Il nuovo governo reazionario di Kiev in mano agli imperialisti americani
Nelle elezioni legislative dello scorso 26 ottobre quasi la metà dei circa 36 milioni di elettori aveva disertato le urne dando un chiaro segnale di sfiducia nei partiti filo Ue e anche filorussi guidati dai maggiori capitalisti che si disputano il controllo del paese. La maggioranza della Rada, il parlamento ucraino, era conquistata dai partiti filo-occidentali dal Blocco del presidente Petro Poroshenko al Fronte popolare del premier uscente Arsenj Jatsenjuk, le due formazioni che in coalizione con altri tre partiti hanno dato vita al nuovo governo; governo che il 2 dicembre ha ottenuto la fiducia del parlamento.
Il nuovo esecutivo, guidato ancora da uno Jatsenjuk ben visto alla Casa Bianca, ha la caratteristica di essere un governo reazionario in mano agli imperialisti americani. Nella ventina di ministri ci sono infatti persino tre stranieri col certificato di garanzia ottenuto negli Usa. E non hanno incarichi secondari a partire dall'americana di origine ucraina Natalia Jaresko, alle Finanze che è stata dirigente di società di investimenti americane; il secondo ministro straniero è il georgiano Aleksandr Kvitashvili, cui è stata affidata la Sanità che è stato rettore dell’Università di Tbilisi e, prima ancora direttore del EastWest Institute a New York; il terzo è il lituano Ajvaras Abromavichus, incaricato allo Sviluppo e commercio che ha lavorato al Dipartimento di Stato americano. Tre “campioni” preparati alla scuola di Washington per svolgere ruoli importanti nel nuovo governo di Kiev.
Per sanare l'evidente anomalia dei tre ministri stranieri il presidente Poroshenko ha dovuto far approvare a tambur battente dal parlamento una legge che concedesse ai neoministri stranieri la cittadinanza ucraina; nel pacchetto della legge è finito pure il conferimento della cittadinanza anche ai mercenari stranieri presenti nei battaglioni neonazisti che combattono contro le regioni indipendentiste dell'Est.
Nel nuovo esecutivo sono stati confermati i titolari di Esteri e Difesa, il diplomatico Pavlo Klimkin e il generale Stepan Poltorak, uomini di fiducia di Poroshenko.
Fra i primi impegni del governo sembra avere la precedenza il percorso di adesione alla Nato, sollecitata forse non a caso di recente dal segretario generale dell'alleanza militare imperialista Jens Stoltenberg. Il potente sponsor del governo di Kiev, la Casa Bianca, vuol passare all'incasso e schierare velocemente in maniera attiva l'Ucrainana nel braccio di ferro con la Russia di Putin.
Lo confermava Stoltenberg al termine dell’assemblea dei ministri degli Esteri della Nato tenutasi a Bruxelles il 3 dicembre quando sottolineava che la Nato “ha deciso di mantenere una presenza costante ai limiti orientali della nostra alleanza”, accrescere la capacità di risposta alle azioni della Russia e aumentare il numero dei propri consiglieri a Kiev. Assieme al potenziamento militare dell'alleato ucraino cui ha fornito ben 700 milioni di dollari e aperto l'accesso a 5 fondi fiduciari per sostenere la riforma della Difesa ucraina. Nell'occasione Stoltenberg ha ripetuto che “se la maggioranza dei cittadini ucraini, con un referendum organizzato dal governo, si esprimerà a favore della adesione alla Nato, allora verrà realmente presa in considerazione la questione”. La Nato chiama, Kiev risponderà.
10 dicembre 2014