Inchiesta P3. “Condizionavano lo Stato”
A giudizio Verdini e Cosentino
Guai seri per il principale interlocutore di Renzi sul patto del Nazareno
Con l'accusa di “associazione per delinquere finalizzata a episodi di corruzione, abuso d'ufficio e illecito finanziamento connessi ai rapporti con alcuni imprenditori interessati a operare nel settore della produzione dell'energia eolica in Sardegna”, il 3 novembre il Gup (Giudice per l'udienza preliminare) di Roma Paola Della Monica ha rinviato a giudizio il senatore berlusconiano Denis Verdini, ex coordinatore del PDL, massone, plurinquisito e soprattutto principale interlocutore di Renzi sul famigerato patto del Nazareno con Berlusconi.
L’inchiesta è quella sulla cosiddetta P3 che secondo l’indagine svolta dal procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e dal pubblico ministero Rodolfo Sabelli è riconducibile a una vera e propria associazione segreta per delinquere caratterizzata “dalla segretezza degli scopi, dell'attività e della composizione del sodalizio” che ha messo a segno “una serie indeterminata di delitti finalizzata a condizionare il funzionamento degli organi costituzionali o di rilevanza costituzionale, nonché apparati della pubblica amministrazione dello Stato e degli enti locali” tra cui vari interventi “sui magistrati della corte di Cassazione alla scopo di favorire una conclusione favorevole alla parte privata di cause pendenti sia di natura civile (Lodo Mondatori) che penale come, ad esempio, il ricorso contro la misura cautelare disposta dalla magistratura napoletana nei confronti dell'ex deputato Nicola Cosentino”. Un sodalizio in grado di condizionare anche la Corte costituzionale per la decisione sul Lodo Alfano che interessava Berlusconi, che ha esercitato una forte pressione anche sul Csm per la nomina dei capi degli uffici giudiziari più importanti, che ha orientato la decisione della Corte di appello di Milano per evitare l’annullamento dell'elezione di Roberto Formigoni in Lombardia e si è adoperata per reperire finanziamenti a favore dei politici in cambio di sponsorizzazioni ai progetti delle centrali eoliche in Sardegna.
Il 10 novembre è ripreso il processo a carico delle altre 17 persone coinvolte nell'inchiesta fra cui: il piduista Flavio Carboni, l’uomo d’affari condannato per il crack del Banco Ambrosiano di Roberto Calvi, e imputato anche per l’omicidio del banchiere; l’ex governatore della Sardegna, il berlusconiano Ugo Cappellacci; l’allora giudice tributario Pasquale Lombardi; l’ex primo presidente della Corte di Cassazione, Vincenzo Carbone e l’imprenditore Arcangelo Martino. Tutti rinviati a giudizio dal gup di Roma il 18 novembre 2013 insieme ad altre tredici persone tra cui: Massimo Parisi, Pierluigi Picerno, Pinello Cossu, Ignazio Fabris, Marcello Garau, Alessandro Fornari, Fabio Porcellini, Giuseppe Tomassetti, Antonella Pau, Maria Laura Scanu Concas, Stefano Porcu e Ernesto Sica. E tutti accusati di reati gravi e infamanti che vanno dalla violazione della legge Anselmi sulle società segrete, all’associazione per delinquere finalizzata a realizzare una serie di delitti, dalla corruzione all’abuso d’ufficio e illecito finanziamento dei partiti, fino alla diffamazione.
Le posizioni di Verdini, Cosentino e Dell’Utri erano state stralciate in attesa del via libera della Camera per l’utilizzo delle intercettazioni telefoniche che li riguardavano.
Il processo per Verdini è fissato per il 5 febbraio prossimo davanti alla IX sezione penale e insieme a lui alla sbarra ci sarà anche l’ex sottosegretario PDL all’Economia dell'ultimo governo Berlusconi, Nicola Cosentino. Il boss berlusconiano della Campania (già sotto processo per concorso esterno in associazione camorristica) è accusato di diffamazione e violenza privata per aver cercato di screditare l'attuale governatore della Regione Campania Stefano Caldoro al fine di eliminare la sua candidatura dalla lista del PDL.
Prolungato lo stralcio e rinviata al 3 dicembre la decisione sulla posizione dell’ex parlamentare Marcello Dell’Ultri attualmente rinchiuso nel carcere di Parma dal 12 aprile 2014, giorno della sua cattura in Libano dove aveva cercato riparo subito dopo la condanna a 7 anni inflittagli il 25 marzo 2013 dalla terza sezione della corte di Appello di Palermo per concorso esterno in associazione mafiosa e anello di congiuzione fra la mafia e Berlusconi.
Insomma per Verdini, il “padrino” che ha fatto da “testimone” al patto del Nazareno fra Berlusconi e il suo emulo democristiano Renzi, si profila una primavera a dir poco amara e piena di seri guai giudiziari. Egli infatti è imputato anche nell'inchiesta P4 la cosiddetta “cricca degli appalti”, dove è accusato di truffa ai danni dello stato in riferimento al fallimento del Credito cooperativo fiorentino (Ccf), di cui è stato presidente fino al 2010, ed anche per questa vicenda è già stato riviato a giudizio nel luglio scorso dal Gup del Tribunale di Firenze, Fabio Frangini, che ha fissato la prima udienza del processo per il 21 aprile 2015.
10 dicembre 2014