Il giustiziere razzista aveva freddato il minorenne disarmato Manifestazioni di protesta negli Usa contro l'assoluzione del killer di un giovane nero L'assoluzione, decretata il 13 luglio dalla giuria tutta composta da bianchi, di un pattugliatore volontario che il 26 febbraio 2012 aveva freddato a colpi di pistola su un marciapiedi di Sanford, nell'interno della Florida, un giovane nero di 17 anni ha scatenato una serie di proteste in tutti gli Stati Uniti. Decine di migliaia di persone sono immediatamente scese in piazza in tutto il paese, da New York a Los Angeles, da Chicago a Oakland e San Francisco, per denunciare il carattere razzista dell'omicidio e protestare perché non resti impunito. "In questo paese c'è giustizia solo per i bianchi", gridavano i manifestanti, a New York dove migliaia in corteo hanno sfilato da Union Square a Times Square. A Los Angeles le proteste sono partite dagli storici quartieri afroamericani di Inglewood e South Central, gli stessi da dove iniziò la rivolta per l'assassinio impunito di un nero da parte della polizia vent'anni fa. I manifestanti bloccavano il traffico nelle strade principali dei quartieri e fronteggiavano l'intervento della polizia che cercava di disperderli con cariche e l'uso di proiettili di gomma. Gli scontri proseguivano fino a tarda notte, numerosi gli arrestati. Evidente il carattere razzista dell'assassinio del giovane nero, ancorché negato dal killer, una guardia giurata "volontaria" impegnata in una ronda di sicurezza in un sobborgo della Florida. Il giovane stava tornando a casa ma secondo il killer il ragazzo nero si aggirava con "fare sospetto", mascherato col cappuccio della felpa e chiamava la polizia per segnalarlo. L'agente che gli rispondeva al telefono gli diceva esplicitamente di lasciar perdere e che avrebbe inviato una volante. Una risposta che non soddisfa il killer che bofonchia qualcosa contro "questi che la fanno sempre franca" e attaccato il telefono si mette a seguire il giovane e lo blocca. Ne nasce una colluttazione e, come affermerà in tribunale, il killer si sente in pericolo, nonostante il giovane fosse disarmato, spara e lo uccide. La polizia però non lo arresta applicando una legge della Florida varata dall'allora governatore dello Stato Jeb Bush, fratello dell'ex presidente George, nel 2005 che permette a chiunque di portare un'arma e di usarla in caso di "ragionevole sospetto". Le autorità di Sanford considerano sufficienti le dichiarazioni del killer, e unico testimone, per chiudere le indagini e lasciare l'assassino in libertà. Una decisione che è contestata da associazioni antirazziste e progressiste le cui proteste costringeranno le autorità di Sanford a dimettere il capo della polizia e il procuratore capo. Solo il 12 aprile 2012 il killer sarà arrestato ma il suo capo di imputazione non era l'omicidio bensì solo la verifica che avesse agito per autodifesa in base alla famigerata legge di Bush. Il fatto che avesse chiaramente innescato l'episodio affrontando il ragazzo disarmato e il lecito sospetto di pregiudizio razziale non contavano al processo, e l'analisi dei fatti relativi agli ultimi istanti della colluttazione, così come raccontati dall'unico sopravvissuto, ha portato la giuria a stabilire che il killer avrebbe potuto "sentirsi minacciato a sufficienza" per fare fuoco. Assolto perciò da tutte le accuse. Una sentenza scandalosa, in applicazione di una legge vergognosa che concede la licenza di uccidere e che è rivolta in particolare contro i neri e le minoranze etniche. A sentenza emessa si è fatto sentire anche il primo presidente di sangue anche africano nella storia degli Stati Uniti, Obama, che fino ad allora aveva taciuto. Il 20 luglio, quando in varie parti del paese erano ancora vive le proteste per la sentenza, si presentava davanti ai giornalisti al posto del suo portavoce e affermava che negli Stati Uniti "le disparità razziali esistono ancora", anche su come vengono applicate le leggi. Bella scoperta! "Nel nostro paese funziona così ma non vuol dire che non si possa cambiare", certo ma se non ha ancora mosso un dito dopo un intero mandato presidenziale, il suo slogan "sì, si può" si conferma una beffa. 24 luglio 2013 |