Lo stillicidio di sangue operaio non si ferma nemmeno durante le ferie 30 morti sul lavoro in agosto Nonostante la chiusura estiva di fabbriche e cantieri e il crollo vertiginoso del numero degli occupati, non accenna a placarsi lo stillicidio quotidiano dei morti sul lavoro. Il sangue operaio versato sull'altare della ricerca del massimo profitto capitalista nel mese di agosto ha segnato un nuovo record negativo: oltre 30 lavoratori infatti hanno perso la vita cadendo dalle impalcature, asfissiati in fondo a una cisterna, folgorati, bruciati, schiacciati o stritolati dai macchinari e dai manufatti su cui stavano lavorando. I giorni più neri sono stati il 2, 3 e 11 agosto con nove lavoratori morti al ritmo di uno ogni otto ore. Dati e statistiche che sono a dir poco agghiaccianti ma che purtroppo non rispecchiano la realtà e sono sottostimati. Molti lavoratori infatti perdono la vita a causa di infortuni sul lavoro dopo settimane o mesi dagli "incidenti"; altri periscono per incidenti "in itinere" (casa-lavoro) e tanti altri sono lavoratori in nero che non entrano neanche nei conteggi, e, ancor più questo succede per le malattie professionali che portano la morte a distanza di anni nel più assoluto silenzio delle istituzioni e dei media. Basti pensare che dall'inizio dell'anno al 3 settembre 2010 (secondo i dati riportatati dal sito art. 21), gli infortuni "ufficiali" avvenuti sul posto di lavoro sono stati 706.824 e hanno prodotto 17.670 invalidi e 706 morti. Una strage di lavoratori favorita dal governo del neoduce Berlusconi che, in combutta coi sindacati confederali, ha di fatto cancellato le norme a tutela della sicurezza nei luoghi di lavoro. Un processo di "semplificazione" e "riduzione" del "carico" e degli oneri sulle imprese, con l'eliminazione dei libri presenze, libri matricola e registri vari nei cantieri, avviato dal "centro-sinistra" e oggi portato alle estreme conseguenze dal "centro-destra" come testimoniano le recenti esternazioni del ministro dell'Economia Tremonti che al Festival di Bergamo ha avuto il barbaro coraggio di affermare che: "Dobbiamo rinunciare ad una quantità di regole inutili: siamo in un mondo dove tutto è vietato tranne quello che è concesso dallo Stato, robe come la 626 sono un lusso che non possiamo permetterci. L'Ue e l'Italia si devono adeguare al mondo". Una linea tesa a favorire ancora di più il profitto dei padroni e che è condivisa in pieno anche dal segretario della Cisl Bonanni secondo cui "i diritti non ci sono se non c'è la fabbrica". Affermazioni gravissime che tendono a far passare l'idea secondo cui i morti sul lavoro sono un fatto fisiologico in una società industrializzata. 8 settembre 2010 |