Amnesty International accusa Israele di crimini di Stato a Gaza
La polizia israeliana carica manifestazione di protesta e uccide ministro palestinese

 
Amnesty International ha accusato Israele di crimini di Stato a Gaza e ha chiesto una indagine sulla distruzione di quattro grandi edifici palestinesi distrutti dall’aviazione sionista nei giorni dell’offensiva chiamata “Margine Protettivo” dell'agosto scorso.
Uno degli episodi denunciati è quello della distruzione, la sera del 23 agosto, di un palazzo di 12 piani, la Torre Zafer situata nel centro della città di Gaza, colpita dalle bombe sganciate da un caccia di Tel Aviv. L'attacco era stato preannunciato poco prima dalle forze armate sioniste e gli abitanti erano potuti fuggire; ci furono comunque 22 palestinesi feriti fra i quali 11 bambini e cinque donne. Stessa procedura seguita dai sionisti nella distruzione dell’Italian Mall, un progetto privato italiano degli anni 90, demolito dalle bombe, e per il palazzo del Centro commerciale di Rafah. Secondo Tel Aviv gli edifici ospitavano uffici e depositi di armi di Hamas.
L'indagine condotta da Amnesty International e resa nota in un rapporto diffuso il 9 dicembre accusa invece apertamente Israele di crimini di guerra, di violazione del diritto umanitario internazionale e di aver intenzionalmente causato danni economici ai palestinesi perché “tutte le prove che abbiamo dimostrano che questi abbattimenti su larga scala sono stati effettuati deliberatamente e senza una giustificazione militare”, spiegava il responsabile dell'organizzazione per il Medio Oriente ed il Nord Africa. Gli attacchi erano “una punizione collettiva inflitta agli abitanti di Gaza”, pertanto si tratta di crimini di guerra, denunciava, che devono essere perseguiti in maniera imparziale e indipendente e i responsabili portati in tribunale per essere processati.
Un percorso che potrebbe essere attivato, se lo volesse, dall'Autorità nazionale palestinese (Anp) di Abu Mazen dopo che la Palestina è diventata membro osservatore della Corte penale internazionale (Icc) dell’Aia. Ma finora il presidente palestinese non ha mosso alcun passo, dimostrandosi più attento alle pressioni dell'imperialismo americano e degli avvertimenti di ritorsioni da parte di Tel Aviv.
Per smuovere Abu Mazen c'è voluta la morte in Cisgiordania del suo ministro al Muro e alle Colonie Ziad Abu Ein, in seguito alle cariche dell'esercito sionista contro una manifestazione vicino Ramallah del 10 dicembre.
Secondo i medici giordani e palestinesi Ziad Abu Ein è morto per “essere stato colpito, aver inalato lacrimogeni e non essere stato soccorso in tempo”. Il portavoce dell'Anp dichiarava che “dopo aver ascoltato i risultati post-mortem, il governo palestinese ritiene Israele pienamente responsabile dell'uccisione di Ziad Abu Ein”. E mentre in Cisgiordania si svolgevano manifestazioni di protesta Abu Mazen annunciava che in risposta all’”atto barbaro che non possiamo accettare” avrebbe
presentato il testo di una risoluzione al Consiglio di sicurezza dell’Onu “per votare la fine dell’occupazione entro novembre 2016”.

17 dicembre 2014