3 milioni in piazza in Francia per lo sciopero generale Lo scorso 29 gennaio la Francia si era fermata per lo sciopero generale e 2 milioni e mezzo di manifestanti erano scesi in piazza dando vita alle più grandi manifestazioni degli ultimi 20 anni. Sotto la pressione dello sciopero il presidente Sarkozy e il premier Fillon avevano destinato circa 2,5 milioni di euro per far fronte alla emergenza sociale in cui versa il paese in seguito alla crisi economica. Una cifra che si è dimostrata insufficiente, i licenziamenti dilagano sia nel settore privato che in quello pubblico accompagnati dai tagli decisi dal governo ai servizi sociali e all'istruzione. E i lavoratori francesi sono tornati in piazza il 19 marzo in occasione di un nuovo sciopero generale indetto dalle principali organizzazioni sindacali con una partecipazione ancora più massiccia del gennaio scorso. Tre milioni di manifestanti hanno dato vita ai cortei in ben 229 città del paese. Erano più di 350 mila a Parigi, 300 mila a Marsiglia, 100 mila a Bordeaux, diverse decine di migliaia a Tolosa, Lione, Nantes, Rennes. Nella capitale alle due del pomeriggio, la grande Place de la Republique era stracolma di manifestanti, come i grandi viali che la circondano. L'enorme corteo ha sfilato dietro lo striscione con la parola d'ordine della manifestazione "insieme affrontiamo la crisi, difendiamo il lavoro, il potere d'acquisto e il servizio pubblico" fino a Place de la Nation. I trasporti pubblici e le poste hanno funzionato a singhiozzo, bloccate trasmissioni radio e quotidiani, alta la partecipazione allo sciopero nella scuola e massiccia la presenza alle manifestazioni di insegnanti, ricercatori e studenti che da sette settimane sono mobilitati contro le riforme volute da Sarkozy e dalla ministra Valérie Pécresse. Superiore a quella dello sciopero precedente anche l'adesione nei settori privati e in particolare tra i lavoratori di Total, Saint Gobain, Auchan e Carrefour. Alta la partecipazione allo sciopero anche nelle banche, nelle aziende metalmeccaniche e chimiche con alcuni casi nei quali le aziende hanno chiuso i battenti. Come nel caso della Continental di Clairoix, la fabbrica di pneumatici con i 1120 dipendenti in lotta contro il progetto di chiusura annunciato dalla proprietà. Secondo l'istituto nazionale di statistica francese il prodotto interno lordo dovrebbe calare dell1,5% nel primo trimestre del 2009, dopo il calo dell'1,2% nell'ultimo trimestre 2008 e la principale conseguenza di questa "recessione brutale e generalizzata", secondo l'istituto, sarà una "distruzione massiccia di posti di lavoro". Entro il primo semestre del 2009 si prevede la cancellazione di 387.000 posti di lavoro nel settore manifatturiero, più di quelli che il governo aveva previsto per tutto il 2009; i disoccupati supereranno i 2,5 milioni e il tasso di disoccupazione potrebbe salire all'8,8%, un punto percentuale in più in un solo trimestre. Con le mobilitazioni e gli scioperi generali i sindacati chiedono al governo misure straordinarie contro la disoccupazione e a tutela del potere d'acquisto dei salari, oltre alla difesa dei servizi pubblici. Nello specifico hanno chiesto al governo che abolisca la legge che defiscalizza gli straordinari, quella che istituisce il lavoro la domenica, che rinunci ai tagli al pubblico impiego. In caso di risposte ancora negative da parte del governo le organizzazioni sindacali stanno pensando a proseguire la mobilitazione con iniziative particolari per il prossimo Primo Maggio. Pur con un tasso di sindacalizzazione basso, intorno all'8%, i sindacati sono riusciti a innescare una forte mobilitazione attorno alle loro richieste anche se non sono riusciti a, o non hanno voluto, saldare la lotta dei lavoratori della Francia continentale con quella dei territori d'oltremare che al termine di una dura lotta hanno ottenuto dal governo gran parte delle rivendicazioni a partire dai 200 euro mensili di aumento dei salari più bassi. D'altra parte la mobilitazione dei lavoratori contro i licenziamenti o contro il governo cresce quasi spontaneamente come nelle zone orientali di Parigi dove negli uffici postali si susseguono scioperi proclamati dai lavoratori in assemblea. Si moltiplicano lotte contro i licenziamenti come alla Sony e alla Continental. L'ultimo esempio è venuto da una piccola fabbrica di produzione di telai di automobili; i 20 operai della Stpm, situata a Mantes-la-Jolie nella banlieue ovest di Parigi, hanno scioperato per 9 giorni, con picchetti 24 ore su 24, e hanno costretto il padrone a ritirare i licenziamenti previsti. La situazione in generale delle banlieue parigine è in ebollizione anche a fronte del palese insuccesso del "piano per le periferie" messo a punto dalla sottosegretaria Fadela Amara che non ha fatto passi avanti per mancanza di finanziamenti ma anche perché la precedenza del governo è andata alla militarizzazione delle periferie. Militarizzazione avviata dopo le rivolte del 2005 dall'allora ministro degli Interni Sarkozy che adesso dalla poltrona presidenziale pensa di mettere in servizio anche i droni, gli aerei senza pilota per sorvegliare i quartieri periferici. Quello che Sarkozy non riesce a controllare è invece la mobilitazione nelle università. Il 17 marzo un gruppo di studenti e insegnanti ha occupato simbolicamente Sciences Po Paris, un istituto d'élite frequentato da gran maggior parte della classe dirigente francese. Gli occupanti con un comunicato denunciavano che "studenti e professori di diverse università della regione parigina occupano oggi Sciences Po, simbolo del sistema elitista e parodia nell'insegnamento superiore francese. Intendiamo così denunciare le ineguaglianze nelle nostre condizioni di studio e di insegnamento". L'occupazione della sede universitaria era l'ultimo episodio di una mobilitazione nelle università che dura da 7 settimane, con 35 università bloccate in tutto il paese, e che vede ricercatori e studenti e in certi casi anche i presidenti protestare contro la riforma della ministra Valérie Pécresse. Una riforma che tra l'altro apre l'università ai capitali privati per finanziare la ricerca e abolisce parte dei corsi gratuiti per i futuri insegnanti. Alcune parti della riforma sono state ritirate dopo le proteste e gli scioperi dei mesi passati ma insegnanti, ricercatori e studenti non si sono fermati e vogliono il ritiro completo del progetto governativo. 25 marzo 2009 |