Una truffa l'apertura degli armadi segreti annunciati da Renzi
Le carte che dovevano essere nei faldoni dell'Archivio delle stragi dove sono finite?
La cosiddetta “operazione trasparenza” annunciata dal Berlusconi democristiano Renzi a partire dal 22 aprile scorso circa la declassificazione degli atti segreti sulle stragi che hanno insanguinato il Paese per quasi un trentennio, dal 1969 al 1994, si è rivelata un'autentica truffa.
Si è scoperto infatti che gli armadi in cui erano custoditi i faldoni secretati a cominciare dalla strage di piazza Fontana del 12 dicembre 1969 fino all'assassinio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin avvenuto a Mogadiscio nel 1994, passando per le stragi di Gioia Tauro (1970), Peteano (1972), Brescia (1974), Italicus (1974), Ustica (1980), Bologna (1980), rapido 904 (1984) sono stati svuotati e riempiti di scartoffie che non hanno nulla a che fare con le carte e le risultanze investigative delle varie inchieste giudiziarie e parlamentari che negli anni sono state svolte per scoprire la verità.
Renzi, insieme al sottosegretario con delega ai Servizi segreti, il piddino Marco Minniti, e al direttore del Dis, ambasciatore Giampiero Massolo, il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza già diretto fino al maggio 2012 dal discusso Gianni De Gennaro, colui che ordinò e coprì la mattanza alla scuola Diaz durante il G8 di Genova, con una serie di annunci pirotecnici sulla stampa e i social network avevano promesso: “Abbiamo deciso di desecretare gli atti delle principali vicende che hanno colpito il nostro Paese e trasferirli all'Archivio di Stato. Per essere chiari: tutti i documenti delle stragi di Piazza Fontana, dell'Italicus o della bomba di Bologna. Lo faremo nelle prossime settimane. Vogliamo cambiare verso in senso profondo e radicale... Uno dei punti qualificanti della nostra azione di governo è proprio quello della trasparenza e dell'apertura. In questa direzione va la decisione che considero un dovere nei confronti dei cittadini e dei familiari delle vittime di episodi che restano una macchia oscura nella nostra memoria comune... E' una decisione epocale, la più importante opera di declassificazione nella storia della nostra Repubblica”.
Il 15 maggio successivo Minniti, ininterrottamente in carica coi governi D'Alema 1 e 2, Letta e Renzi, conferma che la mole di materiale è notevole ma comincia a mettere già le mani avanti precisando che la “sospirata disclosure” (rivelazione, ndr), più e più volte promessa da vari governi, avrebbe di certo “consentito al cittadino comune di andare all'Archivio di Stato non per trovare una verità giudiziaria, ma per ricostruire una storia politica del nostro paese”. Ora si scopre che i famigerati armadi segreti contengono solo un cumulo di cartacce inutilizzabile non solo ai fini dell'accertamento della verità sulle stragi ma perfino inutile alla ricostruzione della storia politica dell'Italia.
Basti pensare che sul frontespizio dei faldoni le stragi fasciste degli anni Sessanta e Settanta sono classificate come “eventi” mentre l'abbattimento del Dc9 Itavia a Ustica è relegato a semplice “incidente”. Emblematico è il contenuto del faldone archiviato come "Evento Piazza della Loggia". Sfogliando le carte sulla strage fascista che il 28 maggio 1974 provocò a Brescia la morte di otto persone e il ferimento di altre centodue durante una manifestazione sindacale antifascista, si leggono solo decine di veline dei servizi segreti contenenti informazioni sull'ex PCI a partire dal dopoguerra fra cui un appunto del 27 luglio 1950 del servizio informazioni dell'Esercito con “notizie su vari enti commerciali stranieri in Italia in collegamento con i servizi segreti Polacchi e con il Pci”; una informativa sulla “perequazione di quadri Pci” e una relazione sulle “attività del Pci in direzione della Rai Tv”. Roba che non c'entra niente con la strage e non è utile nemmeno ai fini di una ricostruzione storica.
Lo stesso vale per il dossier intitolato "Evento Peteano" dove sono raccolte informazioni richieste alla Difesa nel 1990 dall'allora giudice istruttore di Venezia Felice Casson (oggi senatore PD), sui depositi di armi dei servizi segreti nel Nord-Est. E su reti segrete post-belliche come l'"Organizzazione O" del Colonnello Olivieri. Mentre nel fascicolo "Evento Piazza Fontana" c'è poco più che il carteggio della Difesa del 1970 che “in punta di diritto” non riteneva di doversi costituire parte civile nel processo contro gli imputati della strage alla Banca dell'Agricoltura.
Provocatoria la replica di Minniti il quale, di fronte alla sacrosanta indignazione dell'opinione pubblica e soprattutto alla rabbia dei familiari delle vittime, presi in giro per l'ennesima volta, si è rimangiato tutto e in una intervista a “La Repubblica” del 18 novembre ha ammesso che: "Il senso di questa operazione trasparenza non era trovare la pistola fumante di questa o quella strage. Ma mettere a disposizione dell'opinione pubblica tutto il materiale che prima non era consultabile" e comunque ha aggiunto Minniti sfiorando il ridicolo “per quanto riguarda le carte dei servizi segreti, una apposita commissione sta valutando il rispetto di due tutele previste dalla legge. La prima, la protezione dei dati delle fonti ancora viventi per motivi di privacy, ma soprattutto per la loro sicurezza. La seconda, la protezione dei dati relativi agli 007 stranieri. Un lavoro lunghissimo e molto delicato che porta via tempo perché occorre leggere carta per carta".
Altro che “"La trasparenza è un dovere nei confronti dei familiari delle vittime di questi episodi che restano una macchia oscura".
Del resto non poteva essere altrimenti dal momento che, come avevamo già denunciato su “Il Bolscevico” numero 26 del 3 luglio scorso, la direttiva Renzi riguarda soltanto i documenti classificati come “riservati”, “riservatissimi”, “segreti” o “segretissimi”, inaccessibili al pubblico per almeno 15 anni e fino a un massimo di 30, ma ufficialmente protocollati e già accessibili - previa autorizzazione delle fonti che li hanno in custodia - alla magistratura e alle commissioni parlamentari inquirenti, nonché agli altri soggetti “autorizzati” come storici e studiosi.
Il vero problema sono i documenti non protocollati in mano al ministero degli Interni, ai servizi segreti, carabinieri, guardia di finanza e corpi speciali dell'esercito. Quelli custoditi nell'archivio del Quirinale, che non ha mai risposto alle richieste di visionarli da parte della magistratura, neanche per esempio per chiarire la vicenda del golpe Borghese del 1970. Quelli nascosti in depositi segreti di cui nessuno, tranne pochissimi alti funzionari occulti, conoscono l'esistenza e l'ubicazione, come il deposito abbandonato dell'Ufficio affari riservati del Viminale che fu scoperto sulla circonvallazione Appia dal ricercatore Aldo Giannuli nel 1997, quando al Viminale sedeva il rinnegato Napolitano.
E soprattutto quelli assolutamente inaccessibili giacenti negli archivi della Nato, la cui desecretazione richiederebbe il consenso contemporaneo di tutti gli Stati membri, cosa quantomeno fantascientifica.
La verità storica e politica sulla “strategia della tensione” e sulle stragi degli anni '70-'80 è già stata ampiamente acclarata anche nei processi: sono stati i fascisti ad eseguirle, col supporto diretto della P2 e di Gladio, e i governi di allora, gli apparati dello Stato, la Cia e la Nato ad ordinarle e coprirle. Tuttavia non sono mai stati scovati e condannati i mandanti e quasi mai neanche gli esecutori che con Renzi e Minniti possono continuare a dormire sonni tranquilli.
23 dicembre 2014