississipi, contro la sentenza di assoluzione del poliziotto che ha ucciso il ragazzo nero Brown
Rivolta degli afroamericani. Ferguson in fiamme
La polizia usa proiettili “non letali” per domare la rivolta. Ottanta arresti. Obama butta acqua sul fuoco

Il procuratore della contea di St.Louis, Robert McCulloch, un democratico del partito di Obama, annunciava il 24 novembre che il Grand Jury composto prevalentemente da giudici bianchi aveva derubricato a “legittima difesa” l’omicidio del 18enne nero Michael Brown, crivellato di colpi lo scorso 9 agosto nel sobborgo di Feguson, e stabilito che l’agente, bianco, Darren Wilson non dovesse essere processato. La risposta degli afroamericani era la rivolta che partiva da Ferguson, messa a ferro e fuoco dalle proteste durate alcuni giorni, e si estendeva in tutti gli Stati Uniti.
“La legge ammette gli omicidi nei casi di legittima difesa” sentenziava il procuratore McCulloch che difendeva l'indifendibile agente omicida che aveva sparato due colpi di pistola dalla propria auto e rincorso il giovane ferito a una mano che stava scappando verso casa; aveva sparato un’altra decina di volte colpendolo ripetutamente e finendolo quando si era fermato con altri sei colpi al corpo e alla testa. Una esecuzione in piena regola di un giovane colpevole soltanto di aver rubato una manciata di sigari nella cittadina povera del Sud, a maggioranza nera ma governata da un’amministrazione bianca e reazionaria.
Secondo la giuria di St.Louis l'agente non è neanche incriminabile, una sentenza che non è rara, anzi è “normale” per casi come questi negli Usa tanto che aspettandosi la scandalosa e criminale assoluzione Obama aveva già incaricato il ministro della Giustizia Holder di avviare una indagine federale sul corpo di polizia locale. Una decisione dai risultati dubbi sulla possibilità di fare giustizia e dai tempi lunghi che è sembrata più un paravento per Obama impegnato a gettare acqua sul fuoco e a invocare manifestazioni pacifiche.
La rabbia degli afroamericani è invece esplosa nelle strade del sobborgo di St. Louis dove la sera del 24 novembre i manifestanti hanno eretto barricate e affrontato la polizia che ha impiegato lacrimogeni e “proiettili non letali” per disperderli. La rivolta è proseguita nei giorni successivi con almeno 80 manifestanti arrestati. E si è allargata in tutto il paese.
Manifestanti si sono ritrovati a Washington davanti alla casa Bianca, sono sfilati in corteo a Times Square a New York, a Seattle e Oakland; a Los Angeles il corteo è partito dal quartiere nero di South Central e ha bloccato il traffico su un’autostrada prima di marciare lungo Martin Luther King boulevard fino alla centrale di polizia. Il 25 novembre le proteste si sono svolte in centinaia di località con cortei o assemblee nei campus universitari mentre a New York e Los Angeles gruppi di manifestanti bloccavano strade e ponti. Si sono registrati duri scontri fra manifestanti e polizia a Oakland e forti proteste a Cleveland pochi giorni prima un bambino nero di 12 anni, Travis Rice, era stato assassinato dalla polizia perché sorpreso con una pistola ad aria compressa nei pressi di un parco giochi.
Un ulteriore esempio della repressione razziale attuata direttamente da una polizia militarizzata che è armata e si comporta nello stesso modo di come agivano le truppe imperialiste di occupazione americane a Baghdad.
La “frontiera” di Ferguson analizzata in seguito all'assassinio del giovane nero risulta essere una località presidiata militarmente dalla polizia che è impegnata anche in una serie di persecuzioni e umiliazioni giornaliere inflitte alla popolazione nera. A Ferguson il numero dei mandati d'arresto registrato nel 2012 è stato di 32.000 su una popolazione di 21.000 abitanti. Ma l'uso delle armi da parte della polizia contro la popolazione povera nera non è una esclusiva di alcune località, è diffusa negli Stati Uniti; una recente indagine giornalistica ha calcolato che almeno due afroamericani sono stati uccisi ogni settimana da poliziotti bianchi tra il 2006 e il 2012. Il Malcolm X Grassroots Movement ha pubblicato l’anno scorso un rapporto dal quale risulta che nel 2012 un afroamericano è stata ucciso ogni 28 ore da un agente, un poliziotto privato o un vigilante. Una vera e propria guerra contro una parte povera del popolo americano che non si è interrotta nemmeno sotto la presidenza di Obama.
 

3 dicembre 2014