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67° Anniversario della Liberazione dell'Italia dal nazifascismo
Alziamo la bandiera della Resistenza contro il capitalismo, per il socialismo |
Buon 25 Aprile alle partigiane e ai partigiani, ai reduci dai campi di concentramento, agli antifascisti e a tutti i sinceri democratici che anche quest'anno si riuniranno in tutto il Paese per celebrare, nel 67° Anniversario della Liberazione dell'Italia dal nazifascismo, la data più fulgida della nostra storia nazionale: quel luminoso 25 Aprile del 1945 in cui il popolo italiano, guidato dagli eroici partigiani, insorse in tutte le città del Nord, sbaragliando definitivamente gli invasori nazisti e i loro servi repubblichini e liberandosi con le armi in pugno dalla nera dittatura fascista mussoliniana.
Dobbiamo difendere con le unghie e coi denti il 25 Aprile e non dare mai per scontata la libertà di celebrarlo, perché la classe dominante borghese, attraverso i nostalgici del fascismo, quelli dichiarati e quelli camuffati nelle file berlusconiane e leghiste, e tramite perfino i molti revisionisti della storia presenti nei partiti borghesi riformisti e sedicenti democratici, non cessa mai i tentativi di cancellare questa ricorrenza o di svuotarla di significato. Basti pensare, tra gli ultimi esempi, al tentativo di Berlusconi, anche se non riuscito, di inserire nella manovra dello scorso agosto l'accorpamento alla domenica delle festività civili, tra cui il 25 Aprile e il 1° Maggio.
Governo Monti, dalla padella alla brace
Dal precedente anniversario diversi cambiamenti sono intervenuti nella situazione economica, sociale e politica del Paese, ma la musica non è certo cambiata per le masse lavoratrici e popolari, anzi le loro condizioni sono ulteriormente peggiorate. Al governo neofascista, presidenzialista, federalista, interventista, piduista, razzista, xenofobo e filomafioso del neoduce Berlusconi è subentrato il governo Monti della grande finanza, della Ue e del massacro sociale, messo in piedi con un golpe bianco senza precedenti con la complicità del nuovo Vittorio Emanuele III, Napolitano. Un governo imposto dal capitale finanziario internazionale, dalla Ue imperialista e dalla grande borghesia italiana, per far uscire l'Italia dalla più devastante crisi economica e finanziaria del capitalismo, ancor più devastante di quella del 1929, scaricandola interamente sui lavoratori e sulle masse popolari, cancellando sistematicamente tutte le loro conquiste politiche, economiche, sociali e sindacali acquisite a prezzo di dure lotte dal dopoguerra ad oggi.
Col che si può ben dire che siamo caduti dalla padella nella brace, visto che il tecnocrate liberista borghese Monti non solo si sta muovendo in stretta continuità con la politica presidenzialista, liberista e antipopolare del nuovo Mussolini di Arcore, ma la sta ulteriormente intensificando, con un massacro sociale senza precedenti, rafforzando il regime neofascista in linea con il piano della P2, libero da qualsiasi remora elettoralistica e grazie all'appoggio dei tre più grandi gruppi parlamentari, PDL, PD e UDC-Terzo polo, nonché del sostegno attivo e incondizionato del Quirinale, ben oltre i limiti stabiliti dalla Costituzione borghese del 1948, ormai ridotta a carta straccia.
In campo economico e sociale il governo Monti ha esordito con una controriforma delle pensioni che ha riportato in un sol colpo il nostro sistema previdenziale agli ultimi posti in Europa, ha ripristinato l'ICI sulla prima casa (IMU) e ha messo in ginocchio regioni, province e comuni tagliandogli drasticamente i finanziamenti. Per poi subito dopo dedicarsi a demolire scientificamente le condizioni e i diritti dei lavoratori, con la controriforma degli ammortizzatori sociali e l'abolizione dell'articolo 18, secondo la dottrina delle nuove relazioni industriali mussoliniane di Marchionne, mentre non riduce neanche di un'unghia la spaventosa piaga del precariato. E tutto questo senza neanche scalfire i grandi patrimoni, le rendite parassitarie, gli scandalosi privilegi della "casta" dei politicanti borghesi e la gigantesca evasione fiscale, se si eccettuano alcuni blitz della guardia di finanza del tutto ininfluenti e di sapore più che altro propagandistico.
In campo interno e istituzionale ha mostrato subito la faccia feroce con il popolo No Tav e con le lotte dei lavoratori, ha accelerato la controriforma dell'art. 81 della Costituzione, con l'introduzione del pareggio di bilancio che istituzionalizza la politica di lacrime e sangue permanente secondo il diktat dell'Europa imperialista, e sta preparando una legge sulla corruzione che in realtà la depenalizza eliminando il reato di concussione, e che ripropone la legge-bavaglio sulle intercettazioni e la responsabilità civile dei giudici per "manifesta violazione del diritto" imposta con un colpo di mano in parlamento dal neoduce Berlusconi e dalla Lega. Mentre intanto Alfano, Bersani e Casini, sotto l'egida di Napolitano e dello stesso Monti, si accordano per una nuova legge elettorale che tagli le gambe ai partiti minori e per la controriforma della Costituzione, da attuare entro questa legislatura, che toglierà potere al parlamento per dare invece nuovi poteri presidenzialisti al presidente del Consiglio.
Interventismo e ambizioni espansioniste dell'imperialismo italiano
Anche in campo internazionale Monti sta sviluppando, in forma aggravata, la stessa politica imperialista e interventista del suo predecessore. Lo sta dimostrando in modo evidente con i suoi viaggi in Estremo e Medio Oriente, dove è andato per rilanciare le ambizioni espansioniste dell'imperialismo italiano, sia a livello economico (Asia), che militare, con gli accordi politico-militari in funzione anti iraniana e anti palestinese per nuove forniture di armamenti a Israele, e col rafforzamento della presenza militare italiana in Libano. A questo proposito, mentre il neoduce Berlusconi, sia pure per considerazioni puramente elettoralistiche, aveva ventilato un parziale ritiro del contingente dal sud del Libano, Monti in piena sintonia col Quirinale, ha viceversa ribadito il proseguimento senza data di scadenza della missione Unifil, dichiarando solennemente da Beirut che "non ci saranno riduzioni nel prossimo futuro, del numero dei nostri soldati".
A questo si aggiunge la riconferma dell'acquisto di 90 cacciabombardieri offensivi F-35 per un costo di oltre 10 miliardi, e il nuovo programma di "riforma" del modello di difesa, che a fronte di un bilancio invariato del ministero della Difesa (mentre tutti gli altri dicasteri sono stati tagliati) prevede una riduzione (molto graduale) del personale in parallelo con un aumento delle capacità offensive, attraverso un aumento e un rinnovamento tecnologico degli armamenti che diano all'esercito italiano un carattere ancor meno difensivo e ancor più marcatamente interventista fuori dai confini nazionali. Non si fa molta fatica a comprendere, perciò, come questo governo, col silenzio complice dell'intero parlamento, abbia ormai definitivamente stracciato l'art. 11 della Costituzione, che vincolava l'Italia ad un ruolo puramente difensivo e non interventista delle sue forze armate.
Non è certo questa che sta uscendo dalla "cura" del governo Monti l'Italia per cui hanno combattuto e hanno versato il sangue i nostri padri e nonni partigiani, e lo sarà sempre di meno se questa politica di massacro sociale all'interno e imperialista e interventista all'esterno non sarà fermata con la lotta di piazza di milioni di lavoratrici e lavoratori, studenti, antifascisti e democratici. In molti lo stanno già facendo spontaneamente, come gli operai e i lavoratori scesi in piazza per difendere l'articolo 18 e le pensioni, con in testa la Fiom, i No Tav della Val di Susa, i giovani di Occupy Piazza Affari, e così via. Occorre insistere su questa strada, allargando ed intensificando le lotte di massa, rivendicando la proclamazione dello sciopero generale di 8 ore con manifestazione nazionale a Roma davanti a Palazzo Chigi, per opporsi alla politica liberista e alle controriforme del governo Monti, fino a cacciarlo via.
Al tempo stesso occorre prendere coscienza che è il capitalismo che genera incessantemente le crisi, l'immiserimento e l'oppressione delle masse, il militarismo e le guerre imperialiste, e che non c'è altra strada per porre fine per sempre a questi flagelli che quella di abbatterlo e di instaurare il socialismo. Questa crisi mostra chiaramente che non è possibile riformarlo o renderlo più sopportabile dalle masse, come vorrebbero far credere i partiti della "sinistra" borghese. Al contrario, tutto dimostra che è il grande capitale finanziario internazionale che fa il bello e il cattivo tempo dappertutto e che impone e condiziona anche i singoli governi dei paesi capitalisti, costretti dai mercati che hanno in pugno i loro debiti sovrani ad attuare per loro conto uno spietato massacro sociale.
Il PMLI invita perciò tutte le anticapitaliste e gli anticapitalisti ad andare fino in fondo alla critica a questo moribondo e inumano sistema, ad abbandonare ogni illusione elettorale, parlamentare, governativa, riformista e pacifista praticando l'astensionismo e lavorando per la creazione delle istituzioni rappresentative delle masse fautrici del socialismo e unendosi nella lotta per abbatterlo e conquistare il socialismo. Così potremo onorare degnamente la memoria dei nostri padri e nonni partigiani e proseguire sulla strada che ci hanno aperto col loro sacrificio.
Viva il 25 Aprile!
Viva le partigiane e i partigiani!
Liberiamoci dal governo Monti e dal regime neofascista!
Alziamo la bandiera della Resistenza contro il capitalismo, per il socialismo!
18 aprile 2012
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