Discorso di Denis Branzanti in occasione dell'85° Anniversario della scomparsa del grande Maestro del proletariato internazionale, pronunciato davanti al suo monumento a Cavriago Ispiriamoci a Lenin per fare del PMLI un Gigante Rosso anche nel corpo Qui di seguito pubblichiamo il discorso che il compagno Denis Branzanti, Responsabile del PMLI per l'Emilia-Romagna, membro del CC e dell'UP del PMLI, ha pronunciato il 25 gennaio davanti al busto di Lenin a Cavriago (Reggio Emilia) in occasione dell'85° Anniversario della scomparsa del grande maestro del proletariato internazionale e principale artefice della gloriosa Rivoluzione d'Ottobre. Il Segretario generale del PMLI, compagno Giovanni Scuderi, l'ha giudicato "educativo, profondo e incoraggiante", esprimendo al compagno Branzanti i suoi "vivissimi complimenti e ringraziamenti di cuore". Care compagne e cari compagni, anche quest'anno il Partito marxista-leninista italiano ha organizzato una commemorazione pubblica, qui a Cavriago, in occasione dell'85° anniversario della scomparsa del grande maestro del proletariato internazionale Lenin. Ringrazio tutti i compagni presenti, e in modo particolare i compagni venuti da fuori regione: la Cellula "Lenin" della provincia di Bergamo e le Organizzazioni di Viggiù, di Gabicce Mare e di Pineto del Partito. La vostra presenza arricchisce ulteriormente questa nostra iniziativa, dandole un carattere non nazionale, ma comunque extra-regionale. Ogni anno che passa questo appuntamento assume una valenza sempre maggiore, esso rimarca il legame stretto e inscindibile che esiste tra il PMLI e Lenin, il legame che unisce il vero e unico partito del proletariato del nostro paese, in quanto partito della rivoluzione e del socialismo, il PMLI, al grandissimo teorico del marxismo, costruttore del partito bolscevico e principale artefice della gloriosa Rivoluzione d'Ottobre, Lenin. L'unione tra il PMLI e Lenin è inevitabile e indispensabile, così come lo è anche l'unione tra il PMLI e Marx, Engels, Stalin e Mao. Gli insegnamenti dei Maestri sono la nostra forza ideologica principale, la nostra cultura, gli elementi senza i quali non è possibile costruire correttamente il Partito, assicurarne l'unità ed essere dei veri marxisti-eninisti. L'unione con i Maestri garantisce al nostro Partito la base ideologica, l'organizzazione politica e la dialettica marxista-leninista per assicurare la vittoria sulla borghesia e sul capitalismo. Solo prendendo esempio dai cinque grandi maestri del proletariato internazionale, imparando dalla loro opera, e applicandola dialetticamente alla nostra situazione concreta, noi potremo fare come loro, potremo cioè battere tutte le correnti ideologiche revisioniste, tutte le organizzazioni sedicenti comuniste, unire il popolo sotto la bandiera della rivoluzione socialista, abbattere il capitalismo e l'imperialismo italiano e costruire l'Italia unita, rossa e socialista. Per compiere questa impresa, difficilissima ma non certo impossibile, dobbiamo conoscere a fondo le condizioni di vita e di lavoro del nostro popolo, così come Lenin conosceva quelle del popolo russo, dobbiamo abbeverarci alla fonte del marxismo-leninismo-pensiero di Mao, così come faceva Lenin con i suoi predecessori Marx ed Engels, dobbiamo sviluppare ulteriormente il marxismo-leninismo-pensiero di Mao così come Lenin ha fatto con la scienza marxista, dobbiamo applicare dialetticamente il marxismo-leninismo-pensiero di Mao alla nostra situazione concreta così come fece magistralmente Lenin rispetto alla situazione russa, dobbiamo infine armarci della determinazione, della combattività e dello spirito di sacrificio di Lenin. Certo questo non ci ergerà al livello di Lenin, ma ci permetterà di condurre al meglio la lotta politica facendo di noi dei degni eredi di Lenin e del leninismo, ed è questo ciò che più conta. Solo se il proletariato e le masse lavoratrici e popolari del nostro Paese, e in particolare i giovani e i giovanissimi, seguiranno gli insegnamenti di Lenin e degli altri Maestri, e si uniranno al PMLI, potranno liberarsi dall'oppressione e dallo sfruttamento capitalista. Noi marxisti-leninisti italiani ne siamo fermamente convinti, e per questo non perdiamo occasione per tenere ben alta la rossa bandiera di Lenin e per divulgarne l'opera e gli insegnamenti. Tra le varie iniziative svetta la realizzazione di una inedita biografia di Lenin pubblicata a puntate sul Bolscevico tra il 2004 e il 2008, e che ci auguriamo sia pubblicata quanto prima in uno speciale volume, come già è avvenuto per la biografia di Stalin. Non l'unica biografia di Lenin questa, ma l'unica biografia marxista-leninista di Lenin sì, un monumento rosso e maestoso che il PMLI ha eretto al grande Lenin e che ne fa risplendere con ancor più forza gli enormi meriti storici e i preziosissimi insegnamenti politici. La biografia di Lenin redatta dal PMLI è un'opera che ogni comunista, e quindi marxista-leninista, ma anche ogni sincero anticapitalista, antimperialista e fautore del socialismo, deve studiare e diffondere, affinché il nostro popolo conosca veramente Lenin, prenda esempio dalla vita e dall'opera di questo grande maestro del proletariato, e si unisca quanto prima al PMLI per fare l'Italia unita, rossa e socialista. In questa biografia emergono le grandissime capacità politiche, ideologiche e organizzative di Lenin, in una cronaca non banale e personalistica, ma che contestualizza e allo stesso tempo internazionalizza Lenin e il leninismo. Una vita, quella di Lenin, purtroppo non lunga, ma vissuta intensamente sugli spalti della lotta di classe, iniziata politicamente con partecipazione ai circoli universitari rivoluzionari a soli 17 anni, e che lo ha visto divenire il fondatore dell'organizzazione politica, il Partito Comunista Bolscevico, che ha distrutto lo zarismo e il suo impero, il grande dirigente proletario rivoluzionario artefice, sul piano teorico e pratico, della Grande Rivoluzione Socialista d'Ottobre, e che lo ha visto guidare il primo Paese socialista al mondo nei suoi primi anni di difficilissima esistenza. Durante la sua vita Lenin ha condotto battaglie su battaglie, a volte anche da posizioni di minoranza, attaccato e ingiuriato dai falsi comunisti, ma non si è mai perso d'animo, sapeva di essere nel giusto, sapeva che la pratica gli avrebbe dato ragione, e per questo ha marciato sempre e coerentemente nel solco tracciato da Marx ed Engels, capace di continuare e sviluppare il loro lavoro per la conquista del socialismo. Le prime grandi battaglie furono contro le tendenze economiciste e populiste che avevano una forte influenza nella socialdemocrazia russa. Queste negavano l'essenza stessa della lotta di classe, riconducevano il tutto a singole battaglie senza però mettere in discussione il sistema politico borghese e negando il ruolo e la funzione del proletariato e del suo Partito. "Ogni lotta di classe - disse allora Lenin - si trasforma necessariamente in lotta politica, e la socialdemocrazia deve legare indissolubilmente l'una e l'altra in una unica lotta di classe del proletariato". Poi contro la divisione del Partito Operaio Socialdemocratico russo in tanti circoli, slegati tra di loro e sostanzialmente autonomi, superata a partire dal II Congresso tenutosi nel 1903, dove i sostenitori di tale concezione del partito, di tipo anarchico, legata all'errore di voler concedere ad ogni scioperante il titolo di appartenente al Partito, si trovarono in minoranza e chiamati per questo menscevichi, e dove prevalsero i sostenitori del Partito di tipo leninista, che si chiamano da allora e ancora oggi bolscevichi. Riferendosi a Trotzki, sostenitore della suddetta concezione menscevica, Lenin disse: "Egli ha dimenticato che il partito dev'essere solo il reparto d'avanguardia, il dirigente dell'immensa massa della classe operaia, che lavora tutta (o quasi tutta) 'sotto il controllo e la direzione' delle organizzazioni del partito, ma che non entra tutta, e non deve entrare tutta, nel 'partito'". Una battaglia ideologica e politica enorme quella di Lenin, contro il frazionismo e l'individualismo, che minava continuamente l'unità del Partito e ne metteva in discussione persino l'esistenza. Trotzki non è stato ovviamente il solo nemico del leninismo, ma sicuramente è stato il nemico principale del leninismo e del Partito bolscevico, sia quando si trovava con i menscevichi o di volta in volta con gli altri gruppi di opportunisti, sia quando, pochi mesi prima dello scoppio della rivoluzione d'Ottobre, entrò nel Partito. Il trotzkismo è senza ombra di dubbio il simbolo del frazionismo piccolo borghese, che se tollerato, incancrenendosi, sfocia nell'anticomunismo divenendo un agente della borghesia nel partito e tra il proletariato. Lenin fece tutto il possibile per preservare l'unità del Partito evitando dannose scissioni, senza però concedere nulla ai frazionisti contro i quali anzi si scagliava con forza ad ogni occasione, già al Congresso del 1903 Lenin dichiarò: "Non mi spaventano affatto le terribili parole sullo 'stato d'assedio del partito', sulle 'leggi eccezionali contro singole persone e gruppi', ecc. Per gli elementi instabili e tentennanti non solo possiamo ma dobbiamo creare 'lo stato d'assedio', e tutto il nostro statuto del partito, tutto il nostro centralismo approvato dal Congresso, a partire da questo momento non è altro che uno 'stato d'assedio' per le cause così numerose di indeterminatezza politica". Queste poche parole rendono perfettamente l'idea della concezione leninista del Partito, concezione che oggi si ritrova solo nel PMLI. Dopo il fallimento della rivoluzione democratico borghese del 1905 emersero due tendenze, l'una completamente legalitaria e l'altra completamente clandestina, entrambe però erano di tipo liquidazionista, in quanto eliminando una di queste due tattiche di lotta, il Partito sarebbe stato in ogni caso battuto. Lenin indicò invece nell'unione del lavoro legale con quello illegale la strada da seguire per far sì che il Partito bolscevico potesse agire nella Russia della feroce repressione zarista e dell'ancora arretrata coscienza politica delle masse. Un'altra importante battaglia fu quella per l'affermazione nella socialdemocrazia russa del principio dell'autodecisione delle nazioni, per il loro diritto di separazione e di costituzione in stati indipendenti, opponendosi alla parola d'ordine dell'"autonomia nazionale culturale" o "autonomia nazionale" in quanto "assolutamente in contraddizione con l'internazionalismo della lotta di classe del proletariato" e perché "facilita il processo di avvicinamento del proletariato e delle masse lavoratrici alla sfera di influenza delle idee del nazionalismo borghese". Allo scoppio della carneficina della prima guerra mondiale, oggi esaltata da tutta la borghesia di destra e di "sinistra" e in primis dal rinnegato Napolitano, molti partiti aderenti alla II Internazionale si schierarono con le proprie borghesie nazionali in difesa della "patria" borghese anziché inasprire la lotta di classe nel loro momento di difficoltà. Lenin denunciò aspramente questi social-sciovinisti, cioè socialisti a parole e sciovinisti nei fatti, che decretarono il fallimento della II internazionale. Lenin fece anche chiarezza sul concetto di guerra difensiva, e su quando i marxisti considerano una tale guerra condivisibile, concetto assai utile oggi per smascherare la cosiddetta "guerra al terrorismo" dell'imperialismo mondiale. In sostanza, quando a scontrarsi sono due stati imperialisti in competizione per la conquista e la difesa di colonie, influenze e mercati, anche se vi partecipa il "proprio stato", in questo tipo di guerre il proletariato non può parteggiare per nessuno dei contendenti indipendentemente da chi abbia attaccato e da chi sia stato attaccato, diversamente quando a scontrarsi sono uno stato imperialista e uno stato o un popolo aggredito o sottomesso che lotta per la propria indipendenza, indipendentemente dalle forze che dirigono tale lotta di liberazione, occorre sostenerlo risolutamente. È questo il caso del popolo palestinese che in queste settimane ha subìto la furia genocida dei nazi-sionisti israeliani, che ha visto rase al suolo città e massacrate oltre 1.300 persone, e di cui sosteniamo la lotta di liberazione indipendentemente dalle forze che la conducono e che nulla hanno a che spartire con la nostra visione del mondo, per l'unica soluzione possibile: la liberazione della Palestina, lo scioglimento dello Stato sionista e la creazione di uno Stato per due popoli. "Soltanto in questo senso - disse Lenin - i socialisti hanno riconosciuto e riconoscono oggi la legittimità, il carattere progressivo e giusto della 'difesa della patria' e della 'guerra difensiva', senza dimenticare mai, nemmeno per un momento che la lotta di classe non si ferma in tempo di guerra". Lenin ebbe la meglio anche sulle posizioni tendenti ad appoggiare il governo provvisorio democratico borghese e sulle resistenze al lancio dell'insurrezione, in particolare con le celebri "Tesi di Aprile" con le quali chiarì in maniera inequivocabile che la questione della guerra o della pace era risolvibile soltanto attraverso la conquista del potere politico da parte del proletariato e dei suoi alleati, delineando le modalità del passaggio dalla rivoluzione borghese alla rivoluzione socialista. Dopo la vittoria della rivoluzione la questione della pace e dell'uscita dalla carneficina della guerra divenne sempre più urgente di fronte allo stato di povertà delle masse e al disfacimento dell'esercito, ma vi fu anche chi, come l'"immancabile" Trotzki, avrebbe voluto in condizioni proibitive, iniziare una cosiddetta "guerra rivoluzionaria contro l'imperialismo tedesco" che non avrebbe portato ad altro che alla sconfitta del potere sovietico. Nel denunciare chi, come in questo caso, sbraitava lanciando parole d'ordine ultrasinistre senza tenere minimamente conto della situazione oggettiva, Lenin disse: "La scabbia è un male doloroso. Quando poi le persone vengono assalite dalla scabbia della vuota frase rivoluzionaria, la sola vista di questa malattia causa sofferenze insopportabili". Da Lenin venne anche un impulso fondamentale allo sviluppo del movimento comunista internazionale grazie alla fondazione della Terza Internazionale, che organizzò e diresse tutti i partiti, le organizzazioni e le correnti comuniste che si formarono sull'esempio della Grande Rivoluzione d'Ottobre. Nell'impresa di edificare il socialismo per la prima volta al mondo nelle condizioni della Russia, era indispensabile creare una solida unione tra il proletariato e i contadini che erano la grande maggioranza della popolazione, senza questa solida unione, nessun potere sovietico sarebbe stato possibile. Per questo furono fatte delle concessioni ai contadini, dando il via alla Nuova politica economica, di cui però le redini rimasero ben salde in mano al proletariato e al partito. Anche in questo caso vi fu chi criticò la Nep, ma ancora una volta ebbe ragione Lenin. Le condizioni di queste due classi migliorarono, i contadini si strinsero agli operai e al potere sovietico e la dittatura del proletariato si consolidò. Lenin ha vinto tante battaglie, sconfitto molti nemici, resistito alla persecuzione zarista, agli arresti, al confino, alle privazioni e ai sacrifici della vita rivoluzionaria, ma nulla ha potuto contro il suo crudele male, aggravato dai postumi dell'attentato subìto nel 1918 e dal sovraffaticamento, che ne minò l'attività per lungo tempo, fino a quel triste 21 gennaio del 1924 quando Lenin si spense a Gorky. Sono ben 85 anni che Lenin manca alla storia, a quella storia a cui ha contribuito in maniera determinante a dare una fortissima sterzata in favore del proletariato e del socialismo, ma da 32 anni il leninismo vive grazie al PMLI che ne ha raccolto la spada, assieme a quella di Stalin, gettate dal traditore Krusciov col colpo di Stato al XX Congresso del Pcus nel 1956. Nel PMLI rivive il leninismo e rivivono anche le grandi battaglie di Lenin. Grandi battaglie che a noi sembrano oggi vette invalicabili se rapportate alle nostre ancora piccole forze, ma che possiamo affrontare con estrema fiducia e serenità, se guardiamo a ciò che è stato possibile fare in Urss e in Cina fino a quando furono in vita Stalin e Mao. In particolare dobbiamo batterci contro l'intossicazione parlamentarista, elettoralista, riformista e pacifista della classe operaia e delle masse, in conseguenza della predicazione di oltre 100 anni da parte dei falsi comunisti. Mentre l'influenza del parlamentarismo, pur essendo ancora abbastanza radicato, sta subendo dei colpi durissimi, basti vedere le recenti elezioni regionali in Abruzzo dove alle urne si è recato solo il 50%, il riformismo e il pacifismo incidono con più forza, e sono figli del revisionismo sparso a piene mani dai falsi comunisti e dalla "sinistra" borghese. Dobbiamo far fronte al forte indebolimento dell'attrazione del socialismo, causato dallo sfascio dei regimi revisionisti che si presentavano come socialisti. E ancora contro le organizzazioni e i partiti sedicenti comunisti che stanno proliferando, in particolare con le continue fuoriuscite dal partito trotzkista oggi guidato da Ferrero, e che cercano di intercettare i fautori del socialismo prima che questi possano venire a contatto col PMLI A livello generale dobbiamo batterci contro il mostro della terza repubblica capitalista, neofascista, presidenzialista, federalista e interventista guidata da Berlusconi e sorretta dal nazionalista Veltroni, e contro l'imperialismo italiano impegnato su molteplici fronti di guerra come e peggio che ai tempi di Mussolini. Ma la battaglia più grande e all'ordine del giorno è quella per far sì che il PMLI diventi un Gigante Rosso anche nel corpo oltre che nella mente. Al recente 5° Congresso nazionale del PMLI, nel suo Rapporto presentato a nome dell'Ufficio politico, il compagno Giovanni Scuderi ha delineato una strategia ben chiara per dare al PMLI un corpo da Gigante, e che si può riassumere in 11 punti: - impegnarsi affinché la testa del Partito si mantenga rossa; - colmare i vuoti e le insufficienze di linea; - applicare i 3 elementi chiave e le 4 indicazioni per radicare il Partito; - trasformare la propria concezione del mondo abbandonando quella borghese e assumendo quella proletaria; - studiare la linea del Partito e il marxismo-leninismo-pensiero di Mao; - costruire una base di massa salvaguardando il concetto di partito d'avanguardia; - difendere la linea politica e organizzativa del Partito, a partire dal centralismo democratico; - usare l'arma della critica e dell'autocritica; - avere una corretta e coerente militanza marxista-leninista; - indirizzare il proselitismo verso il proletariato e le masse studentesche; - applicare in ogni campo la parola d'ordine "Studiare, concentrarsi sulle priorità, radicarsi; radicarsi, concentrarsi sulle priorità, studiare". Se seguiremo queste preziose indicazioni riusciremo sicuramente a percorrere la strada necessaria per dare al PMLI un corpo da Gigante rosso! È una strada difficile, piena di buche e di ostacoli, ma non la percorriamo al buio, perché abbiamo il marxismo-leninismo-pensiero di Mao che ci illumina il cammino. È una strada in salita, ma noi sappiamo scalare anche le vette più alte. È una strada lunga, ma se noi marciamo risolutamente con forza e fiducia verso l'Italia unita, rossa e socialista potremo arrivare sino in fondo, questo però è secondario, l'importante è che ognuno faccia la sua parte e percorra il suo tratto di strada rossa col PMLI. Ispiriamoci a Lenin per fare del PMLI un Gigante Rosso anche nel corpo! Gloria eterna a Lenin! Viva il marxismo-leninismo-pensiero di Mao! Abbattiamo il governo del neoduce Berlusconi e la terza repubblica! Coi Maestri e col PMLI vinceremo! 28 gennaio 2009 |