Nel messaggio tv per il 60° anniversario della Repubblica Il 2 giugno patriottardo, militarista e interventista di Napolitano Il nuovo presidente della Repubblica ricorda con rispetto i monarchici, appoggia le "missioni di pace" dell'Italia ed esalta le istituzioni borghesi Nel suo discorso di insediamento aveva promesso che la sua presidenza sarebbe stata nel solco tracciato dal suo predecessore. E infatti il nuovo inquilino del Quirinale, Giorgio Napolitano, ha cercato subito di non far rimpiangere il nazionalismo patriottardo, il militarismo e l'interventismo che hanno caratterizzato il settennato di Carlo Azeglio Ciampi. L'occasione, ancora fresco di nomina, gli si è presentata con la festa del 2 giugno, anniversario della Repubblica, il 60 quest'anno, con l'annessa parata militare ripristinata in grande stile proprio dal suo predecessore, dopo un periodo in cui era caduta in disuso per motivi di "austerità" economica. Un'esibizione, anche quest'anno, di potenza militare interventista e aggressiva del rinato imperialismo italiano, che non solo Napolitano si è ben guardato dall'abolire e finanche dal criticare, ciò che avrebbe rappresentato, al di là di tanti paroloni, un concreto segnale di volontà di pace e in difesa dell'articolo 11 della Costituzione, ma alla quale ha invece presenziato con gran sussiego e partecipazione; come del resto hanno fatto anche il governo di "centro- sinistra" del democristiano Prodi (con la sceneggiata delle sue componenti della "sinistra radicale" che partecipavano invece alla controparata pacifista), e il nuovo guardiano della Camera, l'imbroglione trotzkista Bertinotti, che cercava invano di riequilibrare la squallida figura con una ridicola spilletta pacifista. Ma dove Napolitano ha espresso ancor più compiutamente la sua volontà di seguire le orme di Ciampi è stato nel messaggio del 1 giugno, trasmesso anche in televisione, di auguri agli italiani "in occasione della festa nazionale della Repubblica". Lì, in poche frasi, è condensato il credo patriottardo, militarista e interventista del nuovo inquilino del Quirinale, che del resto aveva già delineato abbastanza chiaramente nel suo discorso di insediamento davanti alle Camere riunite. Ciò risalta, in particolare, dal suo appello agli italiani, nel celebrare il 2 giugno, a "onorare i simboli della Nazione" (leggi il tricolore, l'inno nazionale, le forze armate ecc.) e ad "esprimere un sentimento di più intensa appartenenza e comunanza patriottica". Non per "fare vuota retorica" - sottolinea il messaggio - ma per "rafforzare le basi e le motivazioni del nostro agire individuale e collettivo". In questo quadro patriottardo Napolitano rivolge quindi "un particolare omaggio alle nostre Forze Armate, il cui ruolo è segnato nella Costituzione come presidio e garanzia di pace". Un ruolo che però, anche per il nuovo inquilino del Quirinale, come per il suo predecessore, va ormai ben oltre i limiti puramente difensivi fissati dai costituenti nell'articolo 11 della Carta del 1948, e che il rinato imperialismo italiano proietta ed estende a tutto lo scacchiere internazionale, dovunque siano "in gioco" gli "interessi nazionali", o "minacciate" la "sicurezza e la pace" mondiali. Ed ecco perché Napolitano, dopo aver ipocritamente richiamato la Costituzione e la pace, si affretta ad aggiungere subito dopo: "Siamo vicini a tutte le missioni fuori d'Italia in cui esse sono impegnate. Onoriamo la memoria di tutti i caduti". Non a caso, in un successivo messaggio inviato il 10 giugno al capo di Stato maggiore della marina, in occasione della festa dell'arma, Napolitano ha voluto sottolineare espressamente che "la marina militare è attualmente presente, con tutte le sue componenti navali, aeree e terrestri, oltre che nei mari italiani e del Mediterraneo anche in aree mediorientali, europei ed interalleati, per la sicurezza nazionale e internazionale", nonché per "contrastare azioni terroristiche", che è ormai diventato il pretesto universale di tutti i paesi imperialisti per giustificare le guerre di aggressione e annessione in tutto il mondo. Ma egli non si è limitato solo ad esaltare le missioni di guerra italiane all'estero mascherate da interventi "di pace", come quelle in Iraq, in Afghanistan e nei Balcani. In questa stessa ottica nazionalista e imperialista ha colto l'occasione anche per proseguire il disegno di riconciliazione patriottica di Ciampi, come già aveva iniziato a fare con il discorso di insediamento, parlando di "zone d'ombra, eccessi e aberrazioni" della lotta partigiana e mettendo sullo stesso piano "tutte le vittime" della guerra di Liberazione. Ed è così che, col pretesto di rievocare il suo ricordo personale del referendum del 2 giugno 1946 vissuto a Napoli, Napolitano ha voluto testimoniare il suo "rispetto anche per quanti espressero nel referendum il loro attaccamento all'istituto monarchico". Cancellare non soltanto la discriminante antifascista, dunque, ma anche quella antimonarchica, per favorire l'unità patriottica intorno al regime neofascista e alle sue forze armate interventiste. È questo l'invito del messaggio di Napolitano, che non a caso è stato salutato con esultanza dal piduista, mercante d'armi e processato per omicidio Vittorio Emanuele di Savoia e dal suo rampollo Emanuele Filiberto, capi della monarchia nera in Italia: "sono parole molto importanti e incoraggianti, ed è anche un invito all'unità", ha commentato infatti Vittorio Emanuele, rivelando anche che il nuovo capo dello Stato gli aveva inviato una lettera "molto molto gentile" in risposta a un suo messaggio di congratulazioni per la sua elezione. A completamento del quadro si aggiunga anche l'esaltazione delle istituzioni borghesi, che il messaggio di Napolitano ha fatto richiamando il carattere interclassista della Costituzione del 1948, quando dice che dopo la sua approvazione "le tensioni e le prove che insosrsero poi sul piano sociale e sul piano politico vennero superate (sic) nel quadro delle istituzioni repubblicane". Con ciò invitando a superare, con lo stesso spirito, ogni divisione politica attuale tra maggioranza e opposizione ("in un clima di operosità e responsabile collaborazione", recita il messaggio), e assicurando che questo "sarà l'impegno" della sua presidenza. Con che faccia tosta, allora, si è potuto parlare dell'elezione di Napolitano come primo presidente "comunista" della storia repubblicana? Non solo egli è invece un borghese, socialdemocratico e anticomunista da sempre, ma ora si è confermato essere anche un militarista e un interventista convinto, un filoimperialista accanito, nonché un protettore dei fascisti e dei monarchici e un fautore della collaborazione tra la destra neofascista berlusconiana e la "sinistra" borghese di Prodi, D'Alema, Rutelli e Bertinotti. 14 giugno 2006 |