Alzati per decreto i livelli di tollerabilità del benzo(a)pirene Il governo dà all'Ilva licenza di inquinare Intorno alla fabbrica di Taranto non c'è famiglia senza un morto o un malato di tumore Ci hanno ucciso la salute. Non è solo un modo di dire. Il governo della macelleria sociale e della devastazione dell'ambiente non si è contentato di rilanciare il pericolosissimo "nucleare" né di avvelenare con il suo mefistofelico "piano rifiuti" la Campania, il 13 agosto scorso varando un decreto legge ad hoc (155/2010) ha stabilito che fino alla fine del 2012 nelle città oltre i 150mila abitanti, il benzo(a)pirene, il più cancerogeno tra gli idrocarburi policiclici aromatici potrà superare la soglia europea di tollerabilità fissata da una legge del lontano 1994 e dal decreto legislativo 152/2007 ad un nanogrammo per metro cubo. Una norma pensata per dare mano libera ai grandi inquinatori, tanto è vero che il governo ha pensato bene non solo di prorogare il divieto di superamento del limite soglia al 2013, in pratica congelando per tre anni le norme a tutela della salute, ma anche, con un vero e proprio colpo di mano, e cancellando l'obbligo di individuazione della fonte di inquinamento e l'obbligo di intervento da parte degli enti locali. Il benzo(a)pirene ricordiamo è originato dalle combustioni delle industrie e delle auto, e oltre che cancerogeno è causa di malformazione congenite. L'esposizione in gravidanza a questo veleno aumenta il rischio di danni nello sviluppo cognitivo del neonato, il rischio di malattie respiratorie del bambino, e poiché il feto può essere fino a 10 volte più suscettibile al danno del DNA, l'esposizione prenatale, incrementa esponenzialmente il rischio mutageno e cancerogeno. Secondo alcuni studi respirare mediamente 1ng/m3 per un bambino equivale a inalare il fumo di 700-800 sigarette/anno. Si tratta quindi della ennesima decisione criminale del governo del neoduce Berlusconi, premeditatamente criminale visto che già nel lontano 1987 l'Oms stimava che lo sforamento di 1 nanogrammo a metro cubo può determinare un rischio di 9 nuovi casi di cancro ogni 100mila abitanti. Sostenendo che le previsioni contenute nel decreto "sono state specificamente condivise anche dalle autorità regionali e locali in sede di Conferenza Unificata" il Ministro dell'Ambiente Prestigiacomo ha provato maldestramente a tacitare lo scandalo difendendo il provvedimento con il solito collage di inesattezze e menzogne: afferma ad esempio che non esistono ancora "metodi di analisi scientificamente provati" per questo tipo di inquinamento quando invece sono ben validati e specificati nel dettaglio negli allegati al decreto legislativo 152/2007. Anzi sembra proprio di poter dire che i limiti vincolanti siano stati cancellati proprio perché nelle acciaierie di Taranto, e di Genova, sotto la pressione degli operai e delle masse popolari si stava rafforzando una rete di monitoraggio che consentiva per la prima volta controlli effettivi e che hanno portato ad un inchiesta che vede indagato il Magnate Riva e 4 alti dirigenti dell'Ilva di Taranto. Oltre all'incentivo all'uso dell'automobile come richiedono da sempre le grandi multinazionali del settore, Fiat in testa, l'Ilva di Taranto sembra essere proprio il caso sul quale sembra ritagliato il provvedimento. A Taranto infatti la grande acciaieria dell'Ilva coesiste con Eni, Cementir e l'Arsenale militare. Secondo i dati Arpa sui primi cinque mesi del 2010 nel quartiere operaio di Tamburi a ridosso della Cockeria i valori di benzo(a)pirene sono tre volte la soglia prevista per legge risultando in assoluto uno dei quartieri più inquinati del mondo, con valori molto al disopra di quelli registrati in megalopoli quali Chicago ed Hong Kong, Santiago, San Paolo del Brasile o Los Angeles. I numeri dell'inquinamento della città pugliese adagiata sul mar Ionio sono impressionanti ed emblematici dello sporco ricatto salute in cambio di lavoro, che specie nel Mezzogiorno si traduce in vita in cambio di lavoro. Se per le emissioni di diossine e pirani il tetto è 0,1 l'Ilva ne dichiara 97 (praticamente il 90% della diossina italiana proviene dagli impianti dell'Ilva), se la soglia del Pm10 (particolato) è 50 tonnellate annue, all'Ilva ne risultano 3.378, se per il monossido di carbonio il limite è 500 tonnellate/anno, all'Ilva si arriva a quota 247.544. Stesso discorso per il biossido di carbonio che dovrebbe rimanere al di sotto delle 100mila tonnellate/anno, e invece raggiunge la stratosferica cifra di 10.731.887 di tonnellate. Poi c'è il Pcb riscontrato nel latte materno e il mercurio scaricato impunemente nelle acque. Non stupisce allora se a Taranto, nonostante non esista, come nel "triangolo della morte" in provincia di Napoli, un registro tumori, sia stato stimato un aumento delle patologie tumorali del 600% negli ultimi 5 anni. Basti dire che per quanto riguarda nello specifico il benzo(a)pirene, secondo una perizia commissionata dalla Magistratura all'Asl nel 1999-2000, in otto ore di lavoro gli operai nelle postazioni a minore esposizione inalano l'equivalente di 350 sigarette, mentre si sale ad oltre 3mila nei punti più critici della cokeria! Occorre quindi battersi per abrogare subito questo decreto della vergogna e ripristinare immediatamente il divieto di superare la soglia di 1ng/m3 in vigore dal 1 gennaio 1999, comprese le relative sanzioni penali per lo sforamento. È quanto rivendicano anche l'Associazione culturale pediatri, la Società italiana di Pediatria e la Federazione Italiana Medici Pediatri: "Tale decreto mantiene ancora i cittadini italiani al rischio di esposizione a livelli elevati di questo pericolosissimo inquinante, svincolando le aziende inquinanti dall'obbligo di abbattere le emissioni in eccesso. In particolare mantiene in questa inaccettabile situazione di rischio i cittadini e i bambini di Taranto, città in cui l'acciaieria più grande d'Europa, immetterebbe secondo i calcoli dell'Arpa Puglia il 98% del benzo(a)pirene presente nel quartiere vicino". 17 novembre 2010 |