Chiusi per due settimane Termini, Pomigliano, Melfi, Cassino, la Sevel e Mirafiori 30mila lavoratori Fiat in cassa integrazione Esplode la rabbia a Pomigliano e a Termini Imerese Sciopero generale del gruppo il 3 febbraio La cassa integrazione per due settimane interesserà Termini, Pomigliano, Melfi, Cassino, la Sevel e Mirafiori: in sostanza, tutti gli stabilimenti del gruppo automobilistico per un totale di oltre 30.000 lavoratori. Lo ha annunciato a due giorni dalla trattativa su Termini Imerese, svoltasi il 29 di gennaio, l'amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne. Una decisione senza precedenti per molti sindacalisti, diversi dei quali l'hanno definita un vero e proprio ricatto. In ballo vi sono il rinnovo degli incentivi per la rottamazione, ma anche il futuro di Termini Imerese e del suo indotto. Gli ultimi incentivi in ordine di tempo per l'acquisto di auto sono scaduti a dicembre. Il governo Berlusconi preannuncia l'esistenza di un piano con nuovi finanziamenti pubblici. Ma niente di ufficiale ancora. Secondo alcune indiscrezioni, sarebbero in ballo circa 300 milioni di euro da utilizzare entro il giugno 2010 per tutto il mercato dell'auto, dunque non solo per Fiat. Rispetto al 2009 però gli incentivi si ridurrebbero ad appena un quarto dei precedenti e si dimezzerebbe la durata della campagna di rottamazione. Che la cassa integrazione sia, dunque, un ricatto per strappare al governo impegni concreti sul fronte dei finanziamenti pubblici, lo confermerebbero le dichiarazioni del responsabile vendite dell'azienda, Santo Ficili: "Il mercato è meno del 50 per cento di quello degli ultimi tre mesi - ha affermato- non mi stupisce che se non si vendono auto si ricorra alla cassa integrazione". Incalzano dal Lingotto "In assenza degli incentivi in Italia si perderanno 300mila auto. Il mercato da 2 milioni scenderà a 1,7 e poiché a soffrirne saranno le vetture piccole l'impatto sarà più pesante sulla Fiat". Il governo cederà ancora una volta ai ricatti dell'azienda più assistita d'Italia e pagherà in soldoni? Incentivi però, bisogna chiedersi, in cambio di cosa? In cambio delle ripetute settimane di cassa integrazione? dei licenziamenti già programmati? Della chiusura di Termini Imerese? Delle denunce contro gli operai della "Delivery Mail" "rei" di essere saliti sul tetto dello stabilimento siciliano per difendere il loro posto di lavoro? Della serrata dello stabilimento siciliano? Se sono questi i provvedimenti decisi recentemente da Fiat, allora in cosa consisterebbe l'interesse sociale a sganciarle ancora una volta consistenti finanziamenti pubblici? Infatti, dal tavolo delle trattative tenutosi il 29 gennaio tra governo e Fiat sullo stabilimento siciliano esce solo la conferma che verrà chiuso: "le condizioni di svantaggio competitivo dell'impianto di Termini Imerese - afferma il presidente della Fiat, Montezemolo - e la non economicità industriale rendono impossibile proseguire la produzione oltre il 2011". Particolarmente violento e arrogante, dunque, l'attacco ai lavoratori siciliani. Un attacco che tra i suoi obbiettivi ha quello di spezzare l'unità di lotta tra gli operai della Fiat e quelli dell'indotto. Nello stabilimento, infatti, il Lingotto, il 27 gennaio, aveva deciso la serrata delle attività a tempi indeterminato perché le famiglie dei dipendenti della Delivery, azienda dell'indotto, bloccavano i cancelli e impedivano l'ingresso dei materiali e delle componenti nei camion fermi nel piazzale dello stabilimento. Il rappresentante della Fiom, Roberto Mastrosimone, parla di "un fatto gravissimo, una decisione presa unilateralmente, senza alcuna comunicazione preventiva ai sindacati e senza motivazione plausibile. Così i lavoratori non avranno la paga giornaliera e nemmeno la cassa integrazione". La produzione è ripresa solo l'1 di febbraio. L'arroganza di Fiat però non è riuscita a impedire che, alla riapertura, in fabbrica si svolgesse un'assemblea sindacale, nella quale si è discusso della cassa integrazione e del futuro dell'impianto. A Pomigliano d'Arco, in provincia di Napoli, i 38 operai precari di Fiat Handling ai quali non è stato rinnovato il contratto, all'indomani dell'annuncio della cassa integrazione, hanno bloccato le strade della cittadina. Con un corteo improvvisato hanno marciato lungo le vie della città e sono tornati a occupare il Comune. Il governo Berlusconi, sordo alle proteste operaie, si è appiattito completamente sulle direttive padronali di Marchionne. Nonostante il fallimento del tavolo di trattativa su Termini Imerese e all'indomani dell'annuncio della cassa integrazione in tutti gli stabilimenti, il ministro Scajola afferma:"il dialogo con il Lingotto è ripreso". E per dialogo ripreso intende, evidentemente, che la questione oggi prioritaria, ossia il futuro dello stabilimento siciliano, è archiviata. Nel prossimo tavolo che si svolgerà il 5 febbraio il governo ha, infatti, messo all'ordine del giorno la discussione su "6-7 offerte che ci sono arrivate" per l'acquisto dello stabilimento siciliano. I sindacati, scettici sulle assicurazioni del governo, confermano lo sciopero generale di 4 ore di tutti gli stabilimenti, 8 ore a Termini, che si svolgerà il 3 di febbraio. Il PMLI esprime solidarietà militante ai 30mila lavoratori Fiat per i quali si prospetta la cassa integrazione e chiede che nessuno stabilimento venga chiuso e nessun posto di lavoro venga perso. Auspichiamo che la mobilitazione operaia si estenda a livello nazionale e si intensifichi per fermare il piano di dismissione dello stabilimento siciliano. Ma per salvare tutti gli stabilimenti della Fiat bisogna avere il coraggio di fare una scelta radicale che d'altra parte la situazione richiede e impone. Una scelta che comporta l'esproprio dell'intero gruppo Fiat senza indennizzo da parte dello Stato; anche perché lo Stato ha già pagato a sufficienza. Si tratta di nazionalizzare Fiat auto per attuare una sua profonda riconversione industriale che abbia al suo centro la produzione dei mezzi di trasporto collettivi pubblici su rotaia e via mare, comprendendo in questo contesto anche la ricerca e la costruzione dell'auto ecologica (metano, idrogeno, elettrica). Solo così possiamo salvare questa azienda d'importanza nazionale costruita col sudore e col sangue di numerose generazioni di operai che vi hanno lavorato. 3 febbraio 2010 |