Renzi tira dritto sul Jobs Act
Una presa in giro, l'incontro governo-sindacati
Poletti non concede nulla. Barbagallo annuncia “lotte crescenti”
Per vincere, spazziamo via il governo Renzi
Si chiude con un nulla di fatto l'incontro tra il ministro del lavoro Poletti e Cgil, Cisl e Uil. Renzi tira dritto sul Jobs Act e non si è degnato neanche di andare all'incontro svoltosi il 19 dicembre a Roma ma ha delegato il ministro del lavoro Poletti, l'ex presidente della Lega delle Cooperative, quello apparso in svariate foto assieme all'ex sindaco fascista di Roma Alemanno e a Buzzi, affiliato alle Coop e al PD, entrambi pienamente coinvolti nell'indagine su “Mafia capitale”.
“Confronto sì, ma nessuna trattativa. Sui decreti attuativi del Jobs Act l'esecutivo illustra le sue posizioni alle parti sociali, raccoglie istanze e sollecitazioni ma non ci sarà nessuna trattativa e – si chiarisce - i decreti delegati saranno approvati nel rispetto della delega approvata dal Parlamento”. Insomma, entro il 24 dicembre sarà varato il testo e nel frattempo niente e nessuno potrà cambiarlo. Sono queste le dichiarazioni del Governo rilanciate da tutti gli organi d'informazione che non lasciano adito a dubbi. E con queste premesse l'esito finale non poteva essere che il fallimento, almeno per quanto riguarda gli interlocutori sindacali.
Anche gli imprenditori erano presenti all'incontro con il governo e il loro giudizio invece è stato molto positivo. Non poteva essere altrimenti visto che con il “contratto a tutele crescenti” è calcolato che in un anno le aziende potranno risparmiare per ogni lavoratore così assunto fino a 10 mila euro, grazie ai 1,5 miliardi messi a disposizione dal governo Renzi per azzerare i contributi a carico degli imprenditori che assumeranno con la nuova tipologia contrattuale prevista dal Jobs act, in aggiunta ai 6,5 miliardi che serviranno per abolire la componente lavoro dell'Irap. Nel complesso si avrà un abbattimento secco del 35% del costo del lavoro sui neoassunti e di circa 4 punti percentuali per i vecchi lavoratori. Questi sono dati e numeri forniti dal giornale dei padroni, il Sole 24 ore, che parlano da soli.
Una presa in giro invece per i lavoratori e per coloro che li dovrebbero rappresentare. Il ministro Poletti si è presentato alla Sala Verde di palazzo Chigi (quella della concertazione) senza nemmeno lo staccio di una bozza su cui discutere tanto che il segretario della Uil Barbagallo ha affermato: “Noi partecipiamo a questi incontri solo per rispetto nei confronti dei nostri iscritti. È mai possibile non avere nessun documento? È un provvedimento che riguarda milioni di cittadini e famiglie, e se lo vogliono tenere chiuso in un cassetto fino al 24?”
Non sono state rivelate nemmeno le linee guida del governo anche se si sta configurando un testo ancora peggiore di quello che si poteva immaginare. Il governo sarebbe intenzionato a inserire il licenziamento per “scarso rendimento” nel novero dei licenziamenti economici, per i quali non è previsto il reintegro. Si capisce benissimo che questo servirà a licenziare indiscriminatamente, usando questa motivazione per cacciare i lavoratori sindacalmente più attivi, chi si oppone ai soprusi aziendali, chi ha una salute cagionevole. Alla fine rimane solo il divieto per i licenziamenti discriminatori, ma questa non è certo una “conquista” della minoranza PD perché ciò è già impedito dalla Costituzione e, almeno formalmente, vietato in quasi tutti i paesi del mondo.
Solo la Cisl ha mostrato apertura verso il governo chiedendo solo degli aggiustamenti, ma in generale non è del tutto contraria all'impostazione del nuovo tipo di contratto. Cgil e Uil invece hanno contrattaccato sottolineando che si è parlato più di licenziamenti, delle varie modalità che offre la nuova legge che di assunzioni, ma questo è il vero scopo del Jobs Act. Il neo segretario Uil Carmelo Barbagallo ha risposto che il governo otterrà dai sindacati e dai lavoratori “lotte crescenti”. In più occasioni il leader Uil ha scavalcato a sinistra la Camusso, probabilmente per ottenere maggiore visibilità. In modo chiaro ha detto che con il Jobs Act “gli imprenditori possono licenziare come e quando vogliono" mentre Renzi l'unico “diritto” che ha esteso a tutti i lavoratori è quello di essere licenziati.
Anche la Camusso ha espresso giudizi negativi anche se con toni più dimessi: "Il governo è indisponibile a un confronto normale"; "Il quadro è preoccupante e nel complesso temiamo che l'impianto generale avrà moltissime contraddizioni", e definito le nuove modalità di assunzione "a monetizzazione crescente". Non vogliamo certo accreditare la Uil come punta avanzata delle lotte contro Renzi ma ci saremmo aspettati una Cgil più battagliera e “arrabbiata”.
Lo stesso giudizio positivo espresso dalla Camusso sul saluto di Napolitano del 16 dicembre alle alte cariche dello Stato è apparso del tutto fuori luogo. Il presidente della repubblica ha esaltato il governo Renzi e le sue “riforme” economiche liberiste, piduiste e antidemocratiche contro cui stanno lottando i lavoratori e la leader della Cgil gli dice pure bravo? Oltretutto il nuovo Vittorio Emanuele III ha intimato ai sindacati di “essere uniti e rispettare le decisioni del governo”. In quell'occasione Renzi ha ricercato la Camusso per abbracciarla e fargli gli auguri di natale. Tra sorrisi e abbracci, Renzi con piglio ducesco l'ha avvertita: “Sì però il 24 facciamo comunque i decreti attuativi del Jobs Act”.
Noi avevamo già denunciato che il governo del Berlusconi democristiano Renzi non si sarebbe fermato davanti alla manifestazione del 25 ottobre né davanti allo sciopero generale del 12 dicembre perché l'approvazione del Jobs Act e la cancellazione dell'articolo 18 rimangono uno dei principali obiettivi di questo governo reazionario, antioperaio, al servizio dei padroni. Conviene ricordare che questo esecutivo è anche un fedele esecutore dei diktat dell'Unione Europea e nonostante Renzi faccia ogni tanto la voce grossa alla fine si allinea sempre alla sua politica economica e sociale.
Il governo Renzi, con il suo padrino Napolitano, è in piena sintonia con Squinzi, la Confindustria e in continuità con i governi precedenti nel completare la trasformazione dell'Italia in una repubblica presidenzialista e neofascista con ambizioni imperialiste, con una magistratura assoggettata, una scuola privatizzata nelle mani dei privati e della chiesa cattolica, un sistema elettorale e istituzionale borghese reazionario, con relazioni industriali di tipo mussoliniano dove i lavoratori vengono privati dei loro diritti.
La Cgil non deve illudere i lavoratori che con Renzi si possa dialogare e fargli cambiare idea. Questo incontro è un'ulteriore prova che non si può e non si deve trattare con questo governo. Occorre invece continuare la mobilitazione dei lavoratori, degli studenti e delle masse popolari con l'obiettivo di spazzarlo via prima che riesca a completare il suo disegno antioperaio e piduista. Il PMLI farà la sua parte assieme a tutti coloro che condividono questo obiettivo, poi ognuno percorrerà la sua strada, chi quella nell'ambito del capitalismo, chi, come i marxisti-leninisti, quella del socialismo.
23 dicembre 2014